Fiumi devastati
di Maria Chiara Bonazzi - 14/03/2006
Fonte: lastampa.it
IL DOSSIER: «SONO IMPOVERITI, INQUINATI, TALORA RIDOTTI A UN RIGAGNOLO DALLA COMBINAZIONE PERVERSA DELLE DIGHE E DELL’EFFETTO SERRA»
L’allarme dell’Onu: «Conseguenze devastanti per l’umanità e il futuro del nostro pianeta»
Hanno solcato la storia dell'umanità depositando il limo del progresso lungo il loro corso. Hanno tenuto gli ecosistemi in equilibrio. Non più: impoveriti, inquinati, talora ridotti a un rigagnolo dalla combinazione perversa delle dighe e dell’effetto serra, cinquecento tra i più grandi fiumi del mondo rischiano di andare irreversibilmente in secca, con conseguenze devastanti per l'umanità, gli animali e il futuro della Terra. L'allarme viene da un imminente dossier triennale delle Nazioni Unite, il World Water Development Report, secondo il quale lo sfruttamento dei grandi corsi d'acqua mette il loro equilibrio talmente sotto pressione da far pronosticare il peggio. Alcuni dei fiumi più importanti del mondo, tra cui il Nilo e il Fiume Giallo, talora non riescono più a sfociare in mare e sono interrotti lungo il percorso da grandi dighe. Di conseguenza, un quinto delle specie di pesci d'acqua dolce si è già estinto. Questa settimana il dossier, anticipato dall'«Independent on Sunday», avvertirà ufficialmente tutti i governi che è già in atto un «allarmante deterioramento» dei grandi fiumi del mondo. Non solo: anche dei laghi e degli altri bacini d'acqua dolce. Al congresso internazionale che si aprirà a Città del Messico giovedì, il documento spiegherà che «abbiamo cambiato enormemente l'ordine naturale dei fiumi in tutto il mondo». E aggiungerà: «L'umanità ha intrapreso un immenso progetto di ingegneria ecologica senza pensare alle conseguenze e al momento senza conoscerle. Abbiamo cercato di imporre un “ordine nuovo” ai sistemi planetari naturali».
L'intervento più visibile sono le 45 mila grandi dighe che trattengono il 15 per cento di tutta l'acqua che un tempo sfociava in mare. Nelle regioni con un clima caldo e secco le dighe sciupano un buon 10 per cento di acqua attraverso l'evaporazione dai bacini idrici artificiali. In tutto, questi ormai coprono l'1 per cento della superficie terrestre. Per Klaus Toepfer, direttore esecutivo del United Nations Environment Programme, che ha parlato con il settimanale britannico, «si tratta di un disastro in atto». Quanto alle dighe, il documento prevede che continuino ad aumentare, ma esorta a non costruirne sui fiumi che ancora ne sono privi. Riferisce l'«Independent on Sunday» che «gli Stati Uniti hanno smantellato 465 dighe negli ultimi anni, per lo più per ragioni ambientali. Ma la settimana scorsa, con un repentino cambiamento di rotta, hanno segnalato che stanno per intraprendere la più massiccia costruzione di dighe degli ultimi decenni, quando l'amministrazione dello Stato di Washington ha passato una legge per permettere al governo federale di costruire una serie di dighe sul fiume Columbia». Ma laddove non sono intervenute le dighe a bloccare i corsi d'acqua, l'effetto serra ha fatto il resto: in Alaska i salmoni dello Yukon muoiono perché l'acqua sta diventando troppo calda e l'autunno scorso il Rio delle Amazzoni è stato colpito dalla più grave siccità mai documentata: il suo livello è sceso di 10 metri e le imbarcazioni sono rimaste arenate.
La fonte del Fiume Giallo si sta prosciugando perché i ghiacciai si vanno riducendo, e in certi periodi dell'anno non raggiunge neppure il mare. Tentare di salvare questo grande corso d'acqua si preannuncia molto impegnativo. Un'intensa siccità sta peggiorando le condizioni già precarie anche di due grandi fiumi statunitensi: il Colorado e il Rio Grande. Quest'ultimo, in particolare, si prosciuga lungo il percorso intorno a El Paso, in Texas, e il suo letto torna a riempirsi soltanto dopo il punto in cui incontra un affluente, il Conchos. Anche il fiume Colorado, attorno al cui delta una volta prosperava una specie di paradiso terrestre con 400 specie di piante e animali, adesso non arriva neppure più al delta. Fred Pearce, che ha pubblicato un libro sulla crisi mondiale dei fiumi, dice: «Le cartine dell'atlante non corrispondono più alla realtà. Le vecchie lezioni di geografia, secondo cui i fiumi sgorgavano dalle montagne, ricevevano acqua dagli affluenti e finalmente sfociavano gonfi negli oceani sono ora una finzione». E l'inquinamento ha fatto il resto. Basti guardare il Giordano, considerato un fiume in crisi, la cui valle in tempi biclici era attraversata da un miliardo di metri cubici di acqua, e oggi da meno di un decimo di quel volume. Anche l'Indo in Pakistan ha perduto il 90 per cento dell'acqua negli ultimi sessant'anni. Il brutto è che, con il riscaldamento globale, le cose non possono che peggiorare. I delta prosciugati rischiano di diventare uno dei problemi più comuni del futuro.