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Rifiuti tossici: un briciolo di giustizia per l’Africa?

di Andrea Bertaglio - 22/05/2009

Nel 2006 la Probo-Koala, nave del’azienda petrolifera britannica Trafigura, scaricò ad Abidjan, la capitale della Costa d´Avorio, tonnellate di rifiuti tossici. Tali sostanze hanno provocato la morte di 16 persone e centinaia di migliaia di contaminazioni. 31mila abitanti della Costa d’Avorio chiedono ora risarcimento al colosso petrolchimico dei danni subiti a causa del terribile disastro. Si spera in un piccolo successo, in una pillola di soddisfazione per i cittadini ivoriani.



 

rifiuti tossici
Nel 2006 la Probo-Koala, nave del’azienda petrolifera britannica Trafigura, scaricò ad Abidjan, la capitale della Costa d´Avorio, tonnellate di rifiuti tossici
Un altro scandalo è stato di recente rivelato da grandi organi di informazione globale. Questa volta è toccato al quotidiano “The Guardian” ed alla BBC, che rispettivamente con un’inchiesta e con il programma di approfondimento “BBC Newsnight”, sono entrati in possesso di dati sconcertanti riguardanti le 528 tonnellate di rifiuti riversati nell’agosto 2006 in Costa d’Avorio dalla multinazionale Trafigura.

 

 

Trafigura è un’azienda petrolifera britannica che, oltre al petrolio, commercia e raffina anche altri prodotti chimici e metallici, fornendo navi e tutto ciò che possa servire al loro trasporto ed immagazzinamento.

Il viaggio di rifiuti tossici verso l’Africa sembra non avere possibilità di sosta. Non è infatti la prima volta, e purtroppo non sarà l’ultima, che si scoprono fatti di questo tipo. Tale vicenda ha però una peculiarità, rispetto alle altre simili: quella di aver avviato la più grande class action della storia: 31mila abitanti della Costa d’Avorio chiederanno risarcimento al colosso petrolchimico dei danni subiti a causa del terribile disastro.

 

Sempre in nome del profitto, che cosa ha pensato bene di fare Trafigura? Trasportare un’intera nave, la “Probo Koala”, in Costa d’Avorio piena di rifiuti tossici e riversarli nella città portuale di Abidjan, invece che trattarli a regola d’arte, come avrebbe dovuto fare nel porto di Amsterdam. È proprio nella capitale olandese che sono state fatte le analisi di cui la BBC è entrata in possesso, dato che presso lo scalo ad Amsterdam la “Probo Koala” ha cercato di scaricare i residui di lavorazione senza dichiararne la composizione. I tecnici olandesi si sono però accorti del trucco e hanno applicato una tariffa maggiore.

A quel punto la Trafigura ha rifiutato di pagare il denaro richiesto, si è ripresa il carico e ha fatto rotta verso la Costa D’Avorio. Qui, nella notte del 19 agosto 2006, almeno 12 furgoni avrebbero movimentato 400 tonnellate di rifiuti tossici verso 18 siti intorno alla città di Abidjan.

 

 


Dopo il disastro, la Probo-Koala è stata bloccata dagli attivisti di Greenpeace
Tali rifiuti, che emanavano un terribile odore simile a quello di uova marce (e basterebbe già quello per opporsi allo scarico di rifiuti di una nave straniera sulle proprie coste), erano non solo maleodoranti, ma anche tossici. Il puzzo era infatti dovuto alla presenza nei liquami di alcune tonnellate di acido solfidrico, un veleno ad ampio spettro che può danneggiare diversi sistemi del corpo. Nella brodaglia tossica erano contenuti anche fenolo (sostanza talmente letale da essere utilizzata dai nazisti come arma di sterminio), ingenti quantità di mercaptani (caratterizzati appunto da un odore molto sgradevole), di soda caustica e almeno due tonnellate di idrogeno solforato.

 

 

Questa vicenda, che risale appunto a tre anni fa ed ha visto coinvolta la multinazionale britannica, è tornata alle cronache perché è ormai certo che i rifiuti trasportati dalla nave “Probo Koala” erano tossici e, quindi, letali.

 

Non è perciò un caso se in quel periodo gli ospedali dell’ex capitale ivoriana pullulavano di persone che accusavano gli stessi sintomi, quali nausea, problemi respiratori, ustioni e svenimenti. Il problema è che le persone del posto non hanno subìto solo i sintomi di un’intossicazione evidentemente dovuta ai rifiuti della Trafigura, ma le contaminazioni vere e proprie sono state contate in centinaia di migliaia, oltre alle sedici morti immediate riscontratesi subito dopo l’arrivo della nave.

 

 

ivoriano
31mila abitanti della Costa d’Avorio chiederanno risarcimento al colosso petrolchimico Trafigura
Inutile dire che Trafigura, la quale era già sfuggita alla legge patteggiando separatamente con il governo ivoriano un risarcimento di 150 milioni di dollari, continua da anni a negare le sue responsabilità. La ditta londinese, infatti, non solo sta cercando di far ricadere tutte le colpe sulla società “Tommy”, quella che ha materialmente scaricato i rifiuti, ma tramite i suoi avvocati ha dichiarato a “The guardian”, che questi rifiuti "non possono causare e non possono aver causato le presunte morti e diffuse malattie".

 

 

Anche gli ivoriani sono rappresentati in tribunale (dove Trafigura si dovrà “difendere” il prossimo ottobre, a Londra) da uno studio legale inglese, Leigh Day and Co, il quale accusa gli avvocati della Trafigura di aver contattato alcuni testimoni chiave per cercare di dissuaderli dal presentarsi al processo o per convincerli a cambiare la propria versione dei fatti. Per questo la corte londinese ha ingiunto ai difensori di non contattare più in alcun modo i ricorrenti.

 

Chissà se sarà possibile, almeno questa volta o almeno per le dimensioni della class action avviata, avere un po’ di giustizia. Si spera in un piccolo successo, in una pillola di soddisfazione per i cittadini ivoriani. Certamente non per l’Africa e per i secoli di torti subìti, ma per i 31 mila che hanno deciso di unirsi e di combattere.

E comunque andrà, ancora una volta complimenti all’Occidente “avanzato” e “sviluppato”, agli esportatori di civiltà, di democrazia, o forse è meglio dire di morte, non solo sottoforma di bombe ed occupazioni, ma anche e sempre più spesso di sostanze tossiche.