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La grande madre delle druidesse di marion Bradley Zimmer

di Piero Trevisan - 03/01/2009

Fonte: politeismo





La scrittrice americana Marion Bradley Zimmer, nota autrice di fantascienza e fantasy, ha scritto un voluminoso romanzo, Le nebbie di Avalon, edito dalla Longanesi, sul ciclo bretone delle leggende di Re Artù e della Tavola Rotonda, tema prediletto da molti moderni autori di fantasy, e che ha come protagonista la Fata Morgana.
Molto si è discusso su cosa si celasse dietro le leggende del regno di Artù, e che sono una delle principali tracce che possediamo delle credenze e delle vicende della misteriosa (e in gran parte perduta) civiltà celtica antica e medioevale.
Le ricerche storiche ci dicono che Artù fu un re britannico che visse, presumibilmente, fra la seconda metà del V secolo d.C e la prima metà del VI. A quel tempo, la Britannia, che era stata una provincia romana per quattro secoli, a parte la Scozia, era stata abbandonata dai Romani che non potevano più difenderla. I Britanni perciò si erano dovuti difendere da soli dall'invasione di alcuni dei popoli germanici che irrompevano ormai ovunque nell'Impero: gli Juti dalla Danimarca e gli Angli e i Sassoni dalla Germania del Nord.
I Britanni erano stati solo parzialmente romanizzati, e conservavano ancora, soprattutto nelle campagne e sulle montagne, buona parte dell'antica tradizione celtica, anche se la potente organizzazione dei Druidi era stata sconfitta da tempo dai Romani e in seguito non aveva più potuto risorgere, a causa del diffondersi del Cristianesimo.
Artù, dux bellorum dei Britanni, salito al potere forse nel 516, organizzò la difesa dei Britanni contro gli invasori e riuscì a respingerli temporaneamente nel corso di dodici leggendarie battaglie. Quando Artù morì, forse nel 547, i Britanni dovettero di nuovo ritirarsi di fronte all'avanzata degli invasori, rifugiandosi nelle parti più ad ovest e a nord della Britannia, dove ancora oggi si parlano lingue celtiche.
Ma questo periodo storico, barbarico e tumultuoso, ci rimane oscuro, causa la mancanza di documenti scritti, e quindi, con i pochi dati certi e le numerose leggende, la fantasia è libera di ricostruire come meglio crede le vicende dell'epoca.
La Zimmer quindi ha immaginato che il mago Merlino fosse in realtà l'ultimo capo dei Druidi britannici prima della finale vittoria del Cristianesimo, e che Morgana, regina dell'isola mitica di Avalon e sorella di Artù, fosse in realtà una Druidessa.
La leggenda dice che Morgana era il capo di un collegio di nove Fate che governavano l'isola di Avalon. Il dato interessante è che gli autori classici dicono che nell'isola bretone di Sena (odierna Sene), sull'Oceano Atlantico ad ovest della costa della Bretagna, ai tempi dei Galli vivevano nove Druidesse che si dicevano dotate di poteri magici, e che noi oggi diremmo paranormali. L'isola di Sena, secondo le credenze galliche, era poi l'approdo delle barche che conducevano le anime dei morti nelle terre al di là del mare d'occidente, dove si trovava il paradiso celtico, da dove si diceva che fossero venuti i più lontani antenati delle popolazioni galliche e britanniche. Questa patria paradisiaca, chiamata Tirnanog (Terra della Gioventù) nelle leggende irlandesi e Avalon in quelle bretoni e gallesi, è stata spesso identificata con Atlantide.
Quindi, presumibilmente, Morgana sarebbe stata la "badessa" di questo monastero di druidesse a Sena, identificata poi con la stessa Avalon. Il suo nome, che significherebbe "Regina Nera" (Mor-rigan), potrebbe essere più un titolo onorifico dato a tutte le sacerdotesse a capo del monastero, che il nome di un personaggio unico. Il nome deriverebbe da uno degli appellativi della Grande Madre britannica, nella sua forma di Dea ctonia, legata alla terra e all'oltretomba.
Comunque, la leggenda dice che Morgana da giovane si recò a vivere in un monastero, dove apprese l'uso delle arti magiche. Ora, è ovvio che questo "monastero" non poteva essere cristiano, ma druidico, e così la Zimmer ha immaginato che questa comunità di Druidesse si trovasse dalle parti di Glastonbury, nell'Inghilterra sud-occidentale, dove si dice furono trovate, nel XII secolo, le tombe di Artù e Ginevra, nelle fondamenta di un antico monastero cristiano. Sulle tombe era inciso che erano stati "sepolti nell'isola di Avalon".
Ora, siccome Glastonbury non è affatto un'isola, la Zimmer ha immaginato che ai tempi di Artù vi si trovasse un grande lago, il "Mare d'Estate", poi prosciugato, dove appunto sorgeva l'isola di Avalon, operando un indebito spostamento dall'Atlantico alla Britannia.
In quest'isola, le Druidesse vivono in una sorta di "dimensione alternativa", poiché il loro monastero è invisibile agli abitanti del mondo, grazie ad un incantesimo dei Druidi, e solo chi è dotato di particolari doti di veggenza, "la Vista", come viene chiamata dai Druidi, può trovare la strada che conduce al loro tempio incantato, avvolto dalle nebbie perenni. Le Druidesse coltivano le arti magiche, o meglio le doti paranormali eredità di tradizioni antichissime. Al di là dell'isola di Avalon, nelle nebbie ultradimensionali, si trova anche la Terra degli Elfi, creature non-umane dotate di poteri ancora superiori a quelli dei Druidi, devoti solo al culto della Grande Madre. Quando Morgana giunge ad Avalon, essa è governata da Viviana, la mitica Dama del Lago, e qui vi è un'altra indebita mescolanza con il mito di Avalon. Viviana è una del Piccolo Popolo, il popolo elfico delle leggende celtiche che vive nelle grotte delle montagne e nelle foreste. La Zimmer riprende la teoria secondo cui le leggende sulle fate deriverebbero da antiche popolazioni pigmoidi che avrebbero abitato l'Europa preistorica prima della venuta dei popoli indoeuropei, e che sarebbero all'origine dei culti della Grande Madre, del suo paredro, il Grande Dio Cornuto, e dei relativi riti della stregoneria della "Vecchia Religione", come veniva chiamata qui in Italia. Gli ultimi rappresentanti di questa razza pigmoide sarebbero vissuti appunto nelle Isole Britanniche, nelle grotte delle montagne e nelle foreste.
É una teoria superata e priva di fondamento, poiché non è stata trovata nessuna prova archeologica di queste ipotetiche popolazioni.
Viviana istruisce Morgana sui misteri della Grande Madre, rivelandole come il culto della Dea sia precedente persino ai Druidi e appartenga al più remoto passato, quando le culture preistoriche britanniche erano fondate ancora sul matriarcato. Il monastero delle Druidesse è appunto l'ultimo baluardo della cultura matriarcale e agricola che, secondo le più diffuse teorie archeologiche, avrebbe dominato l'Europa ed il Mediterraneo fino all'arrivo degli indoeuropei, patriarcali e guerrieri.
Tutto il romanzo è imperniato sullo strenuo tentativo di Viviana prima e di Morgana poi, di preservare la libertà del Paganesimo matriarcale e druidico dall'assalto del Cristianesimo patriarcale durante il regno di Artù. Secondo l'interpretazione della Zimmer, Morgana si sarebbe rivoltata contro il fratello perché questi, inizialmente propenso a conservare la libertà religiosa, finché si trovava sotto l'influenza del suo mentore Merlino, avrebbe poi ceduto alle pretese del clero cristiano e avrebbe cominciato a osteggiare i culti pagani nel suo regno.
Storicamente parlando, si suppone che Artù fosse stato cristiano, ma si suppone che la sua fede non sia andata oltre un ossequio formale al clero. Il tentativo di Morgana è ovviamente destinato a fallire, e la vicenda si conclude come nella leggenda: Mordred, il figlio nato dall'incesto inconsapevole fra Morgana e Artù (forse simbolo di un tempo dove nelle famiglie reali ci si sposava fra fratelli, come nell'antico Egitto), uccide il padre e ne viene a sua volta ucciso.
Artù viene sepolto da Morgana nell'isola di Avalon, fiduciosa nel suo ritorno in un'epoca futura.
I Druidi, come i Bramini indiani, con cui sono probabilmente imparentati, predicavano la reincarnazione. Le Isole dei Beati ad Occidente non erano una sede definitiva, poiché da essi si poteva tornare nelle terre mortali, e Artù, che secondo la leggenda originale, sarebbe stato portato ancora vivo ad Avalon, sarebbe tornato ancora in Britannia alla testa dei suoi, per governare ancora e inaugurare una nuova era di pace, forse eterna.
Si confrontino a questo proposito le leggende ladine sul futuro "Tempo Promesso", quando gli eroi epici delle Dolomiti torneranno ancora a rivivere, per regnare in un mondo riappacificato.
Alla fine del romanzo della Zimmer, l'isola di Avalon scompare nelle nebbie, mentre gli antichi Dei scompaiono anche essi dal mondo, ma Morgana, ormai reclusa nel suo regno incantato, si reca un'ultima volta a Glastonbury, nel monastero cristiano, e contempla l'immagine di Maria, consolandosi al pensiero che almeno l'immagine della Grande Madre rimarrà nel mondo degli uomini. La Zimmer ha avuto il merito di mettere in luce i significati reconditi e arcaici del mito arturiano, il suo celare significati tipici della religione celtica sotto la superficie cristianizzata.
Le immagini tradizionali di Artù e del suo regno li hanno sempre posti in uno scenario medioevale, mentre invece la loro vera origine e sede è alla fine del mondo antico, quando il Medioevo era appena iniziato e la sua civiltà non si era ancora veramente formata. La Zimmer ha compreso questo e ha dato al mito un'atmosfera diversa, più vicina a quella che si suppone essere stata quella reale, pur essendo intrisa comunque d'incantesimi ed esseri mitici come gli Elfi.
Peccato che il romanzo, anziché cercare di descrivere meglio questo mondo tardo-pagano, si dilunghi con la vita sentimentale di Morgana e degli altri personaggi, in un complesso gioco di triangoli e quadrati amorosi, sia eterosessuali che omosessuali, che rendono gran parte della vicenda una specie di sceneggiato televisivo tipo soap-opera d'infima categoria, facendo perdere gran parte dell'atmosfera magica originale, tipica della mitologia celtica, completamente rovinata da una certa morbosità più adatta a borghesi moderni colpevolizzati e confusi, che a veri personaggi dell'antichità, la cui sensualità non era ancora subissata da nevrosi e conflitti inutili.
Sembra un romanzo storico ed epico nelle intenzioni, ma in realtà la Zimmer è solo una dei tanti autori moderni che si sforzano di essere antichi, senza riuscire a conquistarne l'anima. Né per stile, né per originalità può essere paragonata alla Tanith Lee, la quale ha una più profonda comprensione del mito e una più geniale capacità di reinterpretazione, che si guarda bene dal mescolare con problematiche "moderne" che con esso non c'entrano nulla. Interessante è invece il tentativo della Zimmer di restituire il mito del Santo Graal alla sua origine pagana: esso infatti pare sia stato il corrispondente celtico della cornucopia greca, il simbolo della fecondità della terra e quindi del potere generativo della Grande Dea Madre, e solo in seguito, secondo un processo che hanno seguito molte altre leggende, è stato "cristianizzato" e considerato la coppa dell'Ultima Cena e in cui è stato raccolto il sangue di Cristo, facendolo diventare simbolo del rito della comunione cristiana. Ma tutto il romanzo mostra uno scopo integralmente femminista, ancor prima di quello di rivalutare l'antico Paganesimo, anche perché non parla quasi mai del Dio Cornuto che dovrebbe accompagnare la Grande Madre, il paredro concepito come Capro, Toro o Cervo, che muore e risorge, e che è anch'egli patrimonio della tradizione della religione stregonesca delle culture agricole europee e mediterranee.
Le nebbie di Avalon è, in certo modo, il contraltare ideologico de Il libro di Ptath di Van Vogt. Lì era il patriarcato monoteista che cercava di sconfiggere il matriarcato pagano arcaico, qui è il matriarcato che cerca la sua rivincita contro il patriarcato autoritario e sessuofobo.
Quello della Zimmer è perciò un paganesimo unilaterale, e rischia di sembrare più un monoteismo matriarcale, una sorta di pura e semplice ribellione contro il Cristianesimo, che una positiva riaffermazione pagana.
Forse in origine la religione che prevaleva nell'Europa paleolitica, decine di migliaia di anni fa, riconosceva solo la Grande Madre, come dimostrerebbero le produzioni artistiche di quelle epoche remote. Ma, da quel che si è potuto capire, i nostri antenati Cro-Magnon non consideravano il ruolo di un Dio Padre solo perché erano ignari della necessità del maschio nella riproduzione.
Sembra strano, ma è così. Dove i rapporti sono liberi e promiscui, e cominciano ancor prima della maturità sessuale, è facile che il primitivo non si renda conto che la gestazione sia una conseguenza del'atto sessuale, e perciò crede che i bambini nascano per partenogenesi. Solo quando c'è stata la scoperta della vera funzione del sesso, è cominciato a comparire il Dio paredro, dapprima in ruolo subalterno, poi alla pari con la Sposa, talvolta concepita anche come sua Madre, da cui sarebbe nato per partenogenesi.
La Zimmer ignora questo e sembra quasi considerare il semplice e puro culto della Grande Madre come il monoteismo "originario", "puro" e "incorrotto", prima di trasformarsi nel politeismo delle società civili. Affermazione a dir poco discutibile.
Comunque, sempre meglio quest'opera senz'altro manchevole, piuttosto che le innumerevoli rappresentazioni del Medioevo visto unicamente dal lato della cultura cristiana, quando si sa benissimo che quel periodo storico, perlomeno nei primi secoli, vide ancora il persistere di molte comunità pagane in Europa.