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È lo scarto evolutivo interiore la principale causa di malintesi e sofferenze

di Francesco Lamendola - 13/02/2009


 

Un tramonto rosso infuocato invade il cielo di febbraio e i colori incandescenti del ricordo si mescolano e si confondono con quelli dell'attesa, creando una sinfonia entusiasmante che esala il profumo dolcissimo di un altrove pacificato, simile al frangersi delle onde sulla sabbia umida e cosparsa di festoni d'alghe lungo la spiaggia.
È uno di quei momenti in cui sembra che solo un diaframma sottilissimo separi ancora il qui e ora dalla dimensione dell'Assoluto; in cui tutta la bellezza del mondo sembra averci dato appuntamento per rivelarci l'arcano più profondo della vita: che il mondo illusorio della cosiddetta realtà quotidiana si può aprire come un sipario e rivelare lo splendore abbagliante dell'eterno presente, dove tutti i tempi, passati e futuri, si riducono alle dimensioni di un istante, e in cui tutti i luoghi, vicini e lontani, si assommano in un semplice punto; e da quel centro immobile si rivelano la contingenza degli enti e la permanenza dell'Essere, di cui noi siamo parte e al quale tendiamo con tutto l'ardore della nostra anima.
È in un istante del genere che appare chiarissima, addirittura evidente, una verità che il ragionamento solo in un secondo tempo può analizzare, soppesare e confermare: che, cioè, gran parte della sofferenza morale che gli esseri umani si infliggono a vicenda è frutto della discrepanza tra i loro rispettivi livelli di evoluzione interiore.
Nel precedente articolo «L'evoluzione spirituale crea una gerarchia di livelli e chi più sale, più è solo fra gli uomini» (Arianna Editrice) avevamo già preso in esame questo fatto, considerandolo nel suo aspetto più generale.
Precisamente, avevamo osservato che a causa dei meccanismi psicologici omologanti indotti dalle strutture della società di massa, si tende a sottovalutare alcune importanti conseguenze del fatto, di per sé intuitivo, che l'umanità non è una massa indistinta di individui intercambiabili, né per quanto riguarda le loro conoscenze, né per quanto riguarda la loro saggezza, disponibilità al sacrificio e tensione verso l'assoluto.
In particolare, si tende a misconoscere una fondamentale ed evidente verità, ossia che gli esseri umani possiedono diverse attitudini e capacità in fatto di evoluzione spirituale; e chi è riuscito a salire più in alto, vede le cose con una chiarezza assai maggiore di quanto possa accadere a cento, mille o diecimila suoi simili i quali, a livello spirituale, si sono fermati più in basso.
Potremmo anche dire, con l'aiuto con l'aiuto della «Divina Commedia» di Dante, che tale situazione può essere esemplificata dalle anime dei penitenti che salgono verso la vetta del Purgatorio, cornice dopo cornice, distribuendosi a differenti livelli di altitudine.
La stessa cosa avviene lungo la montagna della vita, con le persone che si collocano a diversi livelli di consapevolezza, a seconda che abbiano saputo fare più strada e siano state disponibili a sacrificare comodità e vantaggi personali (successo, denaro, potere) in vista di un obiettivo superiore: quello di elevarsi interiormente.
Va da sé che le persone spiritualmente più evolute non pensano affatto a sfruttare la posizione raggiunta (sempre relativa, peraltro, perché la perfezione non è di questo mondo); ma, al contrario, sono proprio quelle più sollecite ad offrire il braccio a coloro che stentano a procedere e rischiano, magari, di precipitare in qualche burrone.
La conseguenza più importante di questo fatto, che si tende a sottovalutare sotto la suggestione dell'idea democratica (o di una sua arbitraria estensione dall'ambito politico a quello spirituale), è l'estrema difficoltà, per non dire l'impossibilità, che persone di differente evoluzione possano interagire armoniosamente - a tutti i livelli: pratico, professionale, affettivo -, a meno che esse siano consapevoli di ciò che le separa ed accettino, da entrambe le parti, il principio gerarchico.
In pratica, avviene che invidie, gelosie e meschine competizioni si accendono fra persone meno evolute, insofferenti di chi intuiscono essere a loro di molto superiore, e quelle più evolute, che, proprio mentre tendono verso l'alto con tutte le proprie forze, si vedono spesso intralciate e ostacolate: esattamente come accadrebbe a una guida alpina, la quale venga ad ogni passo afferrata per la manica da qualche rocciatore inesperto e presuntuoso, che, invece di affidarsi a chi è più esperto, non sopporta l'idea di arrivare in cima per secondo.
In linea generale, la persona più evoluta dovrebbe essere in grado di capire le debolezze, le paure, le incoerenze dell'altro; ma, d'altra parte, se è veramente più evoluta, non dovrebbe nemmeno tentare di instaurare un profondo legame umano con chi non è e non può essere in grado di salire fino al suo livello. Lo specialista del sesto grado non dovrebbe mai prendere con sé, in una delle sue pericolose ascensioni, un principiante: sia per rispetto verso di lui, sia per la sua stessa sicurezza e per il rispetto dovuto a se medesimo.

Nel precedente articolo, arrivati a questo punto, avevamo rivolto la nostra attenzione alla condizione di solitudine sempre più marcata che caratterizza l'anima che più s'innalza verso le sfere spirituali superiori, proprio come accade all'alpinista provetto sulle cime più ardue. Le montagne più basse e di più agevole salita, infatti, sono affollate da una turba di pretesi amanti delle vette; mentre, mano a mano che si sale verso i colossi di roccia e ghiaccio, il paesaggio si svuota di presenze umane, e solo pochissimi coraggiosi, molto allenati ed estremamente determinati, si possono ancora incontrare nel gran silenzio vicino al cielo.
Ora, invece, vogliamo svolgere qualche riflessione sugli infiniti malintesi e sulle inutili, ma numerosissime sofferenze che gli esseri umani si infliggono a vicenda, allorché individui di livello spirituale molto diverso vengono a stretto contatto per ragioni abitative, professionali, sociali o affettive.
Abbiamo detto che la persona più evoluta non dovrebbe commettere l'imprudenza di legarsi a delle persone alquanto meno evolute, se non con il dovuto distacco emotivo e con la chiara consapevolezza della sostanziale impossibilità di intendersi mediante un linguaggio comune, comuni valori e obiettivi, comuni strategie e sistemi di vita. Questo, però, in teoria; in pratica, le cose raramente si presentano in maniera così semplice.
In pratica, quello che avviene il più delle volte è che le persone si incontrano in un groviglio di timori, speranze, aspettative, dai quali credono di tutelarsi indossando numerose maschere e sforzandosi di nascondere il più a lungo possibile, spesso con discreto successo, la loro vera natura e il loro effettivo livello evolutivo.
Osserviamo che la strategia del nascondimento è tipica delle persone scarsamente evolute, e che maggiore è l'evoluzione di un essere umano, minore è il bisogno di celarsi dietro maschere e travestimenti di vario genere. Qui, però, si può verificare una caratteristica inversione di ruoli: appunto perché la persona meno evoluta tende, sovente, ad apparire quel che non è, ossia più evoluta; mentre quella che è evoluta, non avendo ambizioni di potere (inteso nel senso più ampio del termine: anche come potere psicologico e affettivo sugli altri), si mostra in tutta semplicità e modestia, al punto da poter essere scambiata per quello che non è, ossia per una persona assolutamente ordinaria.
Le cose, sovente, si complicano ulteriormente per il fatto che non esiste un unico livello di evoluzione. Una persona può essere molto evoluta sul piano intellettuale, ma poco su quello affettivo, o viceversa; e, quanto all'evoluzione spirituale vera e propria, anch'essa può presentarsi variegata o, comunque, non del tutto omogenea. Per fare un esempio: una persona poco evoluta spiritualmente, può, in presenza di determinate circostanze, compiere un vero e proprio balzo evolutivo; mentre un'altra, relativamente  sviluppata, può darsi che, in una particolare circostanza, cada in comportamenti inadeguati, scivolando, per così dire, all'indietro, e perdendo una parte del terreno conquistato in precedenza.
La rete complessa della vita è mutevole e imprevedibile, cambiando «condizion ricchi e mendici», come direbbe Dante (Paradiso, XVII, 90): ossia rovesciando i ruoli e riservando frequenti sorprese. Infatti, solo allorché si è saliti ad un livello spirituale molto elevato, ci si può considerare quasi immuni dal pericolo di precipitare giù; nel senso che, pur se potranno verificarsi ancora delle cadute, esse resteranno, comunque, entro quella determinata fascia evolutiva.
In altre parole: chi ha imparato ad arrampicarsi lungo pareti di quinto e sesto grado, non dimenticherà mai la tecnica appresa e non si troverà mai in difficoltà davanti a pareti di primo o secondo grado. Viceversa, chi ha appena imparato ad affrontare una parete di terzo grado, potrebbe  anche farsi travolgere dall'inesperienza e dall'emozione e commettere errori clamorosi, che non commetterebbe neppure un principiante.
A tutto ciò si aggiunga l'elemento di confusione portato dalle apparenze, come una elevata posizione sociale, un aspetto fisico particolarmente attraente e simili, cui non corrispondono, magari, equivalenti qualità dell'animo: per cui potrebbe occupare posizioni di responsabilità colui che non è degno, e potrebbe suscitare forti desideri affettivi colui (o colei) che non sa far altro che giocare con i sentimenti altrui allo scopo di gratificare in maniera estremamente superficiale il proprio ego.
In linea di massima, crediamo si possa dire che i comportamenti egoistici, ingiusti o scorretti, sono tipici dei cornicioni più bassi, dove si affollano le anime poco evolute; mentre si diradano proporzionalmente mano a mano che si sale verso le zone più elevate.
Così, per fare un esempio, il tradimento dell'amicizia tende a verificarsi più spesso tra persone di bassa evoluzione spirituale; e, poiché l'amicizia tende a instaurarsi fra individui di uno stesso livello, sarà più difficile che sia compiuto da una persona meno evoluta ai danni di una più evoluta. E, se qualcuno obiettasse che Cristo è stato tradito proprio da uno dei suoi discepoli, si può rispondere che Cristo non è stato colto alla sprovvista da quel tradimento, che anzi aveva antiveduto, senza però volervisi sottrarre.
Il problema fondamentale è che le persone poco evolute interiormente sono quelle che meno si pongono il problema della propria crescita spirituale; e che, tuttavia, intuiscono la meschinità della sfera in ci si muovono, sovente reagendovi con l'aggressività nei confronti degli altri, specialmente se sospettano che essi siano a loro superiori, in senso morale o intellettuale.
Pertanto, chi è più evoluto si adopera incessantemente per progredire e si rimprovera anche per delle debolezze di poco conto; mentre chi lo è  di meno non si cura molto di migliorare, e preferisce dedicarsi a tormentare il prossimo e a rendergli la vita difficile, sfogando su di esso la propria frustrazione e la scontentezza di se stesso.
Da questa discrepanza risulta che la «forbice» tra persone evolute e persone poco evolute tenderebbe a crescere in maniera esponenziale, perché chi è riuscito ad innalzarsi dai livelli inferiori tende a moltiplicare gli sforzi per raggiungere la vetta, mentre chi non ha mai fatto il minimo tentativo per innalzarsi, è più propenso a coltivare invidia e gelosia verso quanti hanno compiuto, sia pure parzialmente, un salto qualitativo.
Le persone della prima categorie tenderanno ad essere sempre meno egoiste, sempre meno calcolatrici, sempre meno interessate e, in definitiva, sempre più spirituali (e quindi sempre più indifese sul piano della lotta quotidiana nella società); mentre quelle della seconda, proveranno la tentazione di ottenere una rivalsa su quelle, naturalmente al loro livello, servendosi dell'astuzia, della maldicenza o della violenza.
In effetti, ci si aspetterebbe che i migliori finiscano per soccombano alla furbizia e all'aggressività dei peggiori e che, sul piano della realtà materiale, si verifichi una continua selezione alla rovescia, una progressiva e inesorabile degradazione della società.
In un certo senso è così; ma, appunto, solo sul piano della realtà materiale e immediata.
In un senso più profondo, e cioè sul piano spirituale, è vero il contrario: perché le stesse difficoltà da superare costituiscono, per i buoni, una occasione di ulteriore perfezionamento; e le manovre delle persone meno evolute finiscono per contribuire ad un più alto livello di coscienza di quelle che lo sono maggiormente.
E, poiché l'equilibrio complessivo dell'umanità dipende dalla presenza qualitativa delle anime evolute, per quanto poche di numero, e non dal peso quantitativo di quelle più primitive, per quanto più numerose, ecco che la saggezza nascosta della vita opera nel senso di trarre il bene anche dal male, la spiritualità anche dalle passioni grossolane.
D'altra parte, è chiaro che da ciò non si deve ricavare la conclusione che «tanto vale lasciare che le cose vadano per il loro verso»; al contrario, bisogna sempre sforzarsi di collaborare al movimento universale verso il meglio: ma con tutta umiltà, senza commettere il peccato di superbia consistente nel credersi indispensabili.
Anche a nostro dispetto, le cose sono rivolte al bene, perché quella è la loro naturale tendenza; così come lo è, per il girasole, volgersi costantemente verso l'astro diurno.
Il male esiste, eccome; ma esiste una forza possente e benefica che, alla fine, riesce sempre a  trasformarlo nel suo contrario, preservando lo splendore e l'armonia del mondo.