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Fiat: quanto ci costi?

di Giovanni Petrosillo - 09/10/2009

Non muoiono mai, sempre pronti ad approfittare del malessere generale e delle sfortune nazionali per imbrogliare le carte e la realtà, per far passare le loro ladronerie da opera pia e caritatevole a favore di un paese sempre più in preda alle convulsioni da crisi economica.

Ebbene sì, l’ultima panzana di Luca Cordero di Monteprezzemolo, aspirante leader politico e golpista in erba, è di quelle che farebbero scompisciare dalle risate se solo non ci trovassimo in una fase storica a dir poco tragica: “Gli aiuti al settore auto servono a far ripartire i consumi”. Eccome no! Noi siamo Pinocchio e lui il gatto e la volpe messi insieme. Cari italiani, sotterrate pure un euro sotto la fertile terra Fiat e vedrete crescere un albero di denari. Lo Stato pantalone ne tenga conto e si dia alla “coltura” automobilistica, rimetta mani al portafogli che l’investimento è di quelli oculati, l’Italia ha proprio bisogno di fare ancora “brum brum” per ruggire al “futuro” con Montezemolo e compagnia bella.

Il Governo tuttavia, nient’affatto sicuro di quello che sostiene il presidente del gruppo torinese, temporeggia, pone paletti, rivendica un limite ed, infine, come sempre accade da qualche decennio a questa parte, finisce (al pari di tutti quelli che l’hanno preceduto, di destra e di sinistra) per cedere e per lubrificare i motori della Fiat attraverso iniezioni di denaro pubblico, ma, s’intende, per l’ultima volta. Così a Pinocchio il naso cresce a dismisura, di pari passo con gli appetiti voracissimi della fabbrica automobilistica. E sono queste le bugie più grosse che ci legano perennemente ad un purgatorio industriale dove la pena non si estingue mai.

Fanno bene allora ad incazzarsi le imprese del nord-est che, incensate a parole come il cuore produttivo dell’Italia, non beccano un centesimo ed anzi subiscono il fardello di imposte sempre più alte. Ed ha ragione anche Guarguaglini che rivendica risorse aggiuntive per i prodotti della difesa che hanno più futuro delle auto. Da più parti ci raccontano che la crisi è alle spalle, che il peggio è passato, ma perché, or dunque, come dice Marcello Foa sul suo blog si continua ad “a implorare aiuti e sovvenzioni di Stato, che qualche mese fa potevano essere plausibili, per scongiurare un crollo di sistema, ma stanno diventando un alibi. Le Borse ci dicono che la crisi è passata…In questo caso le aziende smettano di sollecitare i sussidi. E’ facile, troppo facile, far volare il titolo in Borsa se lo Stato dà una mano. E si sta diffondendo una mentalità per cui, avendo aiutato i grandi gruppi, bisogna aiutare anche medi, piccoli. Si va oltre lo scandaloso “too bog to fail”, troppo grande per fallire, per arrivare a un “nessuno deve fallire”. Io dico basta, per tutti. Continuando di questo passo trasformeremo un’economia liberale di mercato in un’economia capitalista alla cinese, dove lo Stato continua ad esercitare un ruolo dominante, portando alle stelle il debito pubblico. Basta, basta, basta.”

E sì, tre volte basta anche perché se il capitalismo è davvero il sistema del rischio e degli uomini che si fanno da soli, com’è che da noi nessuno vuol osare mai nulla? E’ la solita vecchia malattia della grande imprenditoria del Bel paese: se le cose vanno male bisogna affratellarsi e stringersi a coorte per il bene della nazione, quando invece vanno bene è merito degli animal spirits, i quali ovviamente, si tengono tutto e non dividono nulla con nessuno.