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Tensioni etniche a Kirkuk

di Di Samah Samad* - 21/02/2006

Fonte: peacereporter.net

 

Nella città convivono curdi, turcomanni, arabi, assiri, caldei e armeni: una situazione esplosiva
Marwa As’ad, una turcomanna che risiede a Kirkuk, ha il cuore a pezzi. Aveva progettato di sposare un curdo del posto ma la sua famiglia ha rotto il fidanzamento dopo che a suo fratello è stata rubata l'auto da un curdo. Marwa è convinta che le crescenti tensioni tra i diversi gruppi religiosi e etnici a Kirkuk abbiano contribuito alla sua separazione. Come molti altri intervistati in questa città diversa per etnia e religione, As'ad afferma che da quando il regime di Saddam Hussein è stato rovesciato nell'aprile 2003, l'atmosfera si è deteriorata. La provincia di Kirkuk - in cui vivono circa un milione tra curdi, turcomanni, arabi, assiri, caldi e armeni - è spesso definita piccolo Iraq o crogiuolo iracheno, ma alcuni credono che l'area, in particolare la città di Kirkuk, sia una polveriera in procinto di esplodere.
 
La situazione è peggiorata da quando l'Iraq non è più una dittatura mono-partitica sotto il regime ba'athista di Saddam, mantenendo i leader locali e i residenti. I partiti politici di Kirkuk, la maggior parte dei quali rappresentano gruppi religiosi ed etnici, si contendono il controllo della città e le zone limitrofe. Non esistono statistiche affidabili sulla composizione etnica e religiosa della provincia, ma si ritiene che i Curdi siano il gruppo etnico più numeroso. Di fatto, le liste curde hanno vinto cinque dei nove seggi parlamentari di Kirkuk nelle elezioni dello scorso dicembre, e detengono la maggioranza dei seggi nel consiglio provinciale. Saddam aveva provato a ridurre la maggioranza curda nell'area, trasferendo un numero significativo di curdi fuori da Kirkuk e rimpiazzandoli prevalentemente con arabi poveri del sud. Ma ora i Curdi stanno lottando per riportare la città di Kirkuk sotto il loro controllo politico. Questo spostamento non gode però dell'approvazione delle altre comunità che di fatto controllano certe aree limitrofe, connotate provocatoriamente da stendardi e bandiere di opposto colore politico. "Spesso, -racconta Omar Muhammad, un arabo residente di 29 anni - si vedono slogan provocatori come ‘Lunga vita ai Turcomanni’, ‘Lunga vita a Mam Jalal’ (riferendosi al presidente iracheno nonché leader curdo Jalal Talabani); oppure ‘Kirkuk è parte del Kurdistan’”. Muhammad sostiene che la questione si è inasprita sempre più durante le elezioni parlamentari, e che i partiti politici hanno alimentato la faziosità della gente.
 
 Il 29 gennaio, diverse auto-bombe sono esplose nei pressi di chiese a Kirkuk, uccidendo una persona.
Secondo Silvana Buya Nassir, un’assiro-caldea, i cristiani erano preoccupati per la loro sicurezza, ancor prima degli attentati. "Celebravamo cerimonie serali in onore di Cristo, ma a causa del deteriorarsi delle condizioni di sicurezza e della violenza contro il nostro gruppo, ora dobbiamo riunirci di giorno". "La tensione – continua la giovane - ha costretto molte famiglie ad emigrare e cercare asilo politico in Europa per sfuggire a questa terribile situazione." Ali Mahdi, vice presidente del Partito Turcomanno del Giglio, ha accusato i partiti curdi di fomentare le divisioni lavorando solo per i propri interessi per riportare la città sotto il controllo curdo. "Stanno percorrendo la stessa strada del regime Ba'athista per creare odio e disparità tra la popolazione di Kirkuk, mirano a rovinare le relazioni quotidiane tra la gente. Hanno piantato il seme della segregazione a Kirkuk." Ma anche gli stessi curdi sono vittime della crescente tensione. Waleed Ali, 30 anni, curdo di Hawija nella provincia meridionale di Kirkuk, si è trasferito alla periferia di Kirkuk dopo che molti curdi erano stati uccisi da miliziani arabi, anche se i capitribù arabi sostenevano di non avere alcuna connessione con gli assassini. "Ho vissuto a Hawija per 30 anni, ma dopo il crollo del regime l’atteggiamento dei locali nei nostri confronti è cambiato. Accusano i curdi di aver aiutato gli americani a rovesciare Saddam” racconta Ali. Proprio come i curdi vengono accusati di aiutare gli americani, ora a Kirkuk qualcuno paragona gli arabi ai Ba'athisti. "Ci ritengono responsabili per ciò che ha compiuto Saddam, come se tutti gli Arabi avessero preso parte a quelle azioni," afferma Sami al-Ne'mi, un arabo di 32 anni. I leader curdi della zona si dichiarano estranei alle tensioni. "Non facciamo differenze tra gruppi etnici," ha affermato Nasreen Khalid, membro curdo del consiglio provvisorio. "Noi lavoriamo per gli interessi di tutta la popolazione di Kirkuk."

Militari Usa a KirkukKhalid è convinta che i legami tra gruppi sono molto più forti ora che in passato. "Contrariamente a quanto dichiarato da alcune fazioni e dalle Tv satellitari a proposito di un’imminente guerra civile a Kirkuk, qui la coesistenza è radicata". Ma gli osservatori locali non sono così ottimisti. "Non c'è una convivenza pacifica tra i gruppi etnici come dichiarano politici e media - afferma il sociologo Muhammed al-Jabar - Non appena governi diversi hanno assunto il potere (dopo il regime di Saddam) e sono state avviate politiche diverse, è subentrata la sfiducia tra i gruppi e sono iniziate le tensioni." "Le azioni dei partiti politici e i settarismi si sono infiltrati ovunque - dice As'ad -. Colpiscono anche i legami familiari, come quello che è successo a me. Abbiamo atteso per così tanti anni che democrazia e libertà diventassero una realtà da noi, e questo è il prezzo che ora dobbiamo pagare."  
 
*Traduzione di Rita Balestra