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Nostalgia germanica. Si stava meglio quando si stava peggio...

di Matteo Mascia - 14/08/2009



Il prossimo 9 novembre la Germania festeggerà i vent’anni dalla riunificazione. Era il 1989 quando un’enorme folla si radunò lungo il muro che divideva Berlino Est dalla città sorella dell’Ovest, in una sola notte cadde il simbolo che divideva le due Germanie e il blocco orientale da quello occidentale. In verità, la situazione stava cambiando già da alcuni mesi. Mentre il 7 ottobre 1989 l’esecutivo guidato da Erich Honecker festeggiava i quarant’anni della Repubblica Democratica Tedesca accompagnato dai più influenti capi di stato e di governo del blocco orientale, in tutto il Paese si svolsero centinaia di manifestazioni per chiedere il riconoscimento della libertà di stampa, la legalizzazione dei partiti d’opposizione e l’abolizione dei limiti di movimento all’interno della stessa Germania Est. Nonostante una capillare rete di informatori, gli apparati di governo non erano per nulla preparati a fronteggiare moti di piazza di grossa portata. Le autorità decisero quindi di prendere tempo tentando di intimorire i manifestanti sguinzagliando gli agenti della Stasi, il ministero per la sicurezza nazionale che per decenni schedò centinaia di migliaia di cittadini con ogni mezzo possibile. Quella del governo socialista si rivelerà di lì a poco una mossa fatale. Il blocco orientale aveva infatti i giorni contati ed anche i governi di Praga e Budapest dovevano cercare di arginare i movimenti di opposizione clandestini che avevano deciso di uscire allo scoperto chiedendo il rispetto dei diritti umani. Elencati anche nelle costituzioni dei Paesi retti dal socialismo reale ma rispettati con alcune eccezioni. L’Ungheria decise di aprire una breccia nella cortina di ferro che divideva il Vecchio Continente permettendo a tutti i cittadini dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia di poter raggiungere liberamente l’Austria. Un cambiamento inimmaginabile soltanto pochi mesi prima. In poche ore, migliaia di cittadini dell’Est raggiunsero la Germania Ovest passando attraverso il confine austriaco. La lenta emorragia era quindi iniziata.

Erich Honecker dopo decenni di indisturbato dominio si dimise, venendo sostituito da uno dei suoi delfini, Egon Krenz. Il nuovo governo decise allora di rilasciare permessi di viaggi all’estero – prima riservati solo a particolari categorie di cittadini e ai pensionati – a tutti coloro i quali ne avrebbero fatto richiesta. Gunter Schabowski, nuovo ministro della Propaganda, diede inconsciamente il “la” per l’abbattimento degli oltre cento chilometri di cemento armato che spaccavano in due quella che una volta era stata la capitale dello stato prussiano. Egli infatti non fu messo a conoscenza dal suo staff dei dettagli riguardanti la richiesta e il rilascio dei permessi di viaggio. Durante una conferenza stampa convocata per annunciare il rivoluzionario cambiamento nella rigidissima amministrazione dell’Est, il rappresentante del governo dichiarò: “Per accontentare i nostri alleati, è stata presa la decisione di aprire i posti di blocco. Se sono stato informato correttamente quest’ordine diventerà efficace immediatamente”. Decine di migliaia di berlinesi dell’Est avendo visto l’annuncio di Schabowski in diretta alla televisione, si precipitarono, inondando i checkpoint e chiedendo di entrare in Berlino Ovest. Le guardie di confine, sorprese, iniziarono a tempestare di telefonate i loro superiori, ma era ormai chiaro che non era più possibile rimandare indietro tale enorme folla vista la mancanza di equipaggiamenti atti a sedare un movimento di tali proporzioni. La Germania fu ufficialmente riunificata il 3 ottobre 1990 (questa è la data designata per il “Giorno della riunificazione”), quando i cinque stati federali (Brandeburgo, Meclenburgo-Pomerania Occidentale, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia), già esistenti nella Repubblica Democratica Tedesca ma aboliti e trasformati in Province, si ricostituirono e aderirono formalmente alla Repubblica Federale di Germania (Germania Ovest). Dal momento in cui i nuovi cinque Länder entrarono nella Repubblica Federale, in conformità all’articolo 23 attivo in quegli anni, l’area di applicazione del Grundgesetz (Legge fondamentale, la Costituzione della Germania federale) fu semplicemente ampliata includendoli. L’alternativa sarebbe stata di aderire all’unione formalmente, in vista della scrittura di una nuova costituzione per la Germania unificata.

Delle due scelte quella adottata fu obiettivamente la più semplice, ma fu causa del diffuso sentimento da parte dei tedeschi dell’est di essere stati “occupati” o “annessi” alla vecchia repubblica federale. Un sentimento che porterà molti ex cittadini dell’Est a non festeggiare un bel niente il prossimo 9 novembre. In molte zone della Germania, specie quelle a ridosso del confine polacco ma anche nella stessa Berlino, l’ostalgia la fa da padrona. Ost in tedesco significa Est, quindi si riferisce alla nostalgia per il sistema retto dal socialismo reale. Proprio quello spazzato via dalla riunificazione, un processo evidentemente non apprezzato da tutti, soprattutto se consideriamo che anche nelle prossime elezioni legislative per il rinnovo del Bundestag il cartello di sinistra Die Linke, che raggruppa anche la vecchia nomenklatura formatasi nella scuola quadri della Sed (Partito Unico Socialista) raggiungerà presumibilmente risultati discreti. Dopo quasi vent’anni e dopo una prima ondata di euforia per il sistema capitalistico e per l’arrivo del libero mercato molti tedeschi dell’Est si sono resi conto che la situazione in cui sono stati precipitati al termine dei fatti dell’autunno ‘89 non è sicuramente la migliore possibile, almeno non per molti. Nonostante l’arrivo di una ingente quantità di capitali provenienti dall’Ovest e le ondate di aiuti pubblici, l’economia è ancora in gravi difficoltà. In certe zone la disoccupazione raggiunge il livello record del 25%, un dato che se non fosse per l’efficiente stato sociale teutonico porterebbe le ex province della Repubblica socialista sull’orlo della guerra civile. Invece, migliaia e migliaia di persone vivono con il sussidio di disoccupazione in attesa di essere destinati a qualche impiego – spesso nell’ambito della pubblica amministrazione – e guadagnare finalmente uno stipendio. In questo modo quindi, è sempre lo Stato che deve intervenire nell’economia. Un fatto che dimostra per l’ennesima volta che la mano invisibile venerata dai sostenitori del liberismo è spesso talmente invisibile da scomparire del tutto. La trasformazione da economia pianificata ad economia di mercato ha paradossalmente allontanato gli investitori piuttosto che avvicinarli e per molti giovani cresciuti all’ombra della torre della televisione di Berlino, simbolo, con i suoi 368 metri, del benessere che garantiva – a tutti in egual misura - il sistema socialista, non rimane che emigrare nelle zone più ricche della Germania. D’altronde vivendo a Berlino è proprio difficile non provare nostalgia o almeno essere incuriositi dallo stile di vita nella vecchia Germania che viveva sotto l’influenza dell’Unione Sovietica. La parte Est della città è di gran lunga più a misura d’uomo dei quartieri tirati su per rispondere alle esigenze del capitalismo importato dagli occupanti all’indomani del secondo conflitto mondiale. Se nella parte orientale si può osservare una severa pianificazione territoriale che ha permesso la realizzazione di zone a “misura di lavoratore”, per quotare uno dei tanti slogan utilizzati dal defunto regime, i quartieri occidentali, se escludiamo l’immenso parco del Tiergarten, ex riserva di caccia dei reali prussiani, con i loro palazzoni e grattacieli trasmettono la sensazione di un’architettura asservita ai dettami del capitalismo e della speculazione immobiliare. Passeggiando invece lungo il Karl Marx Allee (chiamato Stalin Allee fino al 1961) si comprende perché divenne il primo “viale socialista” di Berlino Est.

Quando l’esecutivo della Repubblica democratica decise di costruire una strada-vetrina non scelse lo storico Mitte – il centro della città – ma una zona più popolare e gravemente danneggiata dai bombardamenti alleati e sovietici. Per molti cittadini della DDR – acronimo con il quale i tedeschi chiamano l’ex Stato dell’Est – il grandioso boulevard, essendo nato dalla macerie simbolo della violenza della guerra, era il simbolo della speranza e della fede nel futuro di uno stato socialista. Volontari costruirono migliaia di appartamenti che furono poi donati gratuitamente ad altrettanti lavoratori, una scenografia che serviva da sfondo per il pomposo corteo del primo maggio. Occasione in cui i “papaveri” della Sed regalavano onorificenze e si congratulavano con gli “eroi del lavoro”. Purtroppo però anche il viale tempio del marxismo subisce le attenzioni degli omologhi dei palazzinari nostrani, alcune delle storiche costruzioni sono state infatti abbattute per fare spazio ad una sede del gruppo assicurativo Allianz. Insomma, il ricordo del passato è destinato ad essere sempre più sfumato. Una sublimazione inesorabile raccontata sia dal cinema, che con “Good Bye Lenin!” ha raccontato l’ostalgia in tutti i suoi aspetti più paradossali, che da chi ha rimesso in commercio i prodotti che si potevano trovare sugli scaffali dei supermercati trent’anni fa. Uno per tutti: la Vita-Cola. Una bevanda pensata per imitare la Coca-Cola di Atlanta che oggi vive un nuovo successo proprio grazie ai consumatori nostalgici. Proprio le attitudini dei nostalgici non devono far pensare al desiderio di un incondizionato ritorno al passato, la loro vuole essere soprattutto una battaglia contro un sistema percepito come sbagliato. Una situazione che non corrisponde a quello che hanno imparato sui banchi di scuola o ai raduni organizzati dalle organizzazioni giovanili finanziate dal Partito unico. Se non altro, le loro critiche aiuteranno a pensare ad una Europa diversa e magari più attenta all’individuo piuttosto che alle sole leggi del mercato.