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S.I.C.

di Sandro Lagomarsini - 24/01/2009

Fonte: L'ecologist



Nel bel libro di Roberta Cervasco, “Memoria verde” (Edizioni
Diabasis) emergono due tesi, sostenute con abbondanza di prove.
La prima è che il territorio agro-silvo-pastorale, che costituisce la
parte più consistente di quello che viene chiamato “paesaggio”, è
il frutto di attività umane che si possono definire come “pratiche
di attivazione delle risorse”. La “naturalità” non esiste da alcuni
millenni, da quando l’uomo con le sue attività è entrato in dialogo
con il terreno e la vegetazione, attivando, organizzando e regolando
le ricchezze del territorio. Anche la vegetazione, quindi,
è un prodotto storico, anzi un “manufatto”. La seconda tesi è
che alcune specie rare (non solo vegetali), sono legate alla attuale
attività umana o sono gli “indicatori” di attività svolte a lungo in
passato. La presenza dell’”Antennaria dioica” (il “piede di gatto”),
ad esempio, indica che in quel terreno l’attività di pascolo
si è svolta per centinaia di anni. Così la presenza dell’asfodelo
nelle sue varie specie e il narciso (“Narcissus poeticus”), mentre
la “Gentiana kochiana” sparisce rapidamente se si abbandona
l’attività di sfalcio. La Cevasco fa discendere dal suo discorso,
qui appena accennato, una conclusione politica: non esiste possibilità
di conservazione, degli ambienti montani in particolare,
senza una “restituzione di autorità (autorazione) alle forme storiche
locali e collettive di gestione”. Ho fatto questi accenni a
un’opera che riassume molti anni di lavoro in collaborazione con
le migliori ricerche europee (da Tolosa a Nottingham, da Londra
a Bergen) per far notare come la politica dell’Europa, recepita
dal Governo Italiano e dalla quasi totalità delle Regioni italiane,
nel caso dei Siti di Interesse Comunitario vada in direzione totalmente
contraria a quelle che ormai si dovrebbero considerare
acquisizioni scientifiche. Nel 2004 mettevo in guardia contro i
pericoli derivanti dalla imposizione dei S.I.C., i Siti di interesse
comunitario, appunto. Oggi vi posso portare qualche esempio dei
primi risultati velenosi. In teoria, le attività agricole tradizionali
nei S.I.C. possono continuare, ma poiché la regione Liguria non
ha ancora preparato il relativo regolamento, non si sa quali sono
le attività agricole tradizionali.
Così, il contadino della Val di Vara che ha tagliato due ontani
come frontaliero sul torrente Borsa, ha avuto 600 euro di multa.
Ha capito dopo il motivo della multa: avrebbe attentato all’esistenza
del granchio di fiume (“Potamon Fluviatile”), sparito da
cinquant’anni e probabilmente reimmesso in un progetto sperimentale.
Per difendere la sua buona fede e la innocuità del suo
gesto, il contadino ha pagato altri 1000 euro. Le cifre sono altrove
più consistenti: 4000 euro di multa a un contadino che ha tagliato
due alberi secchi e pericolanti, dei quali uno ha ospitato in passato
un nido di picchio.
Qualcuno può dire che sarebbe sufficiente una migliore informazione.
Non è così. Quando per tagliare legna da ardere nel
proprio bosco occorre una perizia, questa è una misura vessatoria
che punta alla desertificazione del territorio, che gli ignoranti più
pervicaci salutano come “rinaturalizzazione”. E non serve che le
comunità montane si assumano la spesa di 500 euro a perizia, perché
questa misura trasforma il danno al singolo in danno alla comunità.
Ho sottomano una valutazione di incidenza di 53 pagine,
necessaria per accorpare alcuni campi per la fienagione, con una
minima alterazione della pendenza (che sarebbe la prima cosa da
valutare ma che non è neppure nominata nei criteri di valutazione,
generici e fumosi). Non so quanto il tecnico si sia fatto pagare,
ma so che un artigiano che ha bisogno di fare una modifica alla
sua azienda paga per una “Valutazione di incidenza” dai 3000 ai
4000 euro. So pure che si stanno raccogliendo firme (sono già
700 mila in tutta Italia) per rendere più ragionevole l’applicazione
dei S.I.C. A me sembra che si debba percorrere una strada
più radicale: moratoria subito (come per la pena di morte) e poi
abolizione totale, trattandosi di un progetto basato su premesse
inconsistenti e false. Se delle regole si devono adottare, siano le
popolazioni locali a elaborarle, adottarle e, con gli strumenti che
già ci sono, farle rispettare.