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Darwin e le origini illuministe del razzismo moderno e della schiavitù americana

di Gianfredo Ruggiero - 18/04/2009

Fonte: Excalibur




La pubblicazione, nel 1859, del celebre libro di Charles Darwin “L’origine delle specie” destò grande interesse negli ambienti accademici illuministi.

Concetti cardine dell’impianto darwiniano come “selezione naturale, sopravvivenza del più adatto” e il termine di “razza favorita” furono infatti accolti con grande entusiasmo tanto dai teorici del razzismo, quanto dai sostenitori del libero mercato e della superiorità della razza bianca i quali trovarono nelle teorie evoluzioniste di Darwin una inaspettata sponda scientifica.

Come rileva G. Mosse nel suo libro “Il razzismo in Europa: dalle origini all’olocausto”, fu grazie alle teorie di Darwin che in Europa, e poi in America, il razzismo riprese vigore e con esso la schiavitù e il neocolonialismo.

L’antropologo illuminista inglese Edward Tyson individua nei neri - e più precisamente nei pigmei - “l’anello mancante” tra la scimmia antropomorfa e l’uomo, collocando i neri al livello più basso dell’ipotetica scala evolutiva, mentre Arthur De Gobineau, teorico francese vissuto nella metà del diciannovesimo secolo e autore del “Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane”, interpreta la storia umana affermando che la purezza della razza determina la capacità di sopravvivenza e di dominio sulle popolazioni inferiori. Concetto poi ripreso dall’ideologo del nazismo Rosemberg e dagli assertori dell’eugenetica.

Altri pensatori illuministi Diderot, D’Alembert e Voltaire avevano rifiutato l’idea che bianchi e neri discendessero da un medesimo progenitore.

Lo stesso Voltaire, padre della democrazia, trovava normale investire i proventi della vendita dei suoi libri nelle compagnie dedite alla tratta dei negri. A conferma di come i principi di libertà, fratellanza ed uguaglianza proclamati dai filosofi illuministi e sanciti nel sangue della Rivoluzione francese riguardassero solo la razza bianca.

Fu grazie alle teorie evoluzioniste che in occidente si sviluppa una nuova variante del razzismo, quello scientifico, che ha portato in America alla segregazione razziale e alla riduzione in schiavitù di 14milioni di neri e ad accettare lo sterminio dei pellirosse.

La schiavitù, si può obiettare, è sempre esistita. E’ vero, ma a differenza di quella dei secoli passati che riguardava i prigionieri di guerra o i debitori - che tuttavia potevano riacquistare la libertà una volta saldato il debito o finita la guerra - la schiavitù moderna, di estrazione illuminista, considera i neri alla stregua di animali domestici, privi di qualsiasi umano diritto e destinati, di conseguenza, a servire l’uomo bianco per tutta la vita.

Il razzismo, se in America si manifestò con la schiavitù e la segregazione razziale (rimasta in vigore in molti Stati americani fino alla metà degli anni sessanta), in Europa ebbe la sua espressione più violenta nella dottrina e nella politica del nazismo, dove l’antiebraismo fu uno dei punti centrali del programma hitleriano basato sulla purezza della razza ariana.

La teoria di Darwin della selezione naturale, sostenendo la prevaricazione della razza più forte rispetto a quella più debole e giustificandola come necessità naturale, aveva dato inoltre origine al “darwinismo sociale”, che permise ai borghesi conservatori di ieri e ai sostenitori del libero mercato di oggi di affermare che le disuguaglianze sociali sono inevitabili necessità naturali.

In definitiva sia Hitler con la superiorità ariana, sia gli americani con la schiavitù e la segregazione razziale non hanno inventato nulla, hanno solo portato alle estreme conseguenze le teorie razziste già presenti in occidente e che nell’evoluzionismo di Darwin hanno trovato nuova linfa, un formidabile sostegno scientifico ed una insperata giustificazione morale.