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Basta alla cementificazione e al dissesto idrogeologico del territorio

di Maurizio Gasparello - 20/03/2009

 

Negli ultimi 25 anni il consumo di terreno nel Comune di Settimo Torinese ha raggiunto livelli decisamente allarmanti. Dagli anni ’90 del secolo scorso in poi, alluvioni ed allagamenti periodici hanno interessato cospicui territori del nostro comune, provocando danni per milioni di euro e forti disagi alle popolazioni e alle attività economiche colpite da tali calamità (purtroppo non naturali, in quanto la cementificazione selvaggia impedisce il regolare drenaggio delle acque piovane) .
Tale situazione, tra l’altro, ci permette di toccare con mano il deterioramento del modello di sviluppo basato sulla crescita infinita, per il quale lo sfruttamento del suolo attraverso la cementificazione è un aspetto imprescindibile. La cementificazione, infatti:
· provoca l’insediamento di nuovi residenti e nuove attività in nuovi spazi che innescano a loro volta nuove domande di infrastrutture e servizi e così via all’infinito, con effetti alla lunga devastanti;
· gli oneri di urbanizzazione coprono i costi infrastrutturali iniziali, ma non le successive manutenzioni, per cui la cementificazione selvaggia è un’operazione in perdita per le generazioni future non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello economico: il capolinea del continuo consumo del territorio sarà un’implosione del sistema, come sempre accade per tutti i fenomeni di crescita incontrollata;
· comporta la sottrazione di suolo all’agricoltura (impedendo ai terreni cementificati di produrre nel tempo vera ricchezza a vantaggio della speculazione immobiliare e finanziaria a breve termine);
· distrugge le piante, che catturano anidride carbonica;
· determina il riscaldamento del microclima delle aree soggette ad intensa urbanizzazione e, a livello globale, contribuisce al riscaldamento del clima dell’intero pianeta;
· crea problemi crescenti al rifornimento delle falde idriche;
· non arreca più alcun beneficio né sull’occupazione né sulla qualità della vita dei cittadini (anzi, danneggia gli insediamenti civili e le attività economiche esistenti a causa dei connessi dissesti idrogeologici).
LA MONETIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Dal punto di vista dell’amministrazione comunale, la necessità di “fare cassa” con gli oneri di urbanizzazione si salda perfettamente con gli interessi finanziari e speculativi dei cementificatori di professione. Tale commistione affaristica produce l’utilizzo di un patrimonio collettivo ed esauribile come il suolo per finanziare la spesa pubblica da un lato e, nel contempo, massimizzare i profitti privati dall’altro, nel più totale senso di irresponsabilità nei confronti delle generazioni future. Non abbiamo mai pensato che la proprietà sia un furto, ma l’utilizzo sconsiderato del territorio costituisce certamente un atto di appropriazione indebita di un bene pubblico come il suolo che, in quanto elemento costitutivo di un ecosistema collettivo, non può essere lasciato nella sfera di piena disponibilità della proprietà privata per il suo sfruttamento economico. A tale proposito, ricordiamo che anche l'art. 42 della Costituzione sancisce il principio di funzione sociale del diritto di proprietà. La "funzione sociale" della proprietà è la formula con la quale la nostra carta costituzionale ha introdotto la necessità di ricercare un nuovo equilibrio tra gli interessi del singolo e bisogni della collettività: tale principio viene completamente disatteso dalle amministrazioni comunali che, come a Settimo Torinese, consentono ed incentivano la cementificazione del territorio, utilizzandolo come “moneta corrente” per rimpolpare i bilanci comunali dissanguati da una spesa pubblica sconsiderata. Il suolo di una comunità è una risorsa insostituibile e come tale deve essere tutelata, e non sfruttata, da parte dei pubblici amministratori.
Concludiamo il presente paragrafo ricordando che il dovere di tutelare l’ambiente come bene pubblico è un tema certamente in grado di mettere d’accordo laici e cattolici, essendo stato richiamato con forza anche da Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace 2008: “dobbiamo avere cura dell’ambiente: esso è stato affidato all’uomo perché lo custodisca e lo coltivi con libertà responsabile, avendo come criterio orientatore il bene di tutti”.
A CHE PUNTO E’ IL DISSESTO IDROGEOLOGICO DI SETTIMO TORINESE?
Potrà sembrare paradossale ma, per quantificare il dissesto idrogeologico del nostro territorio, dobbiamo ringraziare il partito (vecchio) dell’attuale Sindaco di Settimo Torinese, Aldo Corgiat. Alla locale Festa dell’Unità del 2005, infatti, l’allora partito dei DS divulgò uno studio dell’IRES Piemonte, nel quale emergeva che, tra il confronto fra l’Impronta Ecologica di Settimo (ossia quanta terra consumiamo e quanto la natura può supportare sul lungo termine i nostri consumi ed i nostri rifiuti) e la Capacità Biologica del Territorio (parametro energetico che misura la capacità degli ecosistemi di assorbire calore e di trasformarlo in materia biologica), per ogni Cittadino settimese c’è un deficit ecologico pro capite pari a 4,3 ettari.
LE “CONTROMISURE” DELL’AMMINISTRAZIONE CORGIAT
Forte di questa consapevolezza, la Giunta Corgiat ha deciso di costruire nel nostro territorio, tra le altre cose, un inceneritore e di concedere il trasferimento dello Stabilimento Pirelli di via Torino a fianco di quello di via Brescia, operazione quest’ultima che comporta la cementificazione di terreni precedentemente agricoli.
 
Per ogni Cittadino settimese c’è un deficit ecologico pari a 4,3 ettari

Per l’inceneritore abbiamo preparato un capitolo a parte. Per quanto riguarda il trasferimento dello stabilimento Pirelli in via Brescia, cosa buona dal punto di vista produttivo ed occupazionale, l’operazione sarebbe stata ecologicamente accettabile se si fosse provveduto a decementificare l’area del vecchio stabilimento di via Torino, quale misura compensativa dal punto di vista del consumo di territorio. Su questa area, invece, è prevista la costruzione di una cittadella denominata “Laguna Verde”, sulla quale si insedieranno tra gli 8 e i 10 mila nuovi abitanti. L’operazione coinvolgerà anche numerosi terreni agricoli circostanti l’attuale stabilimento Pirelli di via Torino, nonché due impianti sportivi ed un parcheggio che ai Cittadini settimesi sono costati fior di quattrini.
 
L’area d’intervento della “Laguna Verde” – Fonte:
http://www.laguna-verde.net/

La “Laguna Verde”, presentata come “la città del terzo millennio” o “la città del futuro”, sarà finanziata da alcuni dei colossi dell'economia del Paese: Pirelli Tyre, Edison, Aree Urbane (Pirelli), Ipi, Intesa San Paolo, Sefas e Global Locafit, che metteranno insieme capitali per circa 1,3 miliardi di euro, e diventerà quella che viene anche definita come la nuova Settimo: 815.000 metri quadrati sui quali affioreranno 6 isole pubbliche e 22 isole private. Le isole pubbliche accoglieranno un museo (12mila mq), un palazzetto dello sport (15mila mq), una piscina (12mila mq), una scuola (25mila mq) ed un polo di ricerca scientifica del Politecnico di Torino (60mila mq). Un’intera isola sarà quindi destinata alle funzioni di ricerca e alta formazione che diventa, per dimensione dello spazio disponibile, la seconda funzione nell’ambito del progetto, seconda solo a quella residenziale (50% dell’area). Il progetto di fattibilità e di realizzazione dell’attività di Ricerca è affidato al Politecnico di Torino. Delle 22 isole private 16 saranno a destinazione residenziale (325mila mq), mentre le restanti ospiteranno ulteriori centri di ricerca (110mila mq), un hotel ed attività commerciali (123mila mq). Laguna Verde sarà caratterizzata da torri di altezza compresa tra i 77 e i 143 metri. L’edificio più alto sarà una torre che, ubicata al centro dell’area, raggiungerà l’altezza di 215 metri. “Abbiamo pensato di realizzare una torre di 215 metri – spiega l’autore del progetto – perché è esattamente l’altezza di Settimo Torinese sul livello del mare. I 215 metri si ottengono sommando i circa 190 metri effettivi della struttura ai 25 di sopraelevazione del terreno. L’impressione che darà è di un libro sfogliato, con due bracci puntati direttamente sul centro di Milano e sulla città di Ginevra”. Delirio architettonico allo stato puro. Lodevole, all’apparenza, l’idea di rendere l’insediamento autosufficiente dal punto di vista energetico, anche grazie a un non meglio precisato “innovativo” sistema di smaltimento e valorizzazione energetica dei rifiuti, per il quale ogni abitante si trasformerà in un piccolo motore dell’economia energetica urbana. Non male per una città che si appresta ad ospitare il secondo inceneritore della provincia di Torino.
E’ del tutto evidente che un simile progetto tecnologico merita il massimo rispetto per l’altissimo livello delle professionalità profuse, soprattutto per quanto riguarda l’obiettivo di creare un insediamento autosufficiente dal punto di vista energetico. Tuttavia un progetto come questo non può essere valutato in quanto tale, come se fosse un esercizio ingegneristico fine a se stesso, ma deve essere inserito nel contesto nel quale va a collocarsi per verificarne l’impatto complessivo sul territorio. Da questo punto di vista le problematiche che emergono sono le seguenti:
· grave peggioramento del deficit ecologico pro capite a causa dell’elevato grado di cementificazione previsto e per l’aumento del numero di abitanti su un’area ristretta in relazione al forte sviluppo verticale delle imponenti cubature progettate;
· a quanto pare, l’intervento non interesserà solo l’area dello stabilimento Pirelli, ma coinvolgerà anche i terreni agricoli superstiti circostanti, con ulteriore peggioramento del predetto deficit ecologico;
· aumento della richiesta di consumi per acqua potabile e di smaltimento fognario, aspetti sulla sostenibilità dei quali non è dato sapere;
· aumento della mobilità urbana e dell’inquinamento a questa correlato (sono previsti parcheggi per 13.300 posti auto - 5.000 pubblici e 8.300 privati – e che la cittadella sarà in grado di accogliere fino a 25-30mila persone al giorno); inoltre la “Laguna verde” si colloca in mezzo tra Torino e Settimo, per cui gli abitanti della “vecchia Settimo” si troveranno a dover superare un bel “tappo” nei collegamenti da e verso il capoluogo (cosa che, vista la già alta congestione del traffico nelle ore di punta e non solo, non li renderà sicuramente felici);
· con riferimento al punto precedente, qualcuno sta favoleggiando sul fatto che la ferrovia Torino-Milano, che attualmente costeggia l’area interessata a nord, verrà interrata di 15-30 metri (in una zona ricchissima di falde acquifere, che creeranno problemi di progettazione e realizzazione enormi ) e sarà costruita una stazione ferroviaria ad hoc, trasformandola di fatto la linea storica in una sorta di metropolitana, in virtù del dal fatto che i treni interregionali ed i merci potrebbero essere spostati sulla già esistente linea ad Alta Velocità: trattasi di una balla colossale che ha il solo scopo di fare pubblicità in un colpo solo sia al TAV che alla Laguna verde, opere dalle quali la stragrande maggioranza della popolazione non riceve e non riceverà alcun beneficio, ma che sono fortemente volute dalle oligarchie politiche, economiche e finanziarie che manipolano i territori (e cercano di manipolare le coscienze della gente) a loro piacimento;
· che i costi di tutte le infrastrutture necessarie a corollario della “Laguna verde” saranno a carico della collettività, ma nessuno si azzarda a fare il conto della spesa, sia dal punto di vista economico che ambientale: si fa in fretta a dire “facciamo qui, facciamo là”, quando a pagare sono le tasche dei “Pantaloni” dei contribuenti;
· che, nel complesso, l’ecosostenibilità di un insediamento urbano calcolata solo dal punto di vista energetico è un inganno intellettuale, finalizzato ad una politica di marketing a sostegno dell’insediamento stesso;
· che, anche dal punto di vista del risparmio energetico, il progetto “Laguna verde” è essenzialmente un’operazione mediatica finalizzata a creare una legittimazione ecologica che oggi fa molto tendenza: dal sito
http://eccolagunaverde.wordpress.com apprendiamo infatti che “rispetto a una casa tipo italiana, che mediamente consuma 220 kWh/mq annuo, (…) l’obiettivo è far nascere edifici che non superano i 50 kWh/mq annuo”. Peccato che, da una fonte seria come quella della Agenzia CasaClima, risulti che lo standard delle case esistenti sia in realtà tra i 90 e 120 kWh/mq annuo, e che 50 kWh/mq corrispondono solamente alla “classe B” delle categoria CasaClima, ossia allo standard minimo per rientrare in tale classificazione, a testimonianza del fatto che torri e grattacieli non sono sicuramente quanto di meglio si possa fare in materia di risparmio energetico al punto che, sul fatto dell’ipotizzata autosufficienza energetica della “Laguna Verde”, potrebbe anche sorgere qualche dubbio, visto che si tratta di una caratteristica che normalmente spetta agli edifici che rientrano nella categoria “CasaClima Oro”, ossia che richiedono meno 10 KiloWattora per metro quadro l’anno: la “classe B” è normalmente quella a cui possono ambire gli edifici vecchi sottoposti a riqualificazione energetica, mentre quelli nuovi, a voler fare le cose per bene, devono essere almeno in “classe A”;
· nella presunta ipotesi di autosufficienza energetica della “Laguna verde” non sono calcolati, tra i costi, quelli di costruzione e quelli correlati alla enorme quantità di mobilità pubblica e privata che tale insediamento andrà inevitabilmente ad innescare;
· da nessuna parte abbiamo trovato qualcosa sulla Valutazione Ambientale Strategica (VAS), prevista dalla Direttiva 2001/42/CE (detta Direttiva VAS), entrata in vigore il 21 luglio 2001, recepita a livello nazionale con la parte seconda del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 entrata in vigore il 31 luglio 2007, modificata e integrata dal D.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 entrato in vigore il 13/02/2008;
· ultimo ma non ultimo, con l’aumento dell’offerta immobiliare prodotta dal nuovo insediamento, i valori del patrimonio edilizio già esistente sul territorio subiranno inevitabilmente un calo, in relazione alla nota legge della domanda e dell’offerta.
Ma la parte più sconvolgente l’apprendiamo dal sito
http://www.urbanfile.it/index.asp?ID=3&SID=540: “tenendo contro che la proprietà dei terreni è divisa fra il comune di Settimo e cinque soggetti privati come Pirelli tyre e Pirelli Real Estate e Intesa San Paolo, che si potrebbero unire in un singolo consorzio. L’idea del sindaco di Settimo, Aldo Corgiat, è di «creare un fondo misto, pubblico-privato» per il finanziamento delle opere. Un investimento in teoria assolutamente redditizio: si calcola che a breve i terreni varranno 100 volte tanto il valore attuale. Realisticamente il comune di Settimo potrebbe portarsi a casa fra i 60 e i 90 milioni di euro. «Il nostro obiettivo non è però fare cassa - precisa il sindaco Corgiat -, ma reinvestire in opere di funzione pubblica»”.  Non ci sono parole per commentare una speculazione edilizia così terrificante, per quanto incartata con carta lucida, fiocchi e controfiocchi! E’ del tutto evidente che la brillantezza con la quale tale operazione è stata giustificata dal sindaco Corgiat, ossia dalla immancabile necessità di salvaguardare posti di lavoro con il trasferimento del nuovo stabilimento Pirelli in via Brescia, (ma di garanzie per il futuro, dal punto di vista occupazionale, visti i chiari di luna non ce ne sono per nessuno comunque), ha un vago sapore ricattatorio per legittimare una speculazione cementizia venduta con la beffa dell’ “ecologicamente sostenibile”. E su un piano decisamente obliquo e scivoloso si innestano le dichiarazioni del direttore del personale della Pirelli, Fabrizio Rutschmann (fonte: “La Nuova Voce” del 4 marzo 2009, pag. 5): “Ma se qualcuno pensa che questa sia un’operazione fatta per speculare sul settore immobiliare, si sbaglia. E’ un investimento industriale, e deve stare in piedi. Faremo tutto il possibile per trovare l’equilibrio, per dare garanzie. Però, io vi chiedo: qual è l’alternativa? Qual è l’alternativa? Ve lo dico con sincerità: io tifo affinché questo progetto vada in porto”. Excusatio non petita, accusatio manifesta: chissà perché poi, una volta, gli stabilimenti stavano in piedi da soli, senza tanti equilibrismi: sarà un segnale della generale decadenza delle sedicenti classi dirigenti italiane?
 
Questo è il paesaggio da incubo della “città del futuro” a Settimo Torinese: un ecomostro imbellettato di buone intenzioni pseudoambientaliste – Disegno tratto da:
http://www.urbanfile.it
E’ ovvio che i privati sono liberi di provare a farsi i loro affari come meglio credono e di utilizzare le tecniche di imbonimento mediatico che ritengono più funzionali a questo scopo , ma che l’amministrazione comunale si presti a fare da sponda a questi interessi passando sopra la testa dei Cittadini è semplicemente scandaloso, soprattutto quando si è stati eletti su un programma che prevedeva esattamente l’opposto. Nel programma del Sindaco Corgiat del 2004 erano infatti presenti le seguenti “perle”:
· promuovere lo sviluppo di una realtà locale è più semplice, perché non occorre più una quantità enorme di  risorse non rinnovabili (terra, infrastrutture, acqua, ambiente, ecc.) da mettere a disposizione;
· Per restare invece nello spazio dell’innovazione occorre guardare al territorio sotto il duplice aspetto della risorsa ambientale (scarsa – nel caso di Settimo scarsissima) e della risorsa funzionale. (…) Già si è detto della necessità di pensare allo sviluppo più come promozione di relazioni e di idee che come localizzazione di cose (oggetti territoriali). E ciò sia a causa della scarsità della risorsa territorio che caratterizza la nostra città, sia in considerazione del minor nesso esistente tra occupazione di territorio e sviluppo;
· (Ecosostenibilità) Assumere questo approccio in ambito locale significa misurare gli effetti ambientali di ciascuna azione e gestire un bilancio ambientale che nel suo complesso deve risultare positivo. Un’azione negativa è ecosostenibile nella misura in cui genera in modo più che proporzionale altre azioni di segno opposto (positive).
Di riferimenti ad un insediamento immobiliare impattante come quello della “Laguna verde” nemmeno una parola (come del resto nemmeno una ne era stata scritta sulla costruzione dell’inceneritore a Settimo Torinese…). La coscienza ecologica dell’ambientalismo del “FARE” del PD funziona come un effetto “Nimby” all’incontrario: tutelare l’ambiente va bene, ma non nel mio giardino (dove invece domina la logica degli affari).
Illuminante, per valutare che cosa sia veramente la “Laguna Verde”, la riflessione di Paolo Cacciari secondo la quale “ragionando per assurdo, anche un carro armato Leopard può ottenere un certificato standard di eco-compatibilità (basta installare una marmitta catalitica, usare vernici atossiche, cuscinetti fonoassorbenti...)”. Con questa consapevolezza, il progetto “Laguna Verde” viene fuori esattamente per quello che è: un ecomostro imbellettato di buone intenzioni pseudoambientaliste. E, come tutti sanno, di buone intenzioni sono lastricate che strade che portano diritti all’inferno.
Ad ulteriore conferma della sostanziale indifferenza per l’essere umano che pervade progetti come questo la constatazione che, a fronte di un insediamento abitativo per 8/10 mila abitanti, non una parola viene fatta per i bambini. Facciamo francamente fatica ad immaginare una madre che, dall’ultimo piano di una torre di 215 metri, chiama dalla finestra il figlio che gioca in cortile per dirgli che la merenda è pronta. A meno che la “Laguna verde” non sia un villaggio per “single”: e meno male che, nel suo programma del 2004, il Sindaco Corgiat proclamava: “I principi a cui ci ispiriamo sono dunque quelli della solidarietà, della difesa dei diritti della persona, del sostegno alla famiglia, dello sviluppo ecocompatibile, della cultura del lavoro e dell’impresa, della democrazia, della pace. Siamo viceversa contro le idee di sopraffazione, di individualismo sfrenato, di razzismo, di sfruttamento delle persone e dell’ambiente”.
CENTRI COMMERCIALI: LA CEMENTIFICAZIONE DEL “PAESE DEI BALOCCHI”
«Si chiamerà Settimo cielo retail park, misurerà 91 mila mq e sarà il centro commerciale più grande del nord Italia.
(…) L’area interessata è la zona fra l’ex G.F.T (che sarà spostata nell’area PIS della Cebrosa) e l’autostrada Torino Aosta, con una superficie di 91 mila metri quadrati. I lavori sono già iniziati, l’apertura è prevista a partire dalla primavera del 2010, l’intero centro sarà operativo entro il 2012 e si rivolgerà ad un bacino d’utenza di 1.100.000 abitanti. La zona è facilmente accessibile, in un’area compresa tra le autostrada Torino-Aosta e Torino-Milano, e disporrà di oltre 4.800 posti auto.
L’investimento previsto è di 250 milioni di euro di cui 20 mila solo in infrastrutture, con la creazione di almeno un migliaio di posti di lavoro. Saranno realizzati 5 blocchi di edifici indipendenti dove troveranno posto più di 70 aziende dei più vari settori merceologici. Ciascuna struttura è facilmente raggiungibile da ogni punto del parco, grazie ad un efficiente sistema di collegamenti pedonali. Ogni blocco di edifici sarà dedicato a specifiche merceologie e saranno inoltre previsti spazi per la ristorazione, l’intrattenimento e l’offerta di servizi.
Il sindaco di Settimo Torinese, Aldo Corgiat, ha precisato che “Settimo Cielo non nasce con l’intento di distruggere il tessuto commerciale locale, anzi, dovrà essere visto come un punto di riferimento, che vuol concorrere con altri centri commerciali presenti sul territorio torinese “per favorire la riduzione dei prezzi al consumo e migliorare la qualità e la completezza dell’offerta ai cittadini”». (Fonte:
http://aldocorgiat.com/2008/12/09/a-settimo-torinese-il-centro-commerciale-piu-grande/).
Occorre dire che, almeno su questo, il sindaco è stato coerente con il suo precedente programma, nel quale scriveva: “Se è indubbiamente vero che “fare la spesa” continua ad essere un bisogno essenziale (una funzione di sopravvivenza), è altrettanto certo che è anche uno dei principali “passatempo” delle persone. Pertanto se vogliamo parlare di sviluppo occorre fare riferimento più agli aspetti ludici dello shopping che a quelli di necessità”. Un vero inno al consumismo e all’uso alienato del tempo libero, che suona grottesco in un periodo nel quale molte persone non sanno come far fronte alla “funzione di sopravvivenza”.
Di un altro centro commerciale nessuno sentiva la mancanza: di quelli che già ci sono abbiamo ormai perso il conto. Altro verde che se ne va e altro aumento del traffico privato: no parking – no business, recita infatti uno dei principi fondamentali della progettazione e della gestione dei centri commerciali, per i quali l’aumento della mobilità in automobile è condizione necessaria alla loro esistenza, ossia tutto l’opposto di quanto occorre per un sistema sociale ecologicamente sostenibile. Traffico che, assommato a quello della “Laguna Verde”, renderà i collegamenti tra Settimo e Torino una bolgia infernale (peccato che le targhe alterne e le domeniche ecologiche non siano più di moda, altrimenti ci sarebbe davvero da buttarsi per terra dal ridere, o sono diventate desuete perché bloccare il traffico vuol dire fermare quel poco di economia perversa che ci è rimasta?).
Ma è su tutto il modello di sviluppo fondato sui centri commerciali che occorre fare qualche riflessione:
· il sistema dei centri commerciali è l’esatto contrario della filiera corta, sia dal punto di vista degli spostamenti della clientela che dell’approvvigionamento delle merci. In particolare, sotto questo ultimo aspetto, il regime di mercato fondato sui centri commerciali è intimamente connesso al fenomeno della globalizzazione e della delocalizzazione delle produzioni, nonché della perdita della tracciabilità delle merci. Un magnifico ritratto del lato oscuro di questo modello economico è fornito dai primi due capitoli di “Gomorra” di Robero Saviano. “Questa è la globalizzazione, bellezza!”, che trova il suo sbocco naturale nell’ “aspetto ludico dello shopping” e nei luoghi dove questo si svolge;
· i centri commerciali distruggono più posti di lavoro di quelli che creano, per il semplice fatto che, in funzione della parcellizzazione del lavoro, il fatturato per addetto è per definizione mediamente più alto nella grande distribuzione rispetto a quella medio-piccola;
· la predetta parcellizzazione del lavoro non è comunque responsabile della diminuzione (spesso apparente) dei prezzi al consumo, in quanto i costi energetici, logistici e di manutenzione dei fabbricati e degli impianti dei centri commerciali sono enormi e controbilanciano la minore incidenza della manodopera. La diminuzione dei prezzi è in realtà dovuta:
a) allo sfruttamento delle produzioni con manodopera a basso costo consentito dall’economia della globalizzazione;
b) la grande distribuzione opera ormai, in alcuni settori e nei confronti di molte aziende, in condizioni di “quasi monopsomio” : questo le permette di tenere il laccio al collo della produzione, soprattutto per quanto riguarda le piccole-medio imprese. In pratica è la distribuzione che decide i prezzi facendo ricadere gli sconti sui produttori, che sono così costretti a penalizzare la qualità (da qui la diminuzione apparente dei prezzi: in realtà si paga meno ma si compra peggio). Spesso accade che piccole-medio imprese con un prodotto di qualità vengano tagliate fuori dal mercato a causa di questo sistema di “quasi monopsomio”: oltre ad essere un danno per i consumatori, viene così confermato il fatto che la grande distribuzione distrugge posti di lavoro anziché crearli o, nella migliore delle ipotesi, li delocalizza all’estero nei paesi dove produrre costa meno;
· il trasferimento, con saldo netto negativo, di posti di lavoro dalla distribuzione medio-piccola a quella grande comporta anche un peggioramento qualitativo dal punto di vista professionale: la parcellizzazione crea posti di lavoro dequalificati;
· a perdere il lavoro non sono solo i lavoratori dipendenti, ma anche i piccoli imprenditori (e i piccoli negozi sono quasi sempre a conduzione familiare), per cui diminuiscono i margini di libertà per gli individui e per l’economia: la società ed il mercato si allontanano sempre di più dal modello teorico della concorrenza perfetta per andare verso un regime oligopolistico;
· i lavoratori dipendenti trovano meno operatori sul mercato con i quali confrontarsi per cogliere le offerte di lavoro migliori, per cui anche sotto questo punto di vista diminuisce la libertà delle persone, in quanto si restringe il ventaglio delle opportunità di lavoro disponibili;
· diminuiscono i margini per “mettersi in proprio” con l’apertura di nuove attività, per cui la grande distribuzione distrugge anche i percorsi di mobilità sociale verso l’alto;
· scompare gran parte dell’indotto creato dalla piccola-media impresa: a farne le spese sono innanzi tutto i lavoratori autonomi (si pensi alle micro-imprese artigiane che eseguono lavori di piccola manutenzione) ed i professionisti (primi fra tutti i commercialisti ed i dipendenti dei loro studi).
Il suddetto elenco dei disastri causati dalla proliferazione della grande distribuzione non ha la pretesa di essere esaustivo. Alla base di tutto questo vi è un immane processo di cementificazione del territorio che, come abbiamo visto, è in grado di mutare il paesaggio non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello antropico. Sotto questo aspetto, sia le operazioni di speculazione immobiliare pura, come la “Laguna Verde”, che quelle legate alle attività produttive, come i centri commerciali, hanno una matrice comune: la cementificazione è il “braccio armato” con il quale il grande capitale persegue la colonizzazione del territorio, disseminando distruzione ed impoverimento sia dal punto di vista ambientale che da quello economico-sociale. A sostegno di tale progettualità, che altro non è che un tassello del regime della dittatura dell’economia (tanto caro ai servitori del dio denaro sia di destra che di sinistra), è indispensabile la fattiva collaborazione della politica locale, che deve fornire non solo gli adeguati sostegni dal punto di vista politico-amministrativo ma anche, e soprattutto, dal punto di vista ideologico, al fine di legittimare, con opportune tecniche di persuasione (che spesso travalicano il limite dell’imbonimento da fiera) il fatto che tutto questo deve avvenire per garantire il progresso ed il benessere di tutti. Bisogna ammettere che, sotto questo punto di vista, i più fedeli servitori di questo progetto, ossia il PD ed i “piduini”, sono degli autentici Maestri d’Arte. E meno male che credono di essere di sinistra e di non avere nulla da spartire con quelli che stanno dall’altra parte!
QUANDO NON BASTA LA CRESCITA ZERO: DECEMENTIFICAZIONE DEL TERRITORIO!
Come abbiamo visto, la difesa del territorio dalla cementificazione non è solo un problema di tutela ambientale, ma coinvolge tutti gli assetti economici e sociali di una comunità.
In una situazione di degrado ambientale come quella di Settimo, una politica urbanistica ispirata al principio del risparmio di suolo e alla cosiddetta “crescita zero”, (ossia quella che porta ad indirizzare il comparto edile sulla ricostruzione e ristrutturazione energetica del patrimonio edilizio esistente) non è sufficiente: occorre andare oltre ed avviare un progetto di decementificazione del territorio.
A tale scopo è necessario predisporre le seguenti misure, volte anche a quantificare i costi indotti dalla cementificazione che incombono sulla collettività:
· procedere all’esproprio per pubblica utilità delle ex aree industriali, per restituirle interamente al verde pubblico o, meglio ancora, all’agricoltura, ponendo così fine alla continua espansione del fronte della colonizzazione urbana. Qualora i terreni in questione, e solo in questa ipotesi, non fossero idonei alla coltivazione di prodotti destinati all’alimentazione, si provvederà a destinarli alla generazione di energie rinnovabili, con priorità per quelle ricavabili dalle biomasse.  In questo modo è anche possibile contrastare a livello locale le iniziative degli imprenditori dell’ “economia canaglia” globalizzata, che creano disoccupazione in Patria per sfruttare manodopera a basso costo all’estero: quando le amministrazioni locali dispensano concessioni edilizie sulle ex aree industriali diventano complici di questo tipo di operazioni perché, a quel punto, il business del denaro che si sposta per fare denaro semplicemente raddoppia;
· obbligo, in occasione degli interventi di manutenzione, di convertire le superfici delle aree destinate a parcheggio verso coperture che consentano il drenaggio delle acque piovane nel terreno (autobloccante, cubetti di porfido, ecc.); dove possibile, occorrerà procedere in tal senso anche sulle strade comunali;
· divieto assoluto di concessioni edilizie per opere che comportino l’utilizzo di terreno che non sia già stato oggetto di cementificazione (in altre parole: è possibile costruire solo dove si è già costruito); gli aumenti di cubatura rispetto agli edifici preesistenti non potranno superare il 20% e, in ogni caso, non si potranno effettuare nuove costruzioni o ristrutturazioni che comportino elevazioni oltre i cinque piani fuori terra; gli edifici sottoposti a ristrutturazione parziale dovranno essere almeno conformi alla classe B di efficienza energetica, mentre le ristrutturazioni totali dovranno avere come standard minimo la classe A. Gli standard minimi devono essere considerati un vincolo e non premianti per sconti sugli oneri di urbanizzazione o altro: il risparmio energetico è un obbligo e non un concorso a premi;
· obbligo, da parte dell’amministrazione comunale, di redigere una statistica annuale sul consumo di suolo;
· obbligo, da parte dell’amministrazione comunale, di redigere un bilancio preventivo pluriennale dei costi di manutenzione delle opere di urbanizzazione e degli edifici di proprietà del comune.

Bibliografia:
· Su internet si trovano numerosi siti che declamano le meraviglie della “Laguna Verde”, per cui con qualsiasi motore di ricerca è possibile risalire alle fonti di quanto riportato nel presente capitolo
· Manifesto “Stop al consumo del territorio” -
http://www.stopalconsumoditerritorio.it/
· Un programma politico per la decrescita; a cura di Maurizio Pallante, prefazione di Beppe Grillo – Editori Riuniti - Collana: Movimento per la decrescita felice
· Messaggio CEI “Una nuova sobrietà, per abitare la Terra”, IIIa Giornata per la salvaguardia del creato – 1° settembre 2008 -
http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new/bd_edit_doc.edit_documento?p_id=13489 oppure http://www.europadeipopoli.org/Documenti/messaggio_cei.pdf
· Per la citazione di Paolo Cacciari: “http://www.notav.eu/article3928.html”
· Marco Cedolin: GRANDI OPERE, Le infrastrutture dell’Assurdo - Arianna Editrice
· Paolo Pilieri: COMPENSAZIONE ECOLOGICA PREVENTIVA – Carocci editore

in www.europadeipopoli.org