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La lunga marcia da Mao agli ogm

di Paolo Viana - 28/03/2006

Fonte: Avvenire

Il gigante asiatico ha avviato la coltivazione delle sementi transgeniche dal ’99 e da allora è stato un boom che rischia di decidere il futuro dell’agricoltura mondiale. Parla lo scienziato cinese Bao Rong Lu, che dirige il laboratorio che vigila sull’impatto ambientale delle biotecnologie

 

«L'Istituto di studi genomici di Pechino ha sequenziato tutto il dna del riso in soli due anni, ma vogliamo tutelare la biodiversità»

 

Il contadino cinese non lo sa di essere lui il "mercato" che deciderà il futuro dell'agricoltura mondiale. Per il momento, strappa con le mani le erbacce, come facevano i suoi antenati sulle sponde del Fiume Giallo e come ha continuato a fare suo padre quando pretendevano di insegnargli, a colpi di libretto rosso e rivoluzione verde, come ottenere pannocchie più ricche. Da qualche anno a Pechino, che è lontanissima dalla sua risaia, scommettono invece sulle biotecnologie: «L'affermazione degli Ogm nel nostro paese - ci dice infatti Bao Rong Lu - dipenderà da quello che voi occidentali chiamate mercato interno, nel senso che i nostri contadini potranno scegliere tra le sementi transgeniche e quelle tradizionali e ovviamente si orienteranno verso i prodotti che garantiscono una maggiore resa». Lu insegna biodiversità alla Fudan University e dirige il laboratorio che si occupa dell'impatto ambientale degli Ogm al ministero dell'Educazione; ma soprattutto è membro del Comitato nazionale di biosicurezza, che dice l'ultima parola quando si tratta di autorizzare un nuovo seme transgenico.
Lu appartiene a una delle popolazioni più longeve del suo paese: dal '67 al '76, mentre la rivoluzione culturale chiudeva scuole e università, gli scienziati cinesi poterono proseguire il miglioramento genetico del riso. Per Mao doveva sfamare le masse, ma ha gettato anche le fondamenta di un primato scientifico che ora assume contorni economici e politici. Nel 2002 Science scriveva che «l'Istituto di studi genomici di Pechino trasforma i miracoli in routine» perché i colleghi di Lu avevano sequenziato tutto il Dna del riso in due anni, mentre gli americani ce ne avrebbero messi quattro.
Il gigante asiatico ha avviato la coltivazione degli Ogm nel '99 e oggi circolano in Cina un cotone geneticamente modificato che uccide i parassiti, una petunia che si veste di colori cui la natura non aveva mai pensato, un peperone che combatte i virus e un pomodoro che matura così lentamente da poter essere esportato molto lontano... Nel 2002 l'ultimo via libera: un super-pioppo che si difende dagli insetti dannosi. «Il nostro governo - precisa Lu - non scommette sugli Ogm in quanto tali, ma sulle biotecnologie. Non ci preoccupa se le varietà cui stiamo lavorando non possono essere commercializzate, ma la competitività. Abbiamo compreso che il paese deve crescere in creatività e in conoscenza. Le biotecnologie sono un investimento per metterci al passo con il futuro».
Il discorso si fa politico. «Le biotecnologie costituiscono per noi un irrinunciabile elemento di competitività nei confronti delle altre potenze, come gli Usa», ammette Lu che da oggi è a Roma per partecipare a un ciclo di convegni e incontrare i colleghi italiani. «Stiamo lavorando con lui per dare al Vietnam - spiega Barbara Manachini, entomologa all'Università di Milano - un cotone resistente ai parassiti, per migliorare la produttività e ridurre l'uso di pesticidi». Non è l'unico progetto italo-cinese: il professor Francesco Sala, dello stesso ateneo, coordina un gruppo che redigerà le linee guida per la coltivazione di Ogm in piena sicurezza, le stesse su cui ci si accapiglia in Italia da quando l'Ue ci ha chiesto di fissare le regole per far coesistere colture transgeniche e tradizionali.
In verità, la coesistenza non rappresenta una priorità per i cinesi: «Gli Ogm saranno adottati da tutti i contadini perché costeranno meno e richiederanno minori trattamenti chimici», assicura Lu e questo entusiasmo non è solo il frutto di un'adesione intellettuale. La corsa agli Ogm della Cina nasce dalla speranza di dare l'autosufficienza alimentare a un paese che ha il 20% della popolazione mondiale e il 7% della superficie coltivata sul pianeta. Le ricerche sugli ibridi di cereali hanno lenito questa sofferenza - nel 2004 i ricercatori cinesi hanno ottenuto rese doppie rispetto a quelle italiane - ma per fare fronte al maggior benessere della popolazione la produzione risicola nei prossimi 10 anni dovrà crescere del 30%. I breeders, da soli, non ce la farebbero. E poi, l'agricoltura tradizionale è vincolata alla agrochimica, che si nutre di petrolio e dunque appesantisce la bilancia commerciale...
Il doloroso pendant di queste sfide è la sicurezza delle colture transgeniche, che il governo di Pechino non sottovaluta. «Il nostro compito - precisa il professore - è anche quello di garantire la conservazione delle varietà locali, la biodiversità. La Cina è grande e malgrado la diffusione degli Ogm ci saranno delle regioni, come lo Yunnan, che continueranno a coltivare le varietà tradizionali. Negli altri casi, le conserveremo nelle banche dei semi». Sul tavolo di Bao Rong Lu c'è anche il dossier del nuovo riso Ogm. Garantisce un incremento produttivo del 7% e riduce a zero l'uso di insetticidi e quindi anche le intossicazioni degli agricoltori. Eppure è fermo in un cassetto. «Ci vorranno anni - conferma Lu - prima che sia autorizzato, perché si tratta dell'alimento più diffuso e il governo vuole avere l'assoluta certezza che sia salubre per i consumatori cinesi. E non solo». Una pausa, poi l'ammissione più importante: «Se un paese come il nostro autorizza il riso Ogm le ripercussioni sono mondiali».