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Quando il debito corre verso nuovi record

di Enrico Guado - 30/01/2009






alverde

Le ultime stime rilasciate dagli organismi internazionali fanno tremare i polsi: 50 milioni di disoccupati in più nel mondo e 2.200 miliardi di dollari di titoli tossici in circolazione. Le borse continuano a stare sull’altalena.
E in molti paesi si sta studiando la possibile costituzione a spese dei governi di una “bad bank”, un contenitore dove seppellire i titoli tossici sui quali hanno fatto affari d’oro gli eroi del liberismo spinto.





Di fronte a queste informazioni, molti si chiedono se la crisi potrà raggiungere altri record negativi, con effetti pesanti, o se i piani di salvataggio da parte degli Stati riusciranno a frenare la drammatica caduta dell’economia.

La realtà è che nessuno è in grado oggi di prevederlo con certezza. Al momento una sola cosa è sicura: il 2009 sarà l’anno dei record per il debito pubblico, perché in tutti i paesi del mondo i governi sono alle prese con costosi programmi di intervento con la spesa pubblica per il salvataggio delle banche, la garanzia delle imprese e il sostegno dei consumi.
pigdrainSono piani che verranno finanziati con emissioni di titoli pubblici, le quali si andranno a sommare alle emissioni già previste per rinnovare le obbligazioni in scadenza.   

Le somme in gioco sono impressionanti.
Solo quest’anno, gli Stati Uniti avranno bisogno di oltre 2 trilioni di dollari (14 percento del PIL) di prestiti.
Il Tesoro inglese dovrà collocare quasi 150 miliardi di sterline (10 percento del PIL) e gli altri paesi europei avranno bisogno di più di un trilione di euro.
A questi occorre aggiungere quasi due trilioni di dollari di obbligazioni bancarie da emettere sotto l’egida dei nuovi programmi di garanzia sviluppati dai governi di quasi tutte le maggiori economie.

Le emissioni sono appena cominciate. I mercati, almeno per ora, le stanno assorbendo abbastanza bene, perché i titoli di Stato si stanno rivelando un bene rifugio di fronte alla tempesta dei mercati azionari.

Ma si sta facendo strada anche un altro fenomeno, e cioè l’attenzione degli investitori alla salute dei conti pubblici dei vari Stati debitori: potendo scegliere tra una così ampia varietà di titoli, dai bond trentennali del Tesoro Usa, ai titoli indicizzati all’inflazione francesi, dai Bot a tre mesi italiani fino ai nostri Ctz, le obbligazioni senza cedola a scadenza annuale o biennale. Quale sarà l’effetto di questa attenzione?

Tendenzialmente si abbasserà il tasso di interesse sui titoli a brevissima scadenza, a causa della fortissima richiesta, ma crescerà il tasso di interesse che gli Stati con il debito più alto dovranno offrire ai sottoscrittori per ottenere un prestito a medio e lungo termine.

Traduzione: l’Italia, che nel 2009 dovrà collocare circa 300 miliardi di euro di titoli, come la Grecia, il Portogallo o l’Irlanda, potrà pagare di meno per emettere i Bot, ma dovrà pagare di più per emettere e collocare titoli a lunga scadenza. Un fardello che a fine crisi, al momento della ripresa, ci ritroveremo sulle spalle.