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Gli "economisti", vergogna della "scienza"

di Gianfranco La Grassa - 31/01/2009

“Se l’America paga i suoi eccessi, gli antichi vizi possono invece essere la salvezza dell’Italia, in condizione di cogliere già quest’anno la ripresa grazie ai propri difetti strutturali: carenza di grandi aziende, sistema bancario tradizionalista e lavoro nero. «L’Italia sta attraversando la tempesta finanziaria mondiale senza subire colpi irreparabili. Il sistema tiene», ha spiegato ieri il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, nel corso della presentazione del Rapporto Italia 2009. Merito del tessuto di piccole e medie imprese, sei milioni in tutto. Sopperiscono all’assenza delle mega-corporation, muovendosi in ambito manifatturiero, più che in quello dei servizi.

Poi ci sono le banche, ancora legate al territorio, la cui solidità deriva dall’essersi mantenute lontane dalla finanza creativa [bugiardi sfrontati; tutti noi abbiamo dovuto fare slalom per evitare pressioni indebite in tal senso. E a parte la finanza creativa, sono messi nel dimenticatoio gli imbrogli sui bond argentini, Cirio e Parmalat, la Banca 121 del Salento, ecc.?; ndr]. E a un Pil che supera i 1.500 miliardi, va aggiunta anche un’economia sommersa che vale in base alle stime Eurispes circa 540 miliardi. Insomma, un Pil carsico, di cui si deve per forza tener conto nell’analizzare l’apparente paradosso-Italia. Che ricorda un po’ quello del calabrone: è troppo pesante rispetto alle ali, eppure vola. L’Italia sfida le leggi dell’economia.”

 

Negli ultimi tempi, tutti penso abbiano letto non so quante notizie e rapporti di organismi internazionali (europei e mondiali) – buon ultimo, pochissimi giorni fa, quello del Fmi – che davano soprattutto per Eurolandia, ma in modo del tutto particolare per l’Italia, dati di crescita negativa sia per il 2009 che per il 2010. Adesso, dalla dichiarazione appena sopra riportata e tratta dai giornali di oggi, siamo tornati alle virtù italiche del “piccolo è bello”. Si ricorderà che tali virtù erano cantate soprattutto negli anni ’80 e ’90 (molti “economisti” sono andati in cattedra scrivendo di queste idiozie). Poi, finalmente, sembrava tornato un minimo di buon senso, si è cominciata a mettere in luce la grave carenza dell’imprenditoria italiana in merito alle troppo basse dimensioni delle unità aziendali, ecc. Infine, c’è stato un ultimo sussulto di “comicità” (cioè, sembrava l’ultimo) con la “trovata di genio” del precedente Presidente di Confindustria, che – oltre ad essere ossessionato dal “fare sistema” – aveva scoperto nella media impresa la reale forza del “Bel Paese”. Scoppia la crisi, e tornano le virtù italiche delle minime dimensioni imprenditoriali; e del Pil sommerso, che prima era condannato come puro sinonimo di evasione fiscale, da cui l’enorme debito pubblico, l’eccessivo rapporto deficit/Pil, ecc.: tutti pesi che ci rendevano particolarmente deboli in Europa .

 Impossibile descrivere il ribrezzo e l’insofferenza che provo quando vedo la faccia di uno di questi che si passa per esperto e spara cazzate senza il benché minimo pudore; e senza alcun timore perché ormai il pubblico accetta di tutto, dopo gli immondi spettacoli che la TV ci offre. Riporto un breve pezzettino scritto da Geronimo oggi sul Giornale, che esprime solo all’uno per cento lo sdegno e l’ira che simili osceni personaggi dovrebbero suscitare in tutti noi:

“chi sta perdendo il proprio posto di lavoro o stenta sempre più a vivere una vita dignitosa poco apprezza che professori ed esperti che pontificano un giorno sì e l'altro pure e che molto spesso sono consulenti strapagati di banche d'affari si riuniscono in una località amena [Davos; ndr] che appare sempre più come una kermesse mondana piuttosto che un'occasione irripetibile per offrire alle popolazioni che soffrono un ventaglio di soluzioni”.

 

Tutto giusto, salvo che per il fatto che questi sedicenti economisti non sono mai, per nessun motivo, in grado di offrire a chicchessia una qualsiasi soluzione; sono solo sciocchi, vuoti, vanesi, pavoni, clown di pessima levatura. E’ necessario arrivare ai pogrom contro di essi; bisogna inseguirli con i forconi, metterli alla gogna, sputare loro addosso appena osano dire “bah”. Bisogna farli guaire a suon di calci in culo, costringerli a far la fila davanti ai Conventi dei Frati con la gavetta in mano, toglier loro ogni e qualsiasi proprietà di beni mobili e immobili, distribuendo i soldi della loro vendita a chi ha subito lo strazio di ascoltarli.

Questi sono momenti storici in cui crearsi il “nemico”, e scagliarsi contro di lui con odio veemente, ha un significato catartico; non risolve alcuna crisi ma infonde una certa capacità di reazione, che aiuta sempre. Promoviamo i pogrom contro gli economisti, indichiamoli al ludibrio delle genti, cominciamo a far scorta di uova marce e pomodori fracidi. Ci vorrebbe anche un pizzico di escrementi, ma non complichiamoci troppo la vita. Facciamo l’essenziale. Intanto, iniziamo dalle pernacchie a volontà e da cori di risate appena proferiscono verbo; e anche il vecchio “sceeeeemi” può ancora andare bene come misura del tutto provvisoria.