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Hamas allo specchio

di Noam Chomsky - 18/03/2006

Fonte: Comedonchisciotte

Ora il governo statunitense e quello israeliano devono accettare di trattare con il partito islamico


La vittoria elettorale di Hamas è una brutta notizia ma era purtroppo prevedibile alla luce degli eventi dell'ultimo periodo. È giusto definire Hamas un movimento estremista e violento, e una seria minaccia alla pace. È bene però ricordare che sotto molti aspetti non ha posizioni più estreme di altri protagonisti del conflitto.

Per esempio, Hamas ha dichiarato che accetterebbe una tregua se i confini tra Israele e Palestina fossero quelli, internazionalmente riconosciuti, di prima del 1967. Ma quest'idea è respinta da Stati Uniti e Israele, che continuano a sostenere che ogni eventuale soluzione politica dovrà comprendere l'annessione israeliana di gran parte della Cisgiordania (e delle alture del Golan, ormai dimenticate).

Hamas ha vinto le elezioni unendo un'attiva resistenza all'occupazione militare a un capillare lavoro di organizzazione della società e di servizi ai poveri: un programma che avrebbe conquistato consensi ovunque. Invece per l'amministrazione Bush questa vittoria costituisce l'ennesimo ostacolo alla propria politica, ufficialmente definita "promozione della democrazia" ma che in realtà intralcia le istituzioni democratiche. La posizione statunitense sulle elezioni palestinesi è in continuità con il passato.

Il voto è stato tenuto in sospeso fino alla morte di Yasser Arafat, salutata come un'opportunità per attuare l'idea di stato palestinese democratico cara a Bush, la quale non è che un pallido riflesso della soluzione attorno a cui esiste un consenso internazionale, cioè quella dei due stati, a cui Washington si oppone da trent'anni.

In un commento pubblicato dal New York Times subito dopo la scomparsa di Arafat e intitolato Speriamo che l'icona palestinese sia sostituita dalla democrazia, Steven Erlanger scriveva: "L'era del dopo-Arafat sarà il banco di prova del dogma americano per eccellenza: le elezioni legittimano anche le istituzioni più fragili". E per concludere osservava: "Dal punto di vista dei palestinesi si tratta di un incredibile paradosso. In passato, l'amministrazione Bush si è opposta a indire nuove elezioni nei Territori palestinesi, sostenendo che avrebbero rilegittimato Arafat, rinnovandogli il mandato, e rischiato di contribuire a dare credibilità e autorevolezza a Hamas". In breve, il "dogma per eccellenza" degli Usa è che le elezioni vanno benissimo, purché il risultato sia quello che vogliono loro.

A questo problema se n'è affiancato di recente un altro analogo: in Iraq la resistenza non violenta di massa ha costretto Washington e Londra a concedere le elezioni che avevan