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Le multinazionali saccheggiano le risorse biologiche africane

di Europa press - 12/03/2006

Fonte: Comedonchisciotte

 

Secondo la denuncia di un’inchiesta congiunta statunitense e sudafricana pubblicata nei giorni scorsi dal giornale londinese “The Indipendent”, decine di multinazionali biotecnologiche e case farmaceutiche occidentali si stanno impossessando illegalmente di risorse biologiche africane per sviluppare nei loro laboratori prodotti molto lucrativi i cui benefici non tornano al paese d’origine, violando con ciò la Convenzione sulla Biodiversità dell’ ONU.
La ricerca rivela che le multinazionali rastrellano tutto il continente africano in cerca di campioni tanto di piante come di batteri, che rielaborano poi nei loro laboratori. Con questi campioni le imprese realizzano prodotti brevettati particolarmente lucrativi, che siano piante per i giardini europei, rimedi naturali contro l’impotenza o anche prodotti che servono per decolorare jeans di marca.

Secondo quanto ha ricordato al giornale londinese un alto membro del Segretariato della Convenzione (con sede in Canada), Arthur Nogueira, la Convenzione Internazionale sulla Biodiversità, approvata nel 1992, stabilisce che gli Stati hanno piena sovranità sulle proprie risorse naturali e difende un utilizzo giusto ed equilibrato dei benefici provenienti dallo sviluppo delle risorse generiche.

In alcuni casi, citati nell’inchiesta, le stesse compagnie hanno confermato che i loro prodotti provengono da risorse naturali africane, giustificandosi affermando che i benefici devono ricadere su chi elabora biotecnologicamente le sostanze e non sui paesi d’origine della materia prima. Per ciò, secondo l’inchiesta, non ci sono tracce del fatto che le imprese abbiano economicamente ricompensato i paesi da cui provengono le materie prime.

“E’ una nuova forma di furto coloniale”, ha dichiarato Beth Burrows, dell’istituto statunitense Edmonds, una delle organizzazioni autrici dell’inchiesta. “Il problema e’ che viviamo in un mondo in cui le imprese sono solite appropiarsi di ciò che vogliono e dove vogliono e ci trasmettono l’idea che lo fanno per il bene dell’umanità” aggiunge.

“E’ una totale mancanza di considerazione e di rispetto verso le risorse africane. Le nostre scoperte sono solo il frutto di un mese di indagini, immagina cosa avremmo scoperto in due anni.”, afferma Mariam Mayet, del Centro Africano di Biodiversità, la organizzazione africana coautrice dello studio.

COMPAGNIE CITATE

Tra le compagnie citate nel rapporto figura la firma britannica SR Pharma, che si impossessò del brevetto di un batterio raccolto in Uganda negli anni settanta, che si utilizza per sviluppare un trattamento contro malattie virali croniche, inclusa l’AIDS. Il direttore di SR Pharma, Melvyn Davies, ha confermato agli autori dell’inchiesta che l’impresa in nessun momento ha offerto il prodotto e neppure compensazioni finanziarie all’Uganda. “Se lei trova una sostanza naturale per la strada, dobbiamo supporre che appartiene al paese in cui l’ha trovata?” dichiara. “La questione non è da dove proviene la materia prima, bensì il lavoro impiegato per svilupparla. L’Uganda deve godere dei benefici delle materie prime se non ha investito nel loro sviluppo?”, aggiunge.

 Un’altra compagnia menzionata nel rapporto è la Bayer, che ha trovato un tipo di batterio nel lago Riuru in Kenia, con cui ha sviluppato un farmaco contro il batterio stesso, brevettato come “Precose” o “ Glucobay”. Il prodotto ha permesso di guadagnare 218 milioni di euro, però il Kenia non ha ricevuto nessuna compensazione. Un portavoce della Bayer, Christina Sehnert, ha confermato che il prodotto deriva da un batterio keniota, però aggiunge che “non e’stato utilizzato l’originale, quello brevettato è il prodotto biotecnologico”.

Anche la californiana Genencor International ha utilizzato dal 1992 microbi provenienti dal Kenia, precisamente dalla Valle del Rift, per sviluppare enzimi che si utilizzano come decoloranti per jeans.

Un altro caso citato dall’inchiesta è quello della compagnia canadese Option Biotech, che ha brevettato sementi provenienti dal Congo, l’“Aframomum stipulatum”, per la crezione del farmaco contro l’impotenza Bioviagra.

Lo studio comprende anche il caso della pianta “Impatiens usambarensis”, raccolta sui monti Usambara in Tanzania e del cui brevetto si è appropriata la svizzera Sygenta per la produzione di una pianta da giardino. Nel 2004 Sygenta ottenne 85 milioni di euro per la sua vendita, però il governo della Tanzania non ha ottenuto nessun beneficio.


Fonte: www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=27018
20.02.06

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VERONICA NATOLI