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L' ultima tentazione di Wall Street la speculazione su vecchi e malati

di Federico Rampini - 09/09/2009

 

In barba ai proclami del G20 la malafinanza dei "titoli strutturati"è vivae vegeta più che mai. La cartolarizzazione torna in auge, malgrado il ruolo chiave che ha giocato nel collasso finanziario del 2007-2008. Si è appena spenta l' eco delle polemiche sui metodi opachi con cui venivano triturati nello spezzatino delle obbligazioni i debiti sui mutui subprime, ed ecco che spunta una nuova speculazione. Questa volta avrà per bersaglio gli anziani e i malati.

 

Sempre alla ricerca di "innovazioni" finanziarie, Wall Street punta gli occhi sulle loro polizze vita. In particolare quelle che vengono stipulate perché l' accumulazione dei premi si traduca in un pagamento ai familiari sopravvissuti, nel momento del decesso dell' assicurato.

Accade, soprattutto in tempi di crisi, che l' assicurato abbia bisogno di incassare il premio da vivo. O perché la sua pensione è troppo magra. O perché un' improvvisa malattia ha trascinato con sé dei costi sanitari esorbitanti. In questi casi alcuni contratti consentono la vendita anticipata della polizza a terzi.

L' acquirente paga subito una somma scontata - per esempio il 40% del premio finale - e diventa il titolare dell' assicurazione. Così alla morte dell' assicurato, chi ha comprato la polizza per 400.000 dollari incasserà un milione. Il rendimento di un simile investimento dipende naturalmente dalla durata della sopravvivenza: prima muore il titolare del contratto, più alto è il profitto di chi è subentrato nella polizza. Finora questo tipo di transazione avveniva con un contatto diretto fra l' assicurato e l' investitore. E' qui che Wall Street ha fiutato la possibilità di costruire un nuovo business.

Dando un' organizzazione "industriale" a questi scambi, diffondendoli in titoli da piazzare sul mercato. Proprio come accadde con i mutui subprime, quando le grandi banche d' investimento crearono un passaggio d' intermediazione nel tradizionale rapporto fra il debitore e la banca. In quel caso,i debiti dei proprietari di case vennero frazionati e impacchettati in bond (titoli obbligazionari) che il mercato collocava nel mondo intero, fino ai fondi comuni d' investimento emessi da importanti banche europee. Lo stesso gioco è pronto a ripartire con le polizze vita.

Anche in questo caso è decisiva la comparsa di un nuovo intermediario: il gruppo finanziario compra le polizze scontate cedute dagli anziani e dai malati bisognosi di incassare subito il premio; impacchetta questi futuri crediti in nuovi bond; li colloca sul mercato.

Dove magari saranno comprati da fondi pensione a caccia di elevati rendimenti per compensare i tassi ridottissimi sui titoli del Tesoro. L' intermediario lucra commissioni abbondanti e (come sempre in queste innovazioni) si libera dal rischio vendendo subito sul mercato.

Proprio qui sta l' incognita: nella valutazione del rischio. Che può assumere tante forme. I calcoli di probabilità sui decessi usano le tavole attuariali delle compagnie assicurative, non sono infallibili. Le stesse compagnie assicurative, pagatori di ultima istanza, non hanno tutte lo stesso grado di solvibilità.

Nei "titoli strutturati" la distinzione di qualità tra debitori scompare nella nebbia. All' epoca dei subprime bond, il trucco per collocarli era nell' etichetta delle agenzie di rating. Che spesso promuovevano con la tripla A (il voto massimo) titoli ad alto rischio di insolvenza. Salvo scoprire, dopo lo scoppio della bolla e la crisi sistemica dei mercati, il gigantesco conflitto d' interesse: le agenzie di rating sono remunerate dagli stessi emittenti dei titoli.

Un conflitto d' interessi che è passato indenne attraverso tutti i G20 e i vertici dei banchieri centrali, dove il ruolo delle agenzie di rating è rimasto ai margini delle discussioni sulle grandi riforme.