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La INNSE e la via di uscita dalla crisi

di Manuel Zanarini - 14/08/2009

 


La situazione della INNSE è veramente assurda, ma esemplare della situazione del capitalismo italiano attuale; ma, al contempo, offre una via di fuga concreta dalla crisi economica, e sociale, del mondo occidentale.

Questa incredibile vicenda inizia il 31maggio dell'anno scorso, quando il neo-padrone della ditta, tale Silvano Genta, invia le raccomandate di licenziamento agli operai, aprendo la procedura di mobilità; ciononostante, i lavoratori forzano i cancelli aziendali chiusi e riavvino i macchinari, continuando a produrre. Sebbene la decisione del Sig. Genta di chiudere potrebbe far credere che l'azienda sia in crisi, gli operai non solo producono, ma incontrano i clienti e producono utili. Non solo gli operai autogestiscono l'azienda, ma sono anche costretti a presidiarla giorno e notte, per paura che venga loro nuovamente impedito l'accesso ai capannoni. Il 25 agosto, tutti gli operai vengono ufficialmente licenziati, e nonostante la volontà di un imprenditore bresciano di rilevarla, la INNSE viene messa in liquidazione; non solo, nonostante le rassicurazioni della proprietà, circa il pagamento del preavviso, il 10 settembre, giorno di paga, gli operai non ricevono un soldo. La risposta è il presidio e l'occupazione a oltranza dello stabilimento, per poter continuare a lavorare; questo dura fino al 17 dello stesso mese, quando arriva la polizia che caccia con la forza gli operai dal proprio posto di lavoro. Da quel momento è cominciato un tira e molla tra gli operai che si sono radunati stabilmente davanti ai cancelli della fabbrica e la proprietà, che agisce tramite la polizia in assetto anti-sommossa, che è arrivato alla crisi di questi giorni. Al momento, dato che Genta ha messo in liquidazione l'azienda, il tribunale di Milano ha ordinato il sequestro e la vendita dei macchinari; al contempo, gli operai, rivendicando il fatto che i clienti continuano a ordinare la merce, chiedono semplicemente di continuare a lavorare. Di fronte alla volontà della polizia di portare via tutti i macchinari, 5 operai si sono chiusi dentro il capannone, riuscendo, al momento, a bloccare l'operazione di smantellamento.

Come mai il padrone ha venduto un'azienda che autogestita dagli operai produce utili? Semplice, i capannoni della INNSE sono gli ultimi rimasti della zona industriale in cui sorgono, una volta smantellati, il terreno può essere venduto per speculazioni edilizie, che in occasione del prossimo Expo si Milano, cominciano a moltiplicarsi. La situazione è veramente di una gravità inaudita; un momento di crisi economica, nel quale i lavoratori continuano a finire in cassa integrazione e a cadere nelle fauci della precarietà, nel silenzio totale della classe politica, che si presenta solo oggi al fianco degli operai, solo per finire in tv, un'operazione di speculazione edilizia sta cancellando il diritto al lavoro, e alla dignità, di decine di famiglie di lavoratori. Ancora una volta, andrebbe ricordato a tutti, che secondo la tanto sbandierata Costituzione, “l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, e che la proprietà privata va tutelata solo in quanto utilizzata per il bene sociale; da nessuna parte appare scritto che la speculazione edilizia a favore di un unico capitalista possa calpestare il dettato costituzionale, e i principi che lo ispirano.

Aldilà della tragicità della situazione contingente, gli operai della INNSE stanno fornendo al Paese l'unica soluzione possibile di uscita dalla crisi economica e finanziaria attuale: la partecipazione diretta dei lavoratori alla gestione delle imprese. Una volta che l'azienda è stata sottratta alla gestione, incapace o truffaldina non sappiamo, del padrone, si sono “miracolosamente” rivisti gli ordini da parte dei clienti, e con essi gli utili. La decisione di privilegiare la speculazione edilizia, rispetto al lavoro e alla dignità della classe lavoratrice, è l'ennesima dimostrazione di incapacità e malafede della classe imprenditoriale italiana. A questo punto, la soluzione non può passare da fondi pubblici che finiscono solo col premiare le banche e i capitalisti; cioè proprio coloro che hanno costruito l'attuale drammatico scenario. Bisogna portare i lavoratori all'interno delle “stanze dei bottoni” delle aziende, espropriando e socializzando- ovviamente senza alcun “risarcimento”- quelle a rischio di chiusura, o che hanno già avviato le procedure di mobilità o, addirittura, che si trovano in fase di liquidazione.

Nel frattempo, è fondamentale che ognuno di noi, con i mezzi che ha a disposizione, sostenga la lotta degli operai della INNSE, e che inciti tutti i lavoratori nella loro stessa situazione a non arrendersi e a lottare.

Per chi vuole contribuire alla lotta degli operai della INNSE, può consultare la loro pagina su Facebook, oppure visitare il loro blog: http://www.myspace.com/presidioinnse