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I 16 economisti e il "fascismo che avanza..."

di F. D’Attanasio - 07/09/2009


Su Libero di Venerdì scorso c’era una “gustosa” notizia riportata da Davide Giacalone; secondo
l’autore un “manipolo” di sedici economisti avrebbe scritto una lettera aperta a difesa della libertà
di parola dopo che il ministro Tremonti li ha definiti maghi e stregoni ed auspicando, per qualche
anno, il silenzio degli stessi così da poterne guadagnare un po’ tutti. Insomma è proprio vero, come
disse qualcuno, che l’Italia è il paese dove la realtà supera sempre ogni possibile immaginazione. Di
fronte a certi accadimenti ci sarebbe solo da sbellicarsi letteralmente dalle risate, ma quando si tiene
a mente l’attuale situazione politica italiana invece non rimane che preoccuparsi seriamente. Non è
un caso che ad esempio sono stati Repubblica e Corriere della Sera a concedere addirittura la prima
pagina a simili baggianate, i due maggiori quotidiani italiani schierati in prima linea nella lotta al
nuovo “fascismo” che avanza, quello di marca berlusconiana, un “fascismo” talmente pericoloso da
non riuscire nemmeno minimamente a controllare appunto i due più diffusi quotidiani nazionali.
Oramai anche il senso del ridicolo è venuto meno per certi personaggi, e come sottolinea lo stesso
Giacalone, avrebbero fatto sicuramente più bella figura se questi eminenti professori avessero
ricordato al ministro in questione che anche lui di strafalcioni ne ha commessi, invece di ricorrere
ad una piagnucolosa quanto ridicola missiva invitando addirittura alla mobilitazione in difesa della
libertà. In realtà purtroppo, questi “insigni” personaggi insieme a tutta la sinistra possono ritenersi
solo fortunati in quanto liberi di dirne di tutti i colori, liberi ed indisturbati di impestare
letteralmente le coscienze e le menti delle persone con una indegna ed offensiva campagna
mediatica contro una sola persona, rea di essere, oltre che presidente del consiglio, anche portatore
di una linea politica estera non proprio congeniale ai veri padroni d’oltre atlantico, gli stessi rispetto
ai quali fanno letteralmente da stuoino i nostri più integerrimi paladini della libertà.
*******************
P.S. di Giovanni Petrosillo
Mi permetto di aggiungere qualche altra riflessione a quanto riportato da Franco nel pezzo di
oggi, al solo di fine di rafforzare le sue asserzioni sacrosante.
Questi economisti à la page, si sono sin qui comportanti come quegli uomini che ad un funerale
strillano con convinzione “cento di questi giorni”. Di fronte all’avanzamento della crisi e
all’incapacità del loro metodo previsionale di anticipare alcunché hanno continuato a rassicurare
tutti, affermando compattamente che non era il caso di farsi prendere dal panico perché il sistema
era sostanzialmente sano.
Quando il panico è poi deflagrato invece di rivedere i loro vaticini, cercando soprattutto di
capire e sceverare le cause della debacle sistemica, si sono messi a fare i parapsicologi (come dice
giustamente il Ministro Tremonti) avanzando ipotesi ancora più strambe che facevano ricadere le
responsabilità della devastazione finanziaria sulla depressione della fiducia generale (che semmai
era da intendersi quale mero effetto di quanto accadeva sotto gli occhi di tutti) o sui singoli
lestofanti, traditori dei sacri principi del business, i quali si erano arricchiti danneggiando il “buon
nome” della finanza.
Dopodiché si sono anche affrettati a sostenere che la crisi sarebbe rimasta confinata alla sfera
finanziaria e che solo relativamente avrebbe intaccato i pilastri dell’economia reale. Altra immane
bugia considerato che, con le banche, anche le imprese hanno cominciato a chiudere una dopo
l’altra con conseguenze preoccupanti sui livelli occupazionali e sul tenore di vita delle famiglie.
Quando ormai la malattia si è conclamata, senza possibilità di smentita, è partito il gioco
dell’alfabeto: la crisi sarà a “V”, no forse a “L”, anzi più probabilmente a “W”. La verità è un’altra.
Per costoro l’andamento della crisi resta una “X”, cioè un’incognita che non sanno risolvere.
Mi sembra allora opportuno riportare un articolo di Attilio Barbieri, pubblicato su Libero di qualche
giorno fa, che riprende le solenni dichiarazioni dei nostri aruspici accademici i quali, con immane
iattanza, facevano riecheggiare, poco prima che la crisi assumesse caratteri virulenti, la loro
saggezza tranquillizzante sulle paure collettive: “La crisi non ci sarà”. Appunto…
“Davvero strani questi economisti. Ora li troviamo imbufaliti a difendere la trincea della verità dal
ministro Tremonti, mentre fino allo scorso anno, mentre la finanza mondiale precipitava nel
burrone della crisi, erano in prima fila a cantarne "le magnifiche sorti e progressive". Distratti
dall'impegno che li ha condotti a scrivere una lettera aperta pubblicata da Corriere e Repubblica si
sono probabilmente dimenticati degli svarioni in cui sono incorsi negli ultimi tre anni.
A ricostruirli è stato Marco Cobianchi giornalista di Panorama, autore del libro "Bluff". Il
sottotitolo ne chiarisce i contenuti: "Perché gli economisti non hanno previsto la crisi e continuano
e non capirci niente". Illuminante su quanto vedano lontano questi "signori dei fondamentali", un
intervento di Alberto Alesina sul Sole 24 Ore (27/9/2007). «Non ci sarà nessuna crisi del 1929
come dice Tremonti ... Non vedo in arrivo lo scoppio di una bolla come quella della new
economy». La bolla è scoppiata di lì a poco. Ed è costata, solo alle finanze pubbliche degli Usa
9mila miliardi di dollari.
In soccorso alle teorie di Alesina è corsa Lucrezia Reichlin, una dei firmatari dell'appello anti-
Tremonti: «Storicamente non tutti gli episodi di crisi bancaria a finanziaria si sono trasformati in
recessione», scriveva nell'ottobre del 2008 sempre sul Sole. Aggiungendo: «Non c'è nulla di
meccanico nella relazione tra ciclo finanziario e ciclo reale». Purtroppo c'è stato, eccome: i crac a
catena sono cominciati nell'immobiliare per contagiare poi il settore industriale, la finanza e
l'agricoltura.
Sulla portata delle spinte recessive che stavano trascinando a fondo la macchina produttiva
mondiale illuminante un parere di Tito Boeri e Luigi Guiso (altri firmatari dell'appello) su la
Repubblica (22/08/2007). «L'economia mondiale continua a crescere a tassi molto sostenuti e le
banche centrali hanno finora assolto al loro ruolo... Non gettiamo oggi, come tanto volte in
passato, i semi della crisi futura con una reazione eccessiva alla crisi corrente».
Sempre in quell'agosto rovente del 2007 un altro mostro sacro dell'economia, Francesco Giavazzi
(pure lui ha firmato la lettera anti-Tremonti) gettava acqua sui timori provocati dal default di
Nortern Rock, il colosso inglese che non riusciva più a garantire i depositi dei clienti. «La crisi del
mercato ipotecario americano è grave», scriveva sicuro Giavazzi sul Corriere della Sera
(4/8/2007), «ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria generalizzata.
STUDIOSI CRISI - MARCO ONADO (BOCCONI)
Nel mondo l'economia continua a crescere rapidamente. La crescita consente agli investitori di
assorbire le perdite ed evita che il contagio si diffonda». Al contrario il virus dei mutui subprime
scoppiato in Usa ha poi "infettato" tutto il mondo. Al club degli ottimisti a oltranza possiamo
iscrivere pure Marco Onado. «L'attenzione delle autorità finanziarie... garantisce che ben
difficilmente ci sarà una crisi sistemica» (Sole 24 Ore, 24/6/2007).”