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Il limite è il debito privato

di Joseph Halevi - 28/02/2006

Fonte: ilmanifesto.it

 

 
Il record raggiunto dal deficit estero statunitense ha dato il via, nei giorni successivi, a una serie di lamentazioni che pongono in risalto - sebbene indirettamente - lo smottamento produttivo dell'economia americana e quello sociale cui è soggetta la popolazione del paese. Stando a una tabella pubblicata da la Repubblica, gli americani dovranno rassegnarsi a diventare dei (poveri) autisti di taxi - cosa che piace tanto all'economista Giavazzi - oppure degli inservienti e addetti alle pulizie. Una tendenza che in verità è in atto dalla metà degli anni ottanta. Seguendo l'International Herald Tribune si identifica bene il crescendo dell'agitazione. Il 14 febbraio Washington pubblica un rapporto di 29 pagine in cui annuncia un nuovo approccio verso Pechino, fondato sull'applicazione di tutti i termini dei trattati commerciali. Per il senatore democratico di New York, Charles Schumer, che nel 1986 votò contro misure volte a proteggere il settore tessile ma che oggi ha cambiato posizione, il governo non affronta la reale causa della deindustrializzazione, cioè la sottovalutazione dello yuan.
Il 16 febbraio viene riportato che il Tesoro degli Usa sta sondando gli investitori per valutare l'impatto che avrebbe la denuncia formale della Cina come paese «manipolatore dei tassi di cambio». Tutte queste manovre presuppongono che il deficit nei confronti di Pechino origini dalla malvagità cinese e che si tratti di due economie nazionalmente definite a confronto. Questo teorema è stato immediatamente screditato dalle aspre critiche rivolte alle maggiori società tecnologiche Usa da parte di Christopher Smith, congressman repubblicano del New Jersey, secondo cui tali società collaborano con Pechino nella repressione del dissenso. Ma certo! Le imprese Usa operano direttamente o indirettamente, attraverso l'outsourcing, in Cina e lo stanno facendo in misura crescente. Esercitare pressioni su Pechino significa effettuarle sulle compagnie Usa e qui si rompe il teorema delle due economie nazionali a confronto.
Washington non ha mezzi per esercitare pressioni su Pechino, perché il capitalismo americano è interessato ad usare la Cina come base per esportare verso gli Usa. La palla è nel campo di Washington, che deve trovare una poco probabile mediazione tra il ruolo dello Stato americano quale protettore degli interessi del capitalismo Usa e la base materiale territoriale di questi interessi. Anche se i repubblicani si arrabbiano contro Google e Cisco Systems, questo è il nodo che per loro, come per i democratici, è impossibile sciogliere. Per il momento possono ancora andare a caccia di farfalle attaccando le proprie avanguardie tecnologiche grazie al fatto che le banche centrali di Cina, Giappone ed Arabia Saudita rifinanziano senza battere ciglio il deficit estero di Washington. Data questa volontà politica da parte dei summenzionati paesi, di cui due - Arabia Saudita e Giappone - sono sotto il ferreo controllo Usa, il deficit estero è, nell'economia americana, per ora un punto meno vulnerabile di quanto si possa pensare.

Più pressante è la sostenibilità del deficit privato globale, con riguardo principalmente all'indebitamento delle famiglie. Il riciclaggio da parte del resto del mondo del suo suprlus con gli Usa, verso gli Usa stessi, serve a mantenere in piedi la bolla speculativa immobiliare. Ma la sostenibilità della bolla dipende dai redditi delle famiglie. Data la caduta industriale, questi redditi dipendono in misura crescente dalle occupazioni precarie e mal pagate nei servizi e nei settori affini. Ha ragione Paul Krugman (International Herald Tribune, 14 Febbraio) quando sottolinea che l'indebitamento estero Usa non sta finanziando investimenti produttivi, ma prevalentemente immobiliari. Ed il boom speculativo si è concentrato lungo le coste. ove si stima che la sopravvalutazione sia del 35-40%.
E' possibile ipotizzare che la capacità di indebitamento della famiglia media americana stia raggiungendo il limite, segnatamente la bolla speculativa immobiliare. E' quindi possibile immaginare che il circuito del rifinanziamento interno abbia molti elementi di fragilità; anche rispetto a quello estero, data la volontà della Cina di sostenerlo. Questa fragilità è destinata ad aumentare con la trasmigrazione del capitalismo Usa - ad eccezione del cuore del settore militare industriale - fuori dalla sua base materiale territoriale.