L'uomo che volle farsi Veltroni
di Lorenzo Borrè - 28/04/2009
L’immagine pubblica del sindaco Alemanno vira sempre di più verso il veltronismo; non poteva dunque mancare, alla vigilia del 25 aprile 2009, un deciso ukase contro i manifesti inneggianti ai combattenti della RSI.
A pochi giorni di distanza dalla sua sentita partecipazione ai funerali di Giano Accame, il Sindaco della capitale ha ordinato l’immediata e radicale rimozione dei manifesti che stavano avvelenando lo spirito della festività resistenziale; sono state rimosse anche alcune centinaia di stampati con la foto di un assembramento di giovanotti, icasticamente immortalati –si fa per dire- con il braccio destro inclinato in alto, di tre quarti.
La nota di colore sta nel fatto che la foto in questione raffigurava il primo Presente per Paolo di Nella, Presente comandato proprio da Gianni Alemanno.
Lasciando da parte ogni valutazione sul portato metaforico della rimozione di quei manifesti, non si può però non constatare che le prime file dello schieramento raffigurato nei manifesti fossero costituite dalla odierna dirigenza del polo aennino del PdL, dirigenza oggi genuinamente antifascista.
Abbandonato il mito incapacitante del fascismo e abiurato ogni precedente modello culturale, oggi l’adesione ai modelli imposti dall’iconografia occidentalista è totale e convinta, così come senza sbavature è l’allineamento al disegno politico berlusconiano.
Un collettivo generazionale è collassato davanti alle stanze del Potere.
Nudi alla meta, culturalmente e politicamente nudi.
Aver ottenuto quel che si desiderava è ben diverso dall'essere diventati ciò che si voleva essere.
Magari si ricordano gli eccidi di Gela del 1943, ma si tace di fronte a quelli di oggi: le vittime civili di Falluja, di Gaza, di Herat hanno anch’esse il torto di essere morte dalla parte sbagliata, e per loro non è il caso di esporsi, di bruciarsi la carriera.
Anche le ultime scorie identitarie sono scomparse nell’abbraccio con i fratelli di Forza Italia e con quelli dell’ex Psi, dell’ex PRI, dell’ex PLI, dell’ex Psdi, della DC.
Non c’era e non c’è dunque più motivo per non professarsi antifascisti e convertirsi a quella religione laica che è diventato il mito resistenziale.
La rivoluzione di questi late comers si è risolta in uno spiccio “levati tu, che mi ci metto io”, privo di qualsiasi progettualità politica di lungo respiro.
Il vuoto culturale dell’operazione non imbarazza affatto. Ormai ci si affida ai curatori di immagine, che ci spiegheranno il mito di Roma attraverso i parchi Disney.
A Roma, ma anche nel resto d'Italia, la socialità potrà realizzarsi nei centri commerciali, negli stadi e nei nuovi casinò del litorale.
L’ambiente sarà tutelato con la costruzione di isole artificiali di fronte al porto di Ostia.
Tutto sarà misurato su parametri economicoimprenditoriali: l'utilitarismo è diventato una categoria della politica. O viceversa..
Il cittadino diventa, definitivamente, l'individuo consumatore, privato di qualsiasi possibilità di autorealizzazione che non sia nel consumo; l'italiano dell'Occidente è ormai sempre più votato ad un edonismo laicista, refrattario a qualsiasi valore umanistico ed ottusamente impermeabile a qualsiasi sapere critico, annichilito da miliardi di gigahertz di trasmissioni televisive demenziali.
Con il supporto di chi ieri auspicava un mondo diverso, migliore, più giusto, meno inquinato.
Si salvi chi può.