Berlusconi in America
di antiimperialista.org - 02/03/2006
Fonte: antiimperialista.org
CHE SCHIFO!
«Per la mia generazione gli Stati Uniti rappresentano il faro della libertà e del progresso economico. E sarò sempre grato agli Stati Uniti di avere salvato il mio paese dal fascismo e dal nazismo a costo di tante vite americane. Inoltre sono grato agli Usa di aver difeso l'Europa dalla minaccia sovietica negli anni della guerra fredda. E sarò sempre grato agli Usa di avere aiutato il mio Paese a raggiungere la prosperità dopo la guerra. Grazie per il piano Marshall. E sarò sempre grato agli Usa per l'alto prezzo di vite umane che continuano a pagare per garantire la nostra sicurezza nella lotta contro il terrorismo in tutto il mondo. E non mi stancherò mai di ripetere che quando vedo la vostra bandiera non vedo solo la bandiera di un grande paese, ma vedo soprattutto un simbolo universale di libertà e di democrazia».
Queste sono le parole pronunciate da Berlusconi davanti al Congresso USA. APPLAUSI A SCENA DA PARTE DI REPUBBLICANI E DEMOCRATICI. L’italeitta delle banane non poteva essere meglio raffigurata. Mai un primo ministro italiano aveva fatto un discorso tanto retorico e servile I cittadini italiani con un briciolo di dignita’ si sentono offesi, vilipesi, umiliati. I capi del centro-sinistra hanno detto che si e’ trattato di uno spot elettorale. E’ molto di piu’, ‘ un programma, il distillatro della visione (americanista) del mondo. Ma i capi del centrosinistra non possono dirlo, la buttano sullo spot poiche’ delle frasi di Berlusconi sottoscrivono parola per parola. E’ anche loro quella visione del mondo. Essi solo la declinano in un modo meno cialtronesco, politicamente piu’ corretto. Americanismo bipartian. Nel pantano preelettorale in cui si fa fatica a capire cosa separi davvero i due schieramenti, Berlusconi, rompendo gli indugi, ha calato il carico da undici, vestendo i panni dell’alfiere intransigente degli USA. Sapeva infatti che i suoi avversari non avrebbero contestato la sostanza del suo discorso.
In questo desolante panorama l’antiamericanismo non e’ solo una necessita’, e’ un dovere. Chiunque odi la guerra, a prepotenza, l’arroganza, la cafonaggine, anche se non lo ammette per pudore o per paura e’, nel suo animo piu’ profondo, antiamericanista. Lo e’ come lo furono gli indiani nativi sterminati dalla nascente democrazia americana; come lo furono i neri schiavizzati e segregati; come lo fuorno gli operai anarchici e i socialisti del cui sangue si nutri la bestia; come lo furono Malcom X e le pantere nere; come lo sono tutti i popoli ribelli del mondo.
Noi ci sentiamo vicini a tutti coloro che nei secoli, col loro sacrificio, hanno nutrto questo Moloch imperialista. Come oggi giorno ci sentiamo vicini a tutte le RESISTENZE. Ci sono diversi futuri possibili, quello piu’ orrendo, il primo verso il quale proviamo il disprezzo piu’ smisurato e’ un mondo americanizzato. Preferite forse vivere in una repubblica islamica? Signori! Non sono le armate islamiche che terrorizzano i popoli, che aggrediscono le nazioni, che tengono la civilta’ appesa al nodo scorsoio della metastasi del turbocapitalismo. Che puntano una pistola alla tempia dell’ecosistema col loro modello di sviluppo dissennato e genocida. Fino a quando gli Stati Uniti saranno la unica superpotenza, fino a quando essi pretenderanno come banditi di dettare legge, quest’America non puo’ che essere il nemico principale. E in quanto tale va combattuto. Ma cos’e’ questa storia? Ancora credete alla idea antiquata del nemico principale? Si, come ci credono tutti quei popoli in lotta per la loro emancipazione e che si trovano alle prese con le armate imperiali a stelle e striscie, loro Quisling e i loro Ascari.
Se gli USA sono il vero pilastro dell’ordine imperialistico mondiale. Chi e’ contro la pax americana non puo’ che battersi per sfasciare questo pilastro. Il cui crollo soltanto aprirebbe nuovi orizzonti alla civilta’mondiale. A chi si gingilla con capziosi discorsetti sul caos che verrebbe dopo questo crollo, rispondiamo con le parole di Guy Debord: «Il futuro spetta a chi, pur senza amarlo, saprà creare disordine, poiché è da esso che sorgerà un ordine nuovo».