Che cosa ci fa un filosofo in corsia?
di Daniela Natali - 19/04/2009
«Consulenze» e «dialogo dialettico» per aiutare i pazienti in difficoltà
In un’epoca in cui si moltiplicano le psicoterapie, torna di moda la «consolazione della filosofia».
Non sono psicoterapeuti, anzi non sono nemmeno dei terapeuti, guai a dire che si occupano di 'problem solving', se proprio debbono definirsi, si definiscono 'filosofi consulenti'. Si propongono di riportare la filosofia dal cielo alla terra. Anche se in Italia sono ancora piuttosto pochi, si possono trovare in qualche istituzione e nelle scuole (con sportelli di ascolto), in aziende (per rimotivare i dipendenti, collaborare alla riorganizzazione del lavoro) e anche (si tratta di esperienze pilota) in ospedali e hospice. Ma davvero c'è ancora bisogno della 'consolazione della filosofia'?
«Noi, a differenza degli psicoterapeuti, non cerchiamo di guarire e non lavoriamo sull'inconscio. Su un piano di assoluta parità, senza atteggiarci a professori nè fare citazioni, aiutiamo chi si rivolge a noi a chiarire la sua visione del mondo. Non facciamo appello ai sentimenti ma alla ragione». Chi parla è Neri Pollastri, per anni presidente di 'Phronesis', un nome che dice già tutto: Phronesis, per Aristotele, è l'altra faccia della Sofia, del sapere, è la capacità di mettere in pratica i principi universali «ed è proprio questo che fanno i consulenti filosofici» chiarisce Pollastri. Il Comune di Firenze ci ha creduto e dal 2003 al 2004 è stato aperto uno 'sportello filosofico di quartiere'.«Venivano persone con problemi affettivi e relazionali, lavorativi e di realizzazione di se stessi».
E poi... «Nonostante il successo, l'esperimento è finito in mezzo alle polemiche: c'era chi diceva si sprecasse denaro pubblico, peccato» commenta filosoficamente Pollastri.
Più 'psicologica' la consulenza che si può trovare rivolgendosi a Sicof (Società italiana di counseling filosofico). Spiega il suo presidente, Lodovico Berra (medico psichiatra, convertito alla filosofia): «Siamo convinti che sia utile unire al metodo filosofico, fondato su dialogo e dialettica, un approccio psicologico. Noi diamo peso al fatto che chi chiede di noi, lo fa perché ha bisogno di aiuto, non solo di parlare». E aiuto concreto è quello che dà Lidia Arreghini che lavora con i pazienti neoplastici dell' Istituto San Raffaele di Milano. «È un’esperienza iniziata nel settembre 2007 — racconta —. Come counselor filosofico affianco il medico fin dal momento della diagnosi. Il supporto standard prevede quattro sedute, ma se è necessario si può proseguire con ulteriori colloqui. Ho iniziato con il seguire persone operate alla prostata e, successivamente, anche con altre patologie urologiche. Medici e infermieri mi segnalano però spesso anche altri pazienti ricoverati che hanno bisogno di aiuto e non sono inclusi in questa percorso organizzato ». E perché non rivolgersi a uno psicologo? «A parte il fatto che da noi continuano a lavorare psicologi — chiarisce Vittoria Gnocato, responsabile del progetto di 'Assistenza globale al paziente oncologico' entro cui si inscrive il lavoro di Lidia Arreghini - siamo partiti dalla constatazione di un fatto: su 100 uomini operati alla prostata solo uno si rivolgeva ai nostri psicologi, evidentemente c'era bisogno anche di altro. Il paziente in ospedale vive una situazione di subalternità: rispetto alla struttura, ai medici (per altro impreparati a gestire gli aspetti emotivi della malattia) e può non aver voglia di sentirsi nuovamente valutato, in questo caso per la sua ansia o la sua depressione. Il consulente filosofico è come uno specchio attraverso il quale l'altro può vedere quello che ha in se stesso, ma è anche un 'facilitatore' della comunicazione tra paziente e medico Anche Anna Ficco, legata alla più 'filosofica' Phronesis, lavora in un ospedale: è dipendente dell'Ospedale Le Molinette di Torino. «Dal 2002 alle Molinette è aperto uno 'sportello filosofico' per i dipendenti. Chi si rivolge a me, infermieri e medici, sente il bisogno di trovare nuove motivazioni al proprio lavoro, di un arricchimento interiore, di una riflessione condivisa, ma se ha anche bisogno d'altro io funziono da 'filtro' e posso indirizzarlo al nostro sportello psicologico. Non dimentichiamo però che qui tutti i giorni si ha a che fare con la vita e con la morte e, come diceva Heidegger, che cosa c'è di più 'filosofico' che discutere di questo? La nostra società tende a rimuovere la morte, se la spettacolarizza è per renderla meno reale... ».
«I consulenti filosofici non hanno strutture interpretative rigide della realtà, come i religiosi, gli psichiatri o gli psicologi — conclude Elisabetta Invernici, consulente filosofico di Phronesis — quello che offriamo è la possibilità di dialogare sul modello socratico. Chi viene da noi non esce con risposte ma con più domande, domande che aprono nuove prospettive. Ed è proprio questo il ruolo fecondante della filosofia ».