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E' tempo di tornare alla terra

di Luca Bernardini - 20/02/2009

 
 
 
In uno degli Stati Usa a maggior vocazione agricola, l’Iowa, nel 1952 i contadini erano 203 000, nel 2002 sono crollati a 90 000 a fronte di una popolazione stabile. Questo fenomeno rispecchia l’idea di efficienza professata dal Dipartimento Agricoltura, il cui credo è meno agricoltori per fattorie più grandi.

Questa concezione di puro stampo industriale porta con sé conseguenze negative di ordine sociale, culturale e ambientale. Innanzitutto poche persone in una fattoria significa meno cura per il suolo.
Poi impoverimento e abbandono delle aree rurali a favore delle città, con conseguente scomparsa delle tradizioni e dei saperi contadini.

Ma qualcosa sta cambiando. Infatti dal censimento del 2007 si è verificato un aumento degli agricoltori: 92 856, un numero così alto non si vedeva dal 1992.
Quattromila nuovi contadini si sono stabiliti nelle campagne dell’Iowa, sono agricoltori con produzioni su piccola scala in fattorie poco estese, non più di 9 acri (3.64 ettari). Le loro colture si discostano da quelle classiche del Midwest, specializzato in soia e cereali.

Molti di questi contadini non vendono i loro prodotti a multinazionali come Cargill o Archer Daniels Midland, ma hanno propri mercati locali. Un altro dato interessante è che mentre l’età media degli impiegati nel settore agricolo si attesta sui 56 anni, quella dei 4000 nuovi contadini è molto più bassa.

In Iowa una nuova generazione di giovani agricoltori si sta sviluppando in netto contrasto con il modello che fino a oggi ha fatto scuola: niente monocoltura ma diversificazione, niente metodi intensivi ma più cura per il suolo, niente multinazionali ma mercato locale.