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Ansia, paura e nevrosi: ammalati di recessione

di Elena Polidori - 20/03/2009


Neurocrisi. Uomini e donne sull´orlo di una crisi di nervi, vittime della paura da recessione che non solo paralizza i consumi, frena gli investimenti ma adesso investe la psiche e influenza i comportamenti. Allarme globale degli psicoanalisti di fronte alle ansie da licenziamenti, sobbalzi di Borsa, crolli del Pil, profezie dei «guru», crac e salvataggi dei governi.
Negli States, epicentro delle turbolenze, si chiama «money disorder» il malessere della crisi, collasso emotivo da denaro che sfugge, si volatilizza, portandosi appresso i sogni dei più deboli. Chi ne è colpito soffre di mal di testa, nausea, insonnia, depressione. Talvolta si tuffa nel cibo. Oppure annega l´ansia nell´alcool. Comunque, si fa del male. L´associazione psicologi americani, in un sondaggio, scopre che il denaro e la salute economica sono al top delle fonti di stress per l´80% dei cittadini Usa. Per difendersi, raccomanda di non rintanarsi in casa, imparare qualcosa di nuovo e non farsi prendere dal panico.
In Italia, l´ordine degli psicologi lombardi, su iniziativa del presidente Enrico Molinari, docente alla Cattolica, ha attivato una linea telefonica speciale per lenire il «disagio da crisi». «E´ rivolto a chi già ne soffre, ma anche a chi ha paura della paura», spiega. «E´ uno studio virtuale». E insieme «un presidio» voluto per curare i contraccolpi interiori della grande tempesta economico-finanziaria che tanto agita gli animi di tutti. E a maggior ragione di chi (per superbia, avidità, furbizia, stoltezza,) si è lanciato sull´arena dei mercati e ora soffre per una débacle azionaria che procede a strattoni, ma dura da mesi. Oppure di chi, un brutto giorno, si scopre in mezzo a una strada o a riposo forzato, senza più riferimenti, dunque «spaesato». «E allora, conviene fermarsi a riflettere», consiglia Enrico Maria Cervellati, professore di finanza comportamentale a Bologna. Senza questa «pausa» salutare, c´è il pericolo di incappare in un «morbo» che spinge chi ne è afflitto a rischiare di più, nell´illusione di recuperare ciò che ha già perso. Un po´ come avviene al Casinò.
Quando questo accade, secondo Matteo Motterlini, professore di economia cognitiva e neuroeconomia all´Università San Raffaele, «si attivano aree del cervello deputate a intercettare emozioni negative». E sono sofferenze, anche fisiche. Ci si difende soltanto «conoscendo noi stessi e le nostre trappole mentali». Spiega: ansia, paura e panico seguono «processi cerebrali precisi che determinano le nostre decisioni». Nei momenti di crisi, «siamo in balia delle nostre emozioni, ci allontaniamo dall´agire razionale».
Paura di perdere e insieme di «mostrarsi benestante», immune dalla crisi. Cervellati è arrivato alla conclusione che questi soggetti, rari per la verità, «si vergognano» del loro stato; non investono e non consumano come chi non può permetterselo. Nella sua analisi, in tempi di vacche magre, s´attivano per ciascuno dei «conti mentali» automatici. «E´ come se mettessimo in tante piccole scatoline cerebrali, tutte ben separate, i soldi che abbiamo: si spendono solo quelli che ci fanno essere in pace con noi stessi, ciascuno secondo le proprie esigenze».
Le neurocrisi aumentano, via via che la recessione si traduce in licenziamenti, cassa integrazione. Scatta allora la paura di non riuscire più a provvedere alla famiglia, con vere e proprie «crisi d´identità». Molinari ha già notato «sfasamenti nel paterno» che «in genere si realizza attraverso la trasmissione di un ruolo, di un modello, come quello lavorativo». Dunque: «Come giustificarsi con i figli che vanno a scuola quando sei costretto a restare a casa? Ti manca il terreno sotto i piedi». Sobbalzi pericolosi anche per il «materno», pur avendo le donne «un´ancora di salvezza nella funzione primaria che consiste nell´accudire i figli». Non solo: possono «scoppiare» le coppie, che la recessione rende più traballanti. Perfino i media finiscono per «amplificare» le paure, con conseguenti «paralisi comportamentali».
La psicologia della crisi, per forza di cose, è fatta anche di numeri: sulle «percezioni» e sulle «aspettative». Per esempio, da un sondaggio Demos-Coop: gli italiani si sentono più poveri e 4 su 10 riducono i consumi. Oppure, sondaggio Censis-Confcommercio: sotto schiaffo, il 52% delle famiglie fissa proprie «soglie di sicurezza» in denaro. «Don´t panic» consiglia il Censis nel suo osservatorio sulla crisi definita per il momento «a mosaico». Sul versante delle «aspettative», s´intravede per la prima volta un «rallentamento nella velocità di peggioramento» della recessione, annunciato dal governatore Mario Draghi al G8. Questa flebile lucetta in fondo al tunnel è in un «indice» sullo stato d´animo dei manager denominato «Pmi», caro alle autorità monetarie Ue: pur restando sotto quota 50, che in gergo significa recessione, migliora ovunque. Nel caso dell´Italia è ora a 41,1, ma a dicembre era a 40,3, a novembre a 39.5. Sarà confermato? Così, mentre perfino sul sito Fmi arrivano lettere sulla «psicosi» da crisi, l´economia diventa emotiva, la recessione sposta il pendolo delle insicurezze. E, in attesa di tempi migliori, a ciascuno resta il proprio intimo «money disorder».