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La Bce mondialista pretende più potere

di Filippo Ghira - 14/02/2009

 

 
La Bce mondialista pretende più potere



I governi europei devono prendere rapidamente decisioni politiche per superare la crisi finanziaria ed economica. Di fatto dando più potere alla Commissione europea e alla Banca centrale europea che pure a fronte della crisi sono state colpevolmente ferme, passive ed incapaci di reagire. Lo ha detto e lo ha sottinteso Lorenzo Bini Smaghi, membro del direttivo della BCE, nel corso di un convegno al Parlamento europeo a Bruxelles. Il quadro di supervisione europeo, ha affermato il banchiere, deve essere rivisto nel quadro delle recenti esperienze. Questo è certamente il caso dei Paesi della zona euro. L’Europa non può permettersi di consentire che la lezione della crisi vada sprecata. Ha già creato troppo panico. In questa fase i popoli europei stanno soffrendo per gli effetti della crisi finanziaria. Ora aspettano che i loro leader affrontino “la fonte della crisi”, ossia intervengano per impedire gli sconquassi del passato. Ciò richiede una decisione politica, perché implica un maggiore e più forte coordinamento tra i centri di decisione nazionali. Detto al di là del linguaggio tecnico, queste affermazioni implicano che i governi europei dovrebbero spogliarsi di una ulteriore fetta della propria sovranità per trasferirla ad una struttura o più strutture sopranazionali, appunto la Bce e la stessa Commissione, per ricompensarle non solo di essere state ferme ma anche per non avere annusato il ciclone che stava arrivando, sia pure possedendo tutti gli strumenti per poterlo fare. Cosa serve quindi la Bce se non è in grado, in qualsiasi momento, di avvertire il mercato, quello “sano”, che un altro settore di esso sta invece speculando, acquistando e vendendo enormi quantità di titoli che di fatto sono “virtuali”, in quanto scommesse su altri titoli, pur non possedendo l’ombra di un quattrino? Ed oltre a questo, cosa servono le banche centrali nazionali se in coordinamento con la Bce, non sono in grado di avvertire l’esposizione oltre ogni logica realizzata dalle singole banche sulla cui attività dovrebbero vigilare? Del resto, è stato lo stesso Bini Smaghi ad ammettere tale sconfortante realtà quando ha affermato che nessuno sa a quanto ammontano gli “asset tossici”, cioè i vari titoli spazzatura che hanno fatto crollare i mercati finanziari. Né lo sanno la Bce e i governi ma (udite, udite!): “se rafforzassimo i poteri della Bce forse potremmo rispondere. Oggi raccogliamo le informazioni dal mercato ma non abbiamo dati dettagliati”. Insomma non abbiamo fatto nulla o abbiamo fatto ben poco ma se ci verrà attribuito più potere faremo meglio. Dove è quel “meglio” che ci terrorizza. Considerazioni inquietanti perché fanno il paio con quelle dei vari ministri, consiglieri e “consigliori”, nel senso di Cosa Loro, di Obama che, prendendo spunto dagli sconquassi provocati dai loro complici nelle banche e nelle finanziarie che hanno speculato, se ne sono usciti con l’affermazione che ora bisogna assolutamente andare avanti con “un governo mondiale”. Quello che da sempre è il sogno di tutti i tecnocrati di qua e di là dell’oceano. E chi dovrebbe gestire questa nuova struttura mondialista? Ma è ovvio: gli stessi tecnocrati e gli stessi banditi, funzionari delle banche e delle multinazionali, che da decenni, attraverso strutture come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, hanno imposto politiche di privatizzazione e di liberalizzazione ai Paesi che avevano avuto la sfortuna di chiedere loro finanziamenti per risollevarsi e che in conseguenza di tali politiche hanno visto aumentare il livello di povertà generale e portato alla distruzione un tessuto sociale che si reggeva su equilibri delicatissimi.

Più soldi alle banche
In ogni caso, ha puntualizzato Bini Smaghi, c’è bisogno di più capitale per le banche. E devono essere i governi nazionali a darglielo per evitare la stretta creditizia. Non si tratta di un problema legato al Patto di stabilità ma ai mercati finanziari, perché, ha avvertito, c’è il rischio del formarsi di un clima sfiducia e questa potrebbe trasformarsi in sfiducia nei governi e negli Stati. Se un governo non può emettere obbligazioni ci sarebbero dei rischi. L’Unione ha dei limiti ma non solo per il Patto di stabilità ma per la nostra struttura demografica e il problema dell’invecchiamento della popolazione. E’ quindi necessario evitare tensioni tra l’opinione pubblica e il potere pubblico facendo in modo che venga ripristinato il credito da parte delle banche. E allora, “quando usciremo dalla crisi, a quel punto andranno affrontati i problemi della governance delle banche e dei rischi degli istituti”. Insomma dopo che le banche saranno state rimesse in piedi con denaro pubblico, forse si potranno pure riesaminare i loro modelli di gestione. Bisogna dare soldi statali alle banche per permettergli di perseguire i propri interessi privati.
La Bce teme
il protezionismo
Il bollettino mensile della Bce riflette la stessa analisi e le stesse preoccupazioni di Bini Smaghi. L’istituto centrale teme nuove spinte protezionistiche ma ribadisce la necessità di arginare tali pressioni. La Bce ritiene che l’incertezza riguardo allo scenario economico permanga eccezionalmente elevata. I rischi per la crescita, che nel complesso restano chiaramente orientati al ribasso, sono soprattutto legati alla possibilità di un più forte impatto delle turbolenze finanziarie sull’economia reale. Ed inoltre sia ai timori di nuove e crescenti spinte protezionistiche sia a eventuali andamenti sfavorevoli dell’economia mondiale causati da una correzione disordinata degli squilibri mondiali. Allo stato attuale è indispensabile portare avanti politiche economiche in linea con il principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, arginando qualsiasi pressione protezionistica.
Anche se è stata questa impostazione aperta e libera a provocare il disastro che tutti conosciamo. Ma questo per la Bce sono evidentemente quisquilie e l’istituto di Francoforte ha confermato che opererà cercando in primis di garantire la stabilità dei prezzi. Sotto e vicino al 2% su un orizzonte di medio termine. Solo un livello stabile dei prezzi infatti: “favorisce la crescita economica sostenibile e l’occupazione e contribuisce alla stabilità finanziaria”. Ma non avevamo bisogno della Bce per conoscere una simile ovvietà.