La Scuola dei piedi nudi
di Valerio Pignatta - 04/09/2009
“Per cambiare mentalità non ci servono soldi. Dare fiducia ai poveri e lasciare che realizzino i loro progetti non richiede denaro”. Con questa convinzione, nessuna risorsa e pochi sostenitori, “Bunker” Roy ha fondato nel 1971 in India il Barefoot College, la “Scuola dei piedi nudi”. In un libro documento di eccezionale valore, “Raggiungere l’ultimo uomo”, Maria Pace Ottieri ci racconta questa importante esperienza.
La Scuola dei Piedi nudi insegna tanti piccoli trucchi per la sopravvivenza quotidiana
È la “Scuola dei piedi nudi” (Barefoot college) fondata da Sanjit “Bunker” Roy, un esponente dell'alta borghesia indiana che appena laureato ha lasciato una carriera promettente nella sfavillante India metropolitana filoccidentale in crescita smisurata per andare a vivere tra gli ultimi, tra coloro che non riescono quasi mai a mangiare due volte al giorno e che devono fare i conti con una situazione di povertà smisurata, pregiudizi di casta terribili e un clima desertico che rende difficile anche un minimo di agricoltura di sussistenza.
Maria Pace Ottieri, una scrittrice di narrativa nota nel nostro paese e collaboratrice di varie riviste e reti televisive ha compiuto un viaggio a Tilonia, il villaggio dove Bunker Roy si è installato, e in un libro-documento di eccezionale valore antropologico e sociale (Raggiungere l'ultimo uomo, Einaudi, 2008) ci racconta l'esperienza che un pugno di idealisti sta portando avanti da un quarantennio in un paese dalle mille contraddizioni crescenti, dove miseria e ricchezza sfrenata convivono fianco a fianco in una babele di religioni, tabù di casta e miraggi di fortuna.
Tra gli ultimi di quel sistema economico-sociale impazzito che è l'India odierna, Bunker Roy ha avviato con nessuna risorsa e pochi sostenitori un esperimento sociale che mira a recuperare le risorse intellettuali locali, gli antichi saperi e le tradizioni perdute per ripristinare senza l'intervento di agenti esterni (funzionari delle Ong, ingegneri volontari di turno o altri operatori istituzionali) fonti di irrigazione, energia solare, centri di cure sanitarie, scuole per la risoluzione di problemi concreti della vita di ogni giorno. E puntando tutto sugli analfabeti e senza scarpe, che sono i requisiti essenziali per avere accesso all'aiuto/praticantato che dona le basi per imparare a scavare un pozzo per l'acqua, a costruirsi un pannello solare, a curarsi in modo sobrio ma efficace e a fare bagaglio di tanti piccoli trucchi per la sopravvivenza quotidiana in situazioni di estrema necessità quali sono quelle degli ultimi su questo pianeta..
Il Barefoot College è un esperimento sociale che mira a recuperare le risorse intellettuali locali, gli antichi saperi e le tradizioni perdute
E questa esperienza in India oggi si è estesa a cento villaggi e interessa una popolazione di 110.000 abitanti su 82.349 chilometri quadrati di territorio. È stata inoltre esportata anche in Afghanistan, Sierra Leone, Etiopia, Senegal, Tanzania, Ghana, Bolivia.
È una rivoluzione silenziosa che parte da presupposti completamente diversi rispetto a sviluppo, istruzione superiore specialistica e industrializzazione e che per un occidentale sono di difficile comprensione. Bisogna fare un notevole sforzo per capire quanto ci siamo allontanati dalle priorità dell'esistenza. La cosa migliore è riportare alcuni brani direttamente dal testo che chiariscono in maniera unica l'impostazione di questa esperienza preziosissima.
Racconta Bunker Roy:
«Sono arrivato a Tilonia senza nessun progetto, nessun programma, e senza un soldo da offrire. Volevo semplicemente lavorare con i contadini. Vivevo con i contadini poverissimi dei villaggi, sotto le stelle, e ascoltavo le storie semplici che raccontavano sulle loro conoscenze e le loro esperienze che libri e università non ti insegnano. La mia vera educazione è cominciata allora, quando ho visto i rabdomanti, gli aggiustaossa o le levatrici al lavoro. In quegli anni non avevo mai letto né Mahatma Gandhi, né Marx, non sono stati loro a ispirarmi, ma persone comuni con grinta, determinazione e la straordinaria abilità di sopravvivere con quasi niente, di vivere una vita molto dura con grazia, dignità e rispetto per se stessi.
"Impariamo dal passato, pensiamo fuori dalla scatola, a soluzioni semplici". Bunker Roy
Vedere persone morire di fame di fronte ai tuoi occhi ed essere incapace di fare qualcosa è terribile. Capii che la legge serve solo a proteggere i ricchi. Chiedete ai poveri delle campagne che cosa significhi sfruttamento e non sanno di che cosa si stia parlando perché è la sola cosa che conoscono. Dire loro che sono stati sfruttati come animali è dire che stanno respirando» (pp. 15-17).
E ancora:
«Gli intellettuali che stanno dietro al Millennium Development Goals (il più ambizioso programma umanitario dell'Onu) e siedono a New York stanno facendo di tutto perché gli obiettivi rimangano irraggiungibili. Negli ultimi 34 anni, avendo vissuto e lavorato con i contadini del Rajesthan, che guadagnano meno di un dollaro al giorno, ho smesso di sorprendermi della incredibile ignoranza, stupidità e ottimismo prodotto nell'affrontare la povertà estrema.
Sempre più spesso, politici senza lavoro si ritrovano a presiedere delle commissioni. I fondi per lavorare e organizzare seminari, preparare raccomandazioni inutili e piani d'azione che nessuno legge o segue, non mancano mai. Ma quanti hanno coinvolto i poveri nella stesura di questi piani? [...] La povertà oggi è un grosso affare. Migliaia di lavoratori nel Nord del mondo sono pagati solo per sciorinare cifre sensazionali su riviste patinate che dimostrano come i poveri resteranno poveri finché non si stanzieranno sempre più fondi. Non importa se vanno a finanziare consulenze da 1000 dollari al giorno a persone che non hanno mai passato una sola notte in un villaggio. O che non hanno mai conosciuto la fame nemmeno per un'ora della loro vita, o bevuto acqua contaminata o camminato per 10 chilometri per raggiungere la scuola, o marciato per due giorni per comprare un barile di kerosene con cui accendere la stufa.
“Bunker” Roy ha fondato nel 1971 in India il Barefoot College, la “Scuola dei piedi nudi”
Dobbiamo guardare avanti. Impariamo dal passato, pensiamo fuori dalla scatola, a soluzioni semplici. Quello che succhia denaro è l'approccio dall'alto in basso, il colare dal Nord al Sud di idee, metodi, approcci, attrezzature e personale. Tutto ciò ha fallito miseramente. Invece di chiedere più soldi che inevitabilmente verrebbero sprecati, si farebbe bene a offrire alternative per spendere meglio i fondi esistenti. I soldi per dare acqua potabile a tutti ci sarebbero se gli esperti tenessero conto delle soluzioni a basso costo trovate dalla gente. Ma non ce ne saranno mai abbastanza se invece si ascoltano solo le soluzioni proposte dai cosiddetti ingegneri idraulici qualificati.
Al costo di un impianto di perforazione per una pompa a mano in una scuola si possono raccogliere 15 milioni di litri di acqua piovana in oltre 100 scuole e fornire lavoro a 1000 contadini nei villaggi per quattro mesi. Perché questa soluzione non viene presa in considerazione su larga scala? Per molte ragioni. Primo perché piccolo non è bello agli occhi dei consulenti. Secondo perché non si vuole dispiacere nessuno denunciando la corruzione, lo spreco e l'incompetenza. E come si giustificano le 60 milioni di tonnellate di cibo marcio nei magazzini del governo indiano mangiati dai topi mentre milioni di indiani non hanno da mangiare? Il problema è la distribuzione non la produzione.
Per cambiare mentalità non ci servono soldi. Dare fiducia ai poveri e lasciare che realizzino i loro progetti non richiede denaro. Le persone non possono essere evolute, si evolvono da sole» (articolo di Bunker Roy comparso su The Indian Express con il titolo “Libertà dalla povertà”, 15 agosto 2005, ora riportato nel testo, pp. 20-21).
Cerchiamo di evolvere anche noi.