L'improvvisa morte di Milosevic ha lasciato i giudici dell'Aja di stucco. Ovviamente anche da morto, Milosevic non è sfuggito al rituale di degradazione, cui era stato sottoposto da vivo. La stragrande maggioranza dei giornali mondiali (in particolare americani ed europei) ha continuato a usare verso "Slobo" lo stesso tono impietoso che di solito si impiega per informare i lettori della morte in carcere di un pericoloso pedofilo, stupratore, serial killer: un rifiuto dell'umanità.
Ora, qui, non si vuole assolutamente negare le responsabilità politiche di Milosevic. Né ricostruirne la biografia o le tragedie giudiziarie. Per questi aspetti si veda l' articolo, molto equilibrato, di Tommaso di Francesco e Danilo Zolo, apparso sul "Manifesto" (domenica 12 marzo, p. 7 - www.ilmanifesto.it). Ma più semplicemente soffermarsi su un punto particolare: la dichiarazione del procuratore del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia Carla del Ponte riportata dal "Corriere della Sera" in un servizio sulla morte di Milosevic, firmato da Elisabetta Rosaspina (lunedì 13 marzo, p. 15 (www.corriere.it). Una dichiarazione, questa sì, che veramente lascia di stucco, chiunque creda nel diritto e nella giustizia,
Ecco quel che ha dichiarato la del Ponte: "No, non credo che abbiamo sbagliato a riunire le imputazioni in un unico processo, anche se molto più lungo e complicato di un procedimento diviso in tre tronconi per Croazia, Bosnia, Kosovo. Volevamo ricostruire la verità storica di un unico conflitto. No, tornassi indietro, non farei nulla di diverso".
Quel che, oltre alla protervia, suona, in modo particolarmente sinistro è il fatto che un giudice dichiari di voler "ricostruire la verità storica". Una visione a dir poco aberrante, che dal punto di vista della procedura e del diritto penale moderni non ha alcun fondamento. Il giudice infatti deve applicare la legge esistente, e non conformarla, di volta volta, alla verità storica del momento. Il diritto concerne i principi, la storia i fatti . La verità da "ricostruire", al massimo, può essere processuale, interna al giudizio e accertabile giuridicamente, ma mai storica: la verità processuale concerne un "diritto" offeso; la verità storica riguarda invece un "fatto": la relazione politica (accertabile, e giustificabile, solo politicamente e non giuridicamente), tra vinti (i giudicati) e i vincitori (i giudici). Il giudice può temperare il suo giudizio, nel caso singolo, ricorrendo al principio di equità, che tuttavia non può mai essere contrario ai moderni principi del diritto e della procedura penale, i quali escludono l'accertamento di qualsiasi forma diverità extragiuridica. Infine, la verità storica invocata dalla del Ponte, rappresenta giuridicamente un passo indietro: il ritorno a una specie di medievale "giudizio di Dio", che vede però la Storia sostituirsi a Dio.
Si potrà dire: anche il diritto penale moderno, ha origine da precisi fatti (storici): le rivoluzioni borghesi. Certo, ma la rivoluzione del 1789 (per citarne una) come portata storica (dal punto di vista dello sviluppo giuridico moderno), può essere messa sullo stesso piano della guerra tra la Stati Uniti e Nato da una parte e la piccola Serbia dall'altra? Che invece ricorda da vicino una guerra coloniale per eliminare un "ras"o un sultano sgradito...
Milosevic, "il macellaio dei Balcani" è morto. Ed è probabile che politicamente lo fosse sul serio. Ma come definire certi giudici, se non macellai dei diritto?