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Gli introvabili benefisi della globalizzazione

di Vittorangelo Orati - 30/01/2009

 

Gli introvabili benefisi della globalizzazione



Tra gli argomenti che hanno utilizzato i supporter della “globalizzazione”, di ogni ordine e grado con in prima fila gli economisti(ci), per convertire il grande pubblico a favore delle meraviglie del free trade (libero scambio) e avverso ogni residua propensione protezionistica ha fatto spicco la favola-fandonia dell’aumento del potere d’acquisto dei “consumatori”. In ragione della diminuzione del livello generale dei prezzi affidata ai miracoli della libera concorrenza elevata a livello di assetto generale del commercio mondiale. Non stiamo a far cifre su un fatto incontestabile che insieme a tutto il resto che caratterizza la globalizzazione stessa (delocalizzazione, deindustrializzazione, finanziarizzazione, decumulazione del capitale in ragione dell’imporsi della logica delle performance aziendali per assicurare “valore per gli azionisti” e vertiginose stock options per i manager privati in un dilagare di privatizzazioni nel breve periodo a scapito degli investimenti sul lungo periodo, precarizzazione del lavoro, ridimensionamento progressivo del welfare, etc.) ha portato alla progressiva spoliazione del ceto medio e all’arretramento ulteriore dei salari dei lavoratori nell’intero mondo dei paesi ex industrializzati: la costante inflazione. Nei confronti della quale il meglio che i gazzettieri di regime ancorché travestiti con toga e tocco hanno saputo fare è consisto nello spacciare una diminuzione del suo saggio di crescita in una “diminuzione dei prezzi”.
Che è una vittoria tanto inconsistente quanto quella di un medico che si spacciasse per taumaturgo per aver abbassato l’incremento giornaliero delle pustole di un ammalato di vaiolo, che non per questo assommerebbe le nuove pustole alle vecchie, peggiorando dunque. Se insomma, per esemplificare, un pensionato sociale o un lavoratore con famiglia vede che da un mese all’altro il prezzo medio dei “beni salario” (quei beni di cui è formato il suo non travalicabile “paniere” o insieme di merci oltre le quali non può dirigersi il suo magrissimo reddito) non è aumentato del 3% come nel mese precedente bensì del 2,7%, si sentirà dire al telegiornale che “sul fronte dell’inflazione le misure adottate dal governo (di turno) registrano una significativa vittoria per il raffreddarsi della dinamica dei prezzi”.
Con il quale annuncio si nasconde che in due mesi l’inflazione è aumentata del 5,7% (approssimativamente)! E che quindi al nostro pensionato o lavoratore con famiglia non verranno restituiti merci sulla base delle sue precedenti spese bensì che la sua situazione è continuata a peggiorare, risultando ulteriormente alleggerito il paniere di merci acquistabile a parità di inaumentabile moneta da spendere. In definitiva essendo il meccanismo dei prezzi il più impietoso strumento di redistribuzione dei redditi, al nostro pensionato e al nostro lavoratore è stato sottratto reddito per aggiungerlo al sistema della produzione-distribuzione di merci, ovvero ai capitalisti dei rispettivi settori.
E se colpito da inopinabile sospetto di essere preso in giro, a qualcuno dei malcapitati percettori di reddito fisso venisse voglia di approfondire - attraverso i mille canali di falsa democratizzazione dell’informazione - circa i mancati miracoli della globalizzazione che pur gli erano stati annunciati e promessi, nel migliore dei casi si sentirebbe dire dall’esperto mobilitato per l’abbisogna - non senza che venga prima ricordato il suo prezioso volumetto in vendita nelle librerie o abbinato come gadget al foglio “x”- che la colpa dell’inflazione non è della globalizzazione ma dell’altro miracolo della globalizzazione, la crescita mondiale e quindi dell’accresciuta domanda di petrolio di Paesi finalmente entrati da protagonisti nella famiglia del capitalismo mondiale e fino a ieri prigionieri del sottosviluppo. E se l’esperto è appena un po’ migliore di quello di regime, magari un “criptocomunista”, si sentirà dire che la colpa è della speculazione sul petrolio e le commodities e che in entrambi i casi le quantità effettivamente vendute sui mercati internazionali rispetto a quelle virtualmente tali sul tavolo delle scommesse delle Borsa-casinò è solo di una su dieci.
E se dopo una tale dichiarazione interviene un pentimento e l’esperto teme di essersi troppo sbilanciato, questi non mancherà di “confortare” il confuso interlocutore dicendogli che dunque, non dimenticando che l’Italia non ha optato per l’energia nucleare, in realtà l’inflazione “core”, cioè depurata dalle importazioni di prodotti energetici e altre materie prime di cui il Paese non dispone è stata solo del 2% nel mese precedente e dell’1,5% in quello corrente. Con il che naturalmente si insinua il concetto che il nostro “consumatore” avrebbe in definitiva “guadagnato” non fosse che sotto forma di minor perdita il 2,2% (5,7 %– 3,5% grosso modo) qualora non si fosse concretizzato il fenomeno della speculazione. A questo punto il collegamento va interrotto per dare spazio al prossimo ascoltatore, lasciando che nella strozza di quello precedente rimanga la micidiale osservazione: ma se la globalizzazione non può che consistere nella mobilità dei capitali oltre che in quella delle merci e le cattive e inevitabili conseguenze speculative sui primi in realtà si aggiungono all’inflazione depurata dai suoi effetti internazionali (inflazione “core”), di grazia dove andare a scovare i guadagni del “consumatore”, ancorché si voglia credere a questa mistificante figura di soggetto economico? Se anche credessimo agli “eccessivisti” e partigiani di un capitalismo etico e quindi senza eccessi speculativi (come dire che una etera con pochi clienti non sarebbe tale rispetto alla collega “grossista”), non abbiamo, nell’esempio fatto, comunque che i percettori ”fortunati” di reddito fisso (tendenzialmente in via di estinzione sia come lavoratori a tempo indeterminato sia come pensionati in quanto con la devoluzione del TFR al “secondo pilastro” privato i pensionati sono tendenzialmente obbligati a giocare in Borsa speculando su se stessi) sono in ogni caso tendenzialmente spogliati dalle proprie fonti di sopravvivenza grazie all’inflazione da globalizzazione “virtuosa”? E in tali “virtù” non v’è compresa anche quella che ha reso di fatto esportabile o almeno contendibile sul mercato della speculazione internazionale il bene “casa” che fin qualche tempo fa i manuali (protezionisti?) di “econocomics” (economics ormai da comics) dichiaravano inesportabili? Insomma dove sono i benefici della globalizzazione se tra domande espresse e quelle rimaste senza risposta i nostri ipotetici richiedenti le hanno dovute formulare dall’abitazione del figlio o del padre a seconda dei casi non potendo più abitare in fitto e tanto meno in proprietà un sottotetto diventato inarrivabile per il “boom” dei real estate. Sul piccolo particolare inoltre che la globalizzazione avrebbe nei giudizi unanimi degli economisti(ci) assicurato una espansione ininterrotta con piena occupazione non è neanche il caso di parlare, visto che grazie ai suoi “miracoli” il macabro contenzioso tra tali professionisti della più elaborata “controinformazione” mai sognata, tra un programma televisivo e l’altro, riguarda il dubbi o se questa crisi sarà la peggiore o solo seconda a quella immane del ’29 del secolo scorso. Agli econometrici dell’ex post l’ardua sentenza, cui assisteranno i sopravvissuti alla chiusura di quelle poche fabbriche risparmiate in Occidente dalla fede ricardiana nei “miracoli” della concorrenza internazionale che ci avrebbe dovuto arricchire tutti...