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La Terra in svendita

di Carlo Petrini - 31/01/2009




Tutto fa presupporre che il 2008 sarà l´anno che ricorderemo come quello in cui è iniziato un cambiamento epocale. Le crisi finanziaria, ecologia e climatica sono esplose in tutta la loro gravità. È proprio in questi momenti che la terra, la natura, le risorse rinnovabili e la produzione di cibo attirano maggiori attenzioni: sono quell´economia reale a cui ri-aggrapparsi. Sono il motore di un possibile cambiamento e si fa gara ad accaparrarsele.
Non è dunque un caso che chi ha sfruttato e vilipeso la Terra, ha generato la crisi finanziaria, ha fatto miliardi con pratiche insostenibili, oggi che si trova con le spalle al muro si getti a capofitto nell´acquisizione selvaggia di terre e fonti d´acqua. Non sono certo operazioni che hanno come fine il bene della comunità: il tentativo è di spremere tutto ciò che si può ancora spremere. Bel cambiamento.
Cambiamento è la parola sulla bocca di tutti, è ciò che più ha cavalcato Barack Obama nella corsa alla sua elezione a presidente degli Stati Uniti d´America.
Ovvero l´evento indiscusso del 2008, che farà storia, grazie a un uomo che si presenta promettendo di «imbrigliare il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche»; che promette alla gente delle nazioni povere «di lavorare insieme per far fiorire le campagne, per pulire i corsi d´acqua, per nutrire i corpi e le menti affamate».
In tutto il nostro fare non avevamo mai messo in conto le esigenze della natura, gli equilibri ambientali, uno sfruttamento equo delle risorse e il benessere dei poveri: probabilmente è stato il nostro errore più grande. Credevamo di migliorare la nostra condizione e invece l´abbiamo peggiorata.
Ma dicevamo che il 2008 farà storia. Per l´evidenza delle crisi e l´elezione di Obama, certo, ma forse nessuno lo ricorderà per l´entrata in vigore di una delle costituzioni nazionali più moderne e intelligenti del mondo. Il 28 settembre 2008, infatti, la popolazione dell´Ecuador ha votato a larga maggioranza la propria nuova costituzione, la prima nella storia in cui vengono riconosciuti i diritti della natura insieme a quelli delle persone e della collettività.
Una carta costituzionale esemplare che, come tutte le costituzioni, è figlia dei propri tempi e recepisce in pieno le nuove esigenze di questo mondo in difficoltà. Nelle roccaforti della democrazia Occidentale la protezione dell´ambiente, delle minoranze etniche e culturali, della diversità e della biodiversità non erano certamente delle priorità nel momento in cui si trovarono a darsi delle regole fondanti: nei periodi post-rivoluzionari o post-bellici erano, giustamente, da privilegiare valori come l´uguaglianza, il lavoro, la libertà.
Oggi, in questo quadro mondiale, in un paese come l´Ecuador, è invece sintomatico come la vera conquista sia rappresentata dall´inedito riconoscimento dei diritti del creato. La portata innovativa del documento però non finisce qui, perché i diritti della natura sono soltanto uno dei presupposti per il «buen vivir»: un concetto chiave, nel documento scritto anche in lingua quichua, «sumak kawsay».
Il "buon vivere" nell´opulento mondo Occidentale è connotato da cose superflue, dall´accumulazione della ricchezza; in campo alimentare dallo sfizio costoso, "gourmettistico" o pantagruelico. Tutto ciò è sintomatico di un´altra visione del mondo: il buen vivir in Ecuador è il fine di vivere in armonia con ciò che ci sta intorno e con gli altri. Per perseguirlo hanno messo nero su bianco che va difeso l´ambiente, che la sovranità alimentare è un diritto inalienabile, che i suoli vanno conservati e protetti, che la terra deve essere garantita ai piccoli contadini, che l´acqua non si può privatizzare, che i popoli indigeni hanno gli stessi diritti degli altri, mentre la loro identità, la loro lingua, i loro saperi ancestrali sono importanti come le più moderne tecnologie e la ricerca più avanzata. Hanno però vietato gli organismi geneticamente modificati, vogliono ridurre le emissioni di CO2 e dichiarano di voler rispettare la «Pacha Mama», la Terra Madre, «con tutti i suoi cicli vitali, funzioni e processi evolutivi». Propongono un nuovo rapporto e un nuovo equilibrio fra zone urbane e zone rurali, all´interno delle quali anche ai piccoli contadini è garantito il diritto al buen vivir. Niente di tutto questo è rintracciabile in altre costituzioni. Pensiamo ad esempio alla sovranità alimentare: c´è un intero capitolo ad essa dedicato, e non si tratta di un generico dovere di garantire alimenti a tutta la popolazione, ma si pongono le condizioni, economiche ed ecologiche, perché tutti possano godere del cibo che vogliono scegliersi.
Mentre Obama teneva il suo discorso, pieno di speranza e propositivo in tema di importanti cambiamenti, io pensavo alla nuova costituzione dell´Ecuador e al buen vivir. Mi chiedevo se in un paese come gli Stati Uniti e in tutto l´Occidente, dove abbiamo un´idea completamente diversa del "buon vivere", dove lo ricerchiamo attraverso un sistema economico disumano, del tutto avverso alla Natura, i cambiamenti invocati dal nuovo Presidente Usa potranno davvero trovare terreno fertile. E la metafora non cade a caso: mentre il terreno fertile diventa un bene preziosissimo, comprato selvaggiamente da chi non ha idea cosa sia il buen vivir, si sente anche la mancanza di quel terreno fertile dato da menti aperte, da una nuova visione del mondo. Una visione che si emancipi dai sistemi economici, energetici, alimentari e industriali che ci hanno condotto sin qui, a riporre tutte le nostre speranze nel nuovo capo della nazione che in realtà più di tutte ha esportato quei sistemi insostenibili in giro per il mondo. Tranne in Ecuador, a ben vedere.