Mercenari italiani ad Abu Ghraib
di iraqiresistance.info - 26/02/2006
Fonte: iraqiresistance.info
HAJ ALI A RAI NEWS 24:
Un pò di memoria
Ali Shalal al Kaisi, più noto come Haj Ali, è l’uomo incappucciato simbolo dei torturati di Abu Ghraib.
Affinché potesse venire in Italia ed in Europa per parlare della sua vicenda e delle terribili condizioni dei prigionieri nelle carceri americane in Iraq, ci siamo battuti in tutti i modi, anche con lo sciopero della fame che 8 nostri compagni hanno fatto per 15 giorni davanti alla Farnesina nel settembre scorso.
Come noto, il governo italiano gli negò il visto con assurde motivazioni burocratiche. Un mese dopo anche l’Austria gli impedì di arrivare in Europa. Un’Europa ormai senza principi, senza dignità, subalterna agli Usa arrivava così ad imbavagliare un torturato pur di prostrarsi ai voleri di Washington.
Ma se gli italiani hanno potuto ascoltare Haj Ali solo con un’intervista realizzata ad Amman, dove vive attualmente, non lo si deve solo allo smisurato servilismo del governo Berlusconi, lo si deve anche alla sordità del centrosinistra che ha accuratamente evitato di prendere posizione su questo scandalo, su questa incredibile violazione dei più elementari diritti umani.
La novità
La novità di questa intervista è la denuncia del ruolo di torturatori svolto nel carcere di Abu Ghraib da “contractors”, cioè mercenari italiani assoldati da ditte americane.
La prima risposta del governo italiano a questa accusa è stata quanto mai debole: “Non risulta la presenza di nostri connazionali in quella prigione”. Ancora peggiore la successiva dichiarazione di Berlusconi: “Il governo non è al corrente di nulla. Se poi c’è qualche mercenario non è un problema che ci riguarda”. Ma come, non erano i mercenari, pardon “contractors”, eroi che sanno morire (e torturare?) da “italiani”? Personaggi ai quali intitolare vie e corsi di paracadutismo?
C’è poco da fare, è la solita ipocrisia italiana, largamente bipartisan, per cui le truppe sono a Nassyria in “missione di pace”, ma guai a parlare della strage (più esattamente delle stragi) dei ponti.
Meglio allora ascoltare cosa dice Haj Ali (intervista a Radio Popolare che chiede spiegazioni sulle affermazione fatte a Rai News 24).
“Quando hai sentito parlare di interrogatori fatti da italiani?” chiede l’intervistatore. Ed Haj Ali risponde: “L’ho sentito da persone di fiducia delle quali ho la certezza della loro serietà. In ogni caso le torture sono avvenute anche da parte degli italiani. Ex poliziotti e militari in pensione che hanno provveduto alle operazioni di interrogatorio e tortura. Loro strappavano confessioni ai detenuti per poi rivenderle agli americani. C’era una società olandese, il cui proprietario è stato anche denunciato dalla nostra associazione, che si chiama Kaisi Group che ha provveduto alla raccolta e alla gestione del personale di Abu Ghraib in merito a quello che era il servizio di mensa e in merito a quello che riguarda la tortura”.
Non sarà anche per queste ragioni che l’Italia e l’Europa, molto più coinvolte di quel che appare nella guerra americana, hanno negato il visto al torturato Haj Ali?
Haj Ali conclude l’intervista facendo appello al popolo italiano perché impedisca il coinvolgimento del paese nella repressione degli iracheni.
A questo proposito ci sembra utile ripubblicare la lettera che Haj Ali ci inviò nel novembre scorso (dopo la negazione del visto anche da parte dell’Austria) affinché la diffondessimo.
LETTERA DI HAJ ALI
Ai popoli dell'Italia e dell'Austria
Dalle ferite della terra tra i due fiumi,
la nazione che chiama a lottare per la dignità e la libertà
delle vittime irachene - donne, bambini, anziani e giovani.
Avrei voluto ricevere un visto per entrare in Italia e in Austria, ma non me lo hanno concesso. Mi fa male, e si aggiunge al doloro psicologico e fisico che ho sofferto ad Abu Ghraib. A quanto pare, negare la parola a chi difende la propria dignità, la propria casa e il proprio onore fa parte della democrazia che ci vogliono portare.
Il mio cuore è pieno di pace e di amore, anche se mi hanno rifiutato l'opportunità di venire nei vostri paesi, dove avrei potuto esprimere quello che pensavo mentre venivo reso invalido sotto le torture delle forze occupanti americane.
Decine di migliaia di vittime delle prigioni americane parlano alla vostra coscienza. Tutti voi sapete quello che è successo in queste carceri, come in quelle gestite dalle milizie di alcuni dei partiti attualmente al potere. Ma questa è solo una piccola parte degli orrori commessi nel nome dell'umanità e della religione.
Per chi si trova in carcere a dover affrontare diversi tipi di tortura, umiliazione e offesa, essere detenuti si trasforma in una scuola di resistenza, come reazione alla sofferenza.
Nell'occasione della visita del presidente iracheno ai vostri paesi, ci vorremmo rivolgere ai vostri popoli, parlamenti, governi, organizzazioni, partiti e movimenti politici nel nome delle vittime irachene. Talabani dovrebbe immediatamente rilasciare tutti gli arrestati e i detenuti nelle carceri dell'occupazione statunitense e anche nelle carceri di alcune delle milizie che lavorano con il governo. Vi chiediamo di ricordargli la solidarietà che i popoli del mondo hanno offerto al popolo curdo.
La prova che ho perdonato il rifiuto del visto sta nel fatto che io chiedo ai vostri popoli di agire per fermare la tortura e l'occupazione.
Lo spirito della rivoluzione è come un seme che cresce nel cuore e nella mente dell'essere umano, come ci ricorda il grande rivoluzionario Ernesto Che Guevara.
Potete avere tutto l'amore, il rispetto e ancora il rispetto.
Nel nome della libertà e della pace per tutti i popoli del mondo.
Haj Ali, fondatore e coordinatore
Associazione delle vittime delle carceri dell'occupazione americana
registrata come 1h1050 ngo
(novembre 2005)