Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / I numeri dietro le bugie

I numeri dietro le bugie

di Bill Fleckenstein - 29/03/2006

Fonte: Comedonchisciotte

 

L’economista John Williams afferma che i dati “reali” riguardo disoccupazione e inflazione – rilevati con i metodi utilizzati fino a qualche anno fa – potrebbero essere due o tre volte più elevati rispetto a quanto ammette il governo. Ecco le conseguenze di questa situazione sulla Sicurezza Sociale.

Divertirsi con i numeri

All’America corporativa piace fare questo tipo di gioco, il modo migliore per far alzare il prezzo delle azioni; la gente rimarrebbe sorpresa nello scoprire come il governo si diverte a compilare ed analizzare i dati macroeconomici. Ma dietro le apparenze, per tutti noi ci sono conseguenze certe e di sicuro non desiderabili.

 

Il weekend scorso, la sempre magnifica Kate Welling ha pubblicato un’intervista con John Willilams, economista, che sarà disponibile nell’area gratuita del suo sito internet a partire dall’11 marzo. E’ il primo articolo che io abbia mai visto in cui vengono svelate tutte le incongruenze dei dati forniti dal governo riguardo inflazione, prodotto interno lordo, disoccupazione ecc.; è inoltre di importanza cruciale il fatto che queste rivelazioni arrivino da una persona che si è occupata di ciò per molto tempo.

Nonostante conoscessi quasi tutti i trucchetti statistici usati dal governo, vederli tutti assieme descritti dettagliatamente, mi ha fatto riflettere. Detto ciò, devo ammettere che in un articolo del genere c’è una quantità di “insinuazioni cospirazioniste” leggermente superiore ai dati veri e propri, che invece vorrei prevalessero. Comunque, l’elemento principale è la matematica, che molte persone dovrebbero conoscere ed invece probabilmente non sanno.

Una volta letto questo articolo, pensateci sopra, cercate di capirlo e vi farete un’idea sul perché persone serie come Jim Grant, Warren Buffet, Marc Faber, Bill Gross, Fred Hickey e Paul Volcker, nutrono serie preoccupazioni su futuro del dollaro (a causa degli attuali sbilanciamenti macroeconomici).

Leggendo questa intervista potrete dedurre come non ci sia una via d’uscita a questo problema una volta che si sarà costretti a smettere di stampare dollari, ed il finale è scontato: ad un certo punto le nazioni straniere si ribelleranno. Si può solo sperare che ci sia una soluzione a tutto ciò ma se la gente comune non comprende la portata di questi problemi non avrà alcuna possibilità di reagire e salvaguardare il proprio patrimonio man mano che avremo sempre più indizi su come tutto ciò si manifesterà.

Ecco perché mi sento di consigliare a tutti di stampare quest’articolo, leggerlo e rileggerlo fino ad avere un’ idea molto chiara della questione. Siccome non sappiamo quale sarà l’impatto di alcuni di questi eventi sul mercato, tutto ciò che possiamo fare è essere preparati; per esempio diversificando i propri investimenti (comprando metalli preziosi o divise estere) per poi stare ben attenti ai primi segnali dell’inizio di un’imminente reazione a catena. Nel frattempo, per stimolare la vostra curiosità, elencherò di seguito qualche piccola anticipazione.

Le statistiche sull’occupazione non considerano i “disoccupati cronici”

Williams comincia la sua argomentazione trattando il dato economico principale: “Attualmente la disoccupazione reale – calcolata nel modo in cui veniva stimata durante la Grande Recessione (il modo in cui viene percepita da un cittadino medio) – è circa del 12%. L’inflazione reale viaggia attualmente attorno all’8%, ed il Prodotto Interno Lordo reale è probabilmente in contrazione”. (Con il termine “reale” Williams indica il calcolo di queste statistiche senza indicizzarle all’inflazione, nel modo in cui venivano valutate in passato).

Successivamente spiega come vengono stimati i dati relativi all’occupazione, facendo notare che 5 milioni di disoccupati cronici non rientrano in queste statistiche; in fatti ci sono sette o otto indici di disoccupazione diversi: quello ufficiale viene indicato con la sigla U-3. L’indice più comprensivo, U-6, colloca l’attuale disoccupazione attorno all’8,4%, mentre, come spiegato prima, l’indice utilizzato storicamente è attorno al 12%.

Washington D.C.: un inchino alla manipolazione dei dati

Williams distingue due metodi usati per manipolare i dati statistici. Il primo è chiamato “manipolazione sistemica, con cui vengono cambiate le metodologie di calcolo” col fine di allineare la visione del mondo che ha il governo con il mondo stesso, in parole povere per far sembrare le cose migliori di quanto sono in realtà. Il secondo metodo consiste in una vera e propria falsificazione dei dati per produrre un risultato voluto; Williams descrive dei casi in cui alcune amministrazioni hanno letteralmente manipolato le statistiche per ottenere gli effetti desiderati (sebbene la politica non sia l’argomento principale dell’articolo in questione).

Per chi non ha familiarità con il termine “surrogato”, egli spiega inoltre l’evoluzione nel calcolo dell’inflazione. Il concetto di “surrogazione” è una macchinazione introdotta da Alan Greenspan e da Micheal Boskin, i quali semplicemente affermano che se un bene fosse troppo costoso, i consumatori lo sostituirebbero con un altro più economico. Williams replica: “il problema è che, considerando i surrogati, non stiamo più misurando un determinato e costante standard di vita; stiamo calcolando il costo della sopravvivenza. E’ possibile continuare a scendere sempre più in basso nella scala dei surrogati, in modo che le persone comprino cibo per cani al posto degli hamburger. Capita; ma questo non è il concetto che stava originariamente dietro al calcolo dell’inflazione.”

Quel sinistro ticchettio? E’ la Sicurezza Sociale

Williams afferma che il motivo che spinge il governo a fare ciò, se c’è un motivo (si sta parlando del governo a livello d’insieme; non immaginatevi un gruppo di uomini intenti a tramare nell’oscurità), è il desiderio di fare apparire come positivi tutti gli indicatori statistici.

Volete un’altra ragione? I contributi della Sicurezza Sociale ai più bisognosi sono indicizzati all’inflazione e sarebbero quindi molto più elevati se questo indice fosse calcolato in maniera precisa. Infatti aggiunge Williams: “Se l’inflazione venisse calcolata oggi come quando Carter era presidente, gli assegni della Sicurezza Sociale sarebbero del 70% più elevati.” Sette-Zero!

Per quanto riguarda la sottostima dell’inflazione, Williams tratta anche l’impatto della ponderazione geometrica contro la ponderazione aritmetica nel calcolo dell’indice dei prezzi al consumo: “La ponderazione geometrica ha il ‘vantaggio’ che se il prezzo di un bene aumenta il suo peso nel calcolo dell’inflazione diminuisce e viceversa.”

E poi si passa a trattare la bomba ad orologeria: la Sicurezza Sociale. I proventi derivanti da queste trattenute sui pagamenti per la Sicurezza Sociale non vengono messi in una cassetta di sicurezza o in un fondo monetario, bensì vengono spesi per ridurre il disavanzo pubblico. Ma la cosa più importante è che il governo non tiene conto, nel calcolo del deficit pubblico, di questi ratei derivanti dalla Sicurezza Sociale o dal Servizio Sanitario Statale.

Se il governo li considerasse e utilizzasse i principi contabili riconosciuti internazionalmente, il deficit per ciascuno degli anni dal 2003 al 2005 sarebbe stato 3.500 miliardi di dollari. Nel solo 2004 il disavanzo avrebbe toccato quota 11.000 miliardi di dollari a causa di un forte aumento dei rimborsi dei farmaci per il Servizio Sanitario Statale. In pratica, come spiega Williams, gli USA accumulano passività per un importo più o meno equivalente al proprio prodotto interno lordo ogni 3 anni.

Molti di questi squilibri esistono da parecchio tempo e non si è mai data loro importanza. Questi problemi macro-economici vengono considerati solo nel momento in cui raggiungono dimensioni enormi. E quando si arriverà al punto di non-ritorno gli eventi inizieranno a scivolare verso il basso in modo molto veloce e senza alcun controllo; ecco perché occorre essere in grado di capire le sfumature di questa situazione e stare all’erta per eventuali indizi di una reazione a catena, come detto in precedenza.

Addebitate quella Mercedes sul mio “reddito figurativo”

Tornando all’argomento Prodotto Interno Lordo, Williams mi ha illuminato riguardo un elemento che non conoscevo: le cosiddette “entrate figurative”. Si tratta “del risultato della struttura speculativa meglio conosciuta come national income accounts. Ogni bene posseduto da una persona ha una componente di reditto figurativo; per esempio, se siete proprietari della vostra casa il governo presuppone che ve ne auto-paghiate l’affitto, questo è un tipo di ‘reddito figurativo’. Le entrate figurative sulle proprie partecipazioni finanziarie ammontano per esempio al 21% per l’anno di 2002, con un aumento del 8% per ogni anno. Ecco come un bel 62% delle entrate totali in quell’anno erano di tipo figurativo”.

Cosa bolle in pentola dietro ai dati statistici

In seguito Williams mette assieme la bolla speculativa ed immobiliare per fare un riassunto della nostra situazione: “Lo scoppio della bolla speculativa (nel 2000), senza una grossa crescita economica alla base e una situazione finanziaria sana, fu il preludio a una recessione che fu più grave e lunga di ciò che il governo ci fece credere.”

“Sono convinto che la crisi in cui siamo ora sia una conseguenza del cambiamento strutturale avvenuto con la recessione del 2000. C’è stata una leggera ripresa nel 2003 ma nel 2005, osservando diversi indicatori che utilizzo di solito, si sono cominciati a vedere i segni di una nuova crisi.”

Quanto affermato da Williams non è molto distante dal mio punto di vista. In altre parole, se provate ad osservare i dati cercando di capirli, vedrete che ciò che descrivono gli indicatori principali forniti dal governo non si avvicina per nulla a ciò che si evince dai dati statistici reali. La nostra situazione finanziaria è una bomba ad orologeria. Ciò che nessuno di noi sa è quando scoppierà.

Bill Fleckenstein
Fonte:http://iraqwar.mirror-world.ru
Link:
http://iraqwar.mirror-world.ru/article/81544

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANDREA GUSMEROLI