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Madoff è soltanto il primo?

di Francesco Piccioni - 09/01/2009

 
 
Si dice che la trasparenza delle informazioni sia una condizione sine qua non per avere «mercati» efficienti, dove ogni investitore possa comportarsi come previsto dai manuali di economia: ovvero come «soggetto razionale». Specie se, come quasi tutti gli analisti spiegano, alla base di questa mostruosa crisi ci sarebbe «soprattutto» un deficit di trasparenza, di regole e di controllori.
Bene, la gestione della più grande crisi che il capitalismo abbia mai conosciuto - per questione, se non altro di dimensioni - avviene in modo pressoché segreto, nonostante l'immensa mole di notizie sfornate giorno dopo giorno da tutti i media. Manca infatti sempre l'informazione fondamentale: cosa stanno facendo davvero le «autorità monetarie» del mondo? Innanzitutto: cosa stanno facendo il Tesoro Usa e la Federal Reserve? Intendiamo: liste di movimenti, non dichiarazioni autocertificate.

Prendiamo un caso particolare, in modo da poter vedere in dettaglio dov'è che l'informazione - improvvisamente - svanisce. Il «caso Madoff» (l'ex presidente del Nasdaq, ideatore di una truffa da 50 miliardi di dollari realizzata con l'antico sistema della «catena di S. Antonio», chiamata negli States «schema Ponzi») occupa da giorni le prime pagine anglosassoni e non solo. Ha fatto scalpore per le dimensioni dell'ammanco, la fama di molti suoi clienti (da Steven Spielberg a Kevin Bacon, dalla fondazione Elie Wiesel alla Yeshiva University), il dolore seminato nella comunità ebraica newyorkese (di cui era un esponente di punta). La Sec - autorità di controllo della borsa Usa - gli aveva imposto di consegnare entro il 31 dicembre la lista completa dei suoi beni, in patria e all'estero, in modo da poter far fronte alle richieste di risarcimento dei sottoscrittori dei suoi fondi. Madoff, tramite i suoi legali, ha obbedito all'ingiunzione, ma la Sec ha deciso di non render nota la lista neppure agli avvocati delle «parti lese». Motivazione ufficiale: è possibile che gran parte di quei soldi sia depositato in banche offshore (leggi: paradisi fiscali), che potrebbero facilmente predisporre, se preavvertite, una linea di resistenza alle richieste di restituzione da parte Usa.

Molte istituzioni finanziarie «normali» hanno ammesso di avere investito in fondi Madoff, e se ne conoscono a grandi linee le perdite. E' il caso degli spagnoli del Santander e della Bbva. Come anche della banca Medici, austriaca ma partecipata al 25% da Unicredit. Ieri il governo austriaco ha di fatto commissariato l'istituto, esposto per circa tre miliardi, imponendo un proprio supervisore. L'amministratore delegato, Peter Scheithauer, e un membro del cda si sono dimessi. Neppure il supervisore potrà però sapere - almeno ufficialmente - da chi potrà, forse, recuperare parte dei soldi perduti.

Ma questa «segretezza» è diventata una prerogativa soprattutto della Fed. il ministro del tesoro, Hank Paulson, aveva preparato un piano di salvataggio del sistema finanziario Usa dotato di 700 miliardi di dollari. I primi 150 sono stati dati a varie banche senza nessuna contropartita in termini di controllo del loro utilizzo. I priblemi politici con il Congresso, oltretutto, hanno reso impossibile approvare il salvataggio dei tre grandi grandi costruttori di automobili (Ford, Gm e Chrysler), che pure chiedevano appena 14 miliardi.
Il ruolo di «dispensiere» è così passato alla Fed, più libera di agire ma teoricamente sottoposta al dovere di fornire informazioni a chi. istituzionalmente, ha il diritto di chiederne. La Fed, per esempio, in soli tre mesi ha erogato «prestiti di emergenza» per quasi 2.000 miliardi di dollari, senza più attuare nessuna delle misure di «sterilizzazione» dell'inflazione praticate fin lì. In cambio ha accettato come garanzie altrettanti «titoli spazzatura» che non hanno più un prezzo di mercato. Ma si è rifiutata di render nota la lista di questi «beni», in gran parte ancora in dotazione alle stesse banche.

Come ha potuto la Fed reperire la fantastica cifra di 2.000 miliardi? Nel modo più banale: stampando dollari. La base monetaria (riserva complessiva più contante in circolazione) è aumentata tra settembre e dicembre del 76%. Ad ottobre - nel pieno del crack di Lehmann Brothers, quarta banca d'affari mondiale, miseramente fallita - era cresciuta del 38% su base annua. Per capire la gravità del dato: il precedente record di crescita era il 28% e risale al 1939, quando l'America pompava il settore industriale in relazione alla guerra in Europa. Un simile squilibrio - come sempre avvenuto nella storia - comporterà prima o poi un'inflazione mostruosa. Fin quando le banche restano paralizzate si avrà invece il fenomeno opposto (la deflazione). E' uno dei prezzi da pagare al «segreto» ferreo che, loro e la Fed, mantengono sull'identità degli «asset» cartacei posseduti (Cdo e altri prodotti da cartolarizzazioni). Alla prima «lista nera» che salterà fuori, ne vedremo delle belle. Madoff è stato soltanto il primo.