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Riletture: Robert Morrison MacIver (1882-1970)

di Carlo Gambescia - 17/03/2006

Fonte: carlo gambescia

 

 

Robert Morrison MacIver (1882-1870) è un sociologo oggi poco studiato, se non del tutto dimenticato. Ed è un peccato. Perché la sua opera è di grande spessore teorico e soprattutto distinta da una studio attento dei rapporti tra tecnica, cultura e società. Per MacIver la sociologia non è una scienza iperspecialistica, frammentata nei più diversi saperi disciplinari ed esclusivamente basata sulla ricerca empirica, come è considerata oggi in ambito accademico.
A suo avviso la sociologia, pur avendo come base l'individuo, non può ignorare, il sistema di relazioni culturali e materiali, intorno al quale ruota l'agire umano. Per questa ragione lo studioso sociale deve saper maneggiare, oltre agli strumenti empirici, quell'immaginazione sociologica, per dirla con Wright Mills, che creativamente consente di intuire come un tutto la relazione tra l 'uomo da un lato, e la tecnica, la cultura e la società dall'altro.
MacIver nasce nelle Ebridi scozzesi nel 1882, da una famiglia di agiati commercianti di tessuti, religiosamente molto devota, ma apertissima ai bisogni culturali del figlio. Studia all'Università di Edimburgo lettere classiche (1898). Poi passa a Oxford (1903) dove prende il suo B.A. (1907) e allarga gli orizzonti culturali, aprendosi alle scienze sociali del suo tempo (Simmel, Durkheim, Lévy-Bruhl). Consegue il Ph.D presso l'università di Edimburgo (1905). Dopo di che la sua grande passione verso la filosofia sociale e poltica gli fa accettare un incarico insegnamento di filosofia e sociologia (disciplina all'epoca all'avanguardia) presso l'Università di Aberdeen (1907-1915) Un dissidio intellettuale sul valore della filosofia politica hegeliana (criticatissima da MacIver, che parte dall'individuo e non dallo stato) con il suo superiore di facoltà, il professor J.B.Baille (il traduttore inglese della Fenomenologia), lo spinge a trasferirisi in Canada (1915). E qui insegnerà all'Università di Toronto finoa ad assumere la direzione del Dipartimento di Scienza Politica. Dopo di che si trasferisce negli Stati Uniti per insegnare alla Columbia University di New York (1927). Fonda, con altri studiosi la New School for Social Research (1935), che accoglierà molti studiosi europei rifugiatisi in America, a causa delle persecuzioni nazionalsocialista. Nel 1940 viene nominato presidente dell'American Sociological Society. Nel 1950 lascia l'insegnamento di filosofia politica e sociologia alla Columbia per dirigere una serie di importani progetti di ricerca sulla libertà accademica, la discriminazione sociale e la deliquenza giovanile. Nel 1963-1964 è chiamato a dirigere la New School for Social Research. Muore nel 1970, ultraottantenne.
Tra le sue opere principali: Community: A Sociological Study (1915, che meriterebbe, ancora oggi, una traduzione italiana), The Modern State (1926), Social Causation (1942, trad. it a cura di Leonardo Allodi, Franco Angeli Milano 1998), The Web of Government (1947, trad. it. il Mulino, Bologna 1962, intr. di G. Poggi, ancora utilissima), Society: An Introductory Analysis (1949); As a Tale That Is Thold. The Autobiography of R.M. MacIver (1968). Per un'ottima introduzione al suo pensiero si veda Leonardo Allodi, Quello che non è di Cesare. Comunità, società e Stato in R.M.MacIver (Franco Angeli, Milano 2000 - www.francoangeli.it).
Insomma, un sociologo-filosofo di altissimo livello. Di particolare importanza è la sua visione triarticolare del sociale. Che MacIver suddivide in tre ordini: "l'ordine culturale", che comprende religione, filosofia, arte, tradizioni, costumi, e che rappresenta lo schema di riferimento in cui trovano espressione i processi di socializzazione e di riconoscimento individuale; "l'ordine sociale", che concerne le relazioni umane organizzate, in gruppi e istituzioni; "l'ordine tecnologico", che consiste in un insieme di tecniche o "strumenti per vivere", nel senso dell'idea di civilizzazione spengleriana, applicabili dall'uomo alle condizioni biofisiche.
Dalla triarticolazione fra questi ordine nasce e si consolida la società. Sul cui destino però l'ultima parola spetta sempre all'uomo. Scrive MacIver, rimasto per tutta vita un fiero di avversario di Hegel: "Gli strumenti che la civiltà forgia possono essere simboleggiati da una nave pronta a salpare verso i porti più diversi. Il lido verso cui veleggiare rappresenta invece l'esito di una scelta culturale. Senza la nave non potremmo partire. Le sue carattersitiche potrebbero rendere il viaggio più o meno lungo. Potremmo adattarci o meno alla vita di bordo, lasciando che la nostra esperienza muti in funzione di essa. Ma la direzione verso cui potremmo andare non è predestinata dal ' design' della nave" (Society: An Introductory Analysis, Reinehart & Co., New York 1949, p. 51). Insomma, siamo sempre a noi, uomini, a decidere individualmente e non lo stato, l'economia, o qualsiasi altra incarnazione di uno spirito assoluto.
E questa è la lezione di Robert Morrison MacIver. Da non dimenticare mai.