Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Stragi, strategia della tensione e ruota della fortuna

Stragi, strategia della tensione e ruota della fortuna

di Miguel Martinez - 17/10/2009

Facciamo emergere alcuni punti dai commenti al mio post di ieri.

La discussione si è soffermata in gran parte sulla strage di Bologna: una discussione interessante, ma il mio intento non è quello di rifare la storia delle stragi in Italia, bensì di focalizzare l'attenzione sul meccanismo con cui tendiamo a interpretare episodi analoghi, anche quelli che avvengono oggi.

 
Verità ufficiale, verità antagonista

Intanto, non si tratta di contrapporre "verità ufficiali" e "verità antagoniste". Sia le "istituzioni" (in senso lato e compresi i grandi media), sia gli antagonisti possono essere "complottisti". Ed entrambi possono mentire.

Tra il 1969 e il 1980, sono avvenute in Italia quattro stragi contro quelli che potremmo chiamare "civili": Piazza Fontana, Brescia, l'Italicus e Bologna. E' bene ricordare il numero ridotto e la distanza temporale tra una strage e l'altra, perché è evidente che episodi così isolati non costituivano la norma e non creavano nessun clima generale di terrore. Nulla a che vedere, ad esempio, con gli attentati suicidi compiuti quasi quotidianamente dai palestinesi in Israele in un certo periodo.

La versione che allora era antagonista è oggi la versione più o meno ufficiale: non c'è commissione parlamentare o editoriale che parli di quegli anni senza citare la "strategia della tensione" volta a "soffocare la democrazia in Italia".

Il quadro che ne emerge è di un immenso sistema tentacolare, in grado di compiere stragi tremende senza lasciare traccia, di far sparire le prove, di condizionare tutte le indagini e di far sì che i giudici assolvessero i rei.

Da chi era costituito questo sistema tentacolare? Nessuno cerca di soffocare la democrazia come passatempo; lo fa perché vuole monopolizzare il potere, di cui probabilmente già possiede molto.

Allora chi era il regista della strategia della tensione? La famiglia Agnelli? Per carità, sono l'anima dell'impresa italiana. Il governo degli Stati Uniti? Per carità, sono il baluardo della democrazia. Il Papa? Per carità, è il custode dei Nostri Valori e occorre parlarne con rispetto. Resta poco più della P2, che in realtà era soprattutto un sistema di raccomandazioni per persone molto diverse tra di loro e che già contavano qualcosa; e la P2 comunque è stata smantellata dalla stessa magistratura che non è riuscita a punire le stragi.[1]

L'errore qui non sta nel credere ai complotti, che se ne fanno tutti i giorni di veri;  ma sta nella concezione che molti hanno del potere, anzi del Potere, immaginato come un ente astratto e unitario.

Esistono in realtà potenti di ogni sorta, in perenne corsa su e giù per la ruota della fortuna e in incessante lotta tra di loro, nonché con il colesterolo e le proprie mogli. E che non sono sostanzialmente diversi da noi poveri mortali.

Ecco perché uso con parsimonia la parola "potere", e preferisco "dominio", con riferimento a tutta l'impostazione della società capitalista occidentale, quella sì davvero capace di sopravvivere e riprodursi all'infinito. Ma sono concetti difficili per chi è abituato a ragionare in termini di "potere occulto", di "trame oscure" e cose simili.[2]
 
 
Motivazione e carte processuali

Nel guardare gli anni Settanta, confondiamo due realtà completamente diverse: la diffusa violenza quotidiana, che talvolta sfociava in omicidio, e le quattro grandi stragi. La confusione proietta sulla violenza diffusa qualcosa dell'oscurità delle stragi: anche atti brutali, ma perfettamente comprensibili nelle loro motivazioni, vengono inseriti nell'atmosfera complottista. Come se ci volesse la P2 per spiegare che hai dato una coltellata a uno che ti aveva tirato una molotov perché tu gli avevi dato fuoco al motorino. Ah, dimenticavo, lo hai fatto quattro giorni prima che Andreotti litigasse con Fanfani...

L'omicidio e la strage hanno comunque alcuni elementi in comune.

Una strage, o anche un semplice omicidio politico premeditato, è una faccenda difficile da organizzare. Anche per acquistare una pistola, devi rivolgerti a un malavitoso, che ti deve conoscere abbastanza bene da fidarsi di te, mentre tu non potrai mai fidarti di lui. Figuriamoci l'acquisto di grandi quantità di esplosivo. Le grandi azioni difficilmente si possono compiere da soli; ma la banale esperienza con innocui fatti privati ci mostra che quando due persone sanno qualcosa, lo sa tutto il mondo. Se pensiamo poi al mondo sempre pettegolo e spesso demenziale dell'estremismo politico...

Anche chi è più o meno apertamente coperto da potenti macchine statali può compiere errori clamorosi: ricordiamo il tentativo fallito di avvelenare Khalid Meshal da parte del Mossad, o la scia di indizi lasciata dai rapitori statunitensi di Abu Omar.

Certo, in un villaggio dell'Aspromonte, si può contare sul fatto che anche se spari a viso aperto a qualcuno in piazza, tutti diranno di non aver visto niente (ma esistono anche i pentiti di Mafia). Però in luoghi socialmente più complessi, chi compie un'azione del genere sa che prima o poi lo potranno prendere, per un errore qualsiasi.

Per compiere un omicidio politico o una strage, ci vuole quindi una forte motivazione; e ci vuole anche un progetto e uno scopo.

Qualcuno mi ha chiesto se ho letto le carti processuali della strage di Bologna. Ovviamente, per parlare seriamente della strage di Bologna, avrei dovuto farlo. Sono 500 mila pagine, e non me ne importa abbastanza di quello specifico fatto per farlo: l'ho citato solo come esempio.

Ma le carte processuali, la grande risorsa dei cronisti e degli autori di "inchieste" (e qui ci sarebbe da aprire una parentesi su questo orrendo genere letterario), ci dicono tutto sulla lettura giuridica e carceraria di un fatto; ma difficilmente rivelano la motivazione, il progetto o lo scopo.  

Non viviamo in un sistema inquisitoriale, e quindi le motivazioni ricevono un'attenzione minima, trovandosi sommerse da infiniti dettagli, che a loro volta possono nascondere infiniti bachi. La figura umana dei protagonisti - che è tutto quando parliamo di motivazione - scompare nel nulla. E permette anche le più sgradevoli demonizzazioni di persone trasformate in semplici ruoli nella recita del delitto.

 
Motivazioni materiali e ideali

Le motivazioni possono essere di tipo materiale o ideale.

Un grupppo di potere, con uno scopo ben preciso (siamo sempre lì) può affittare un serio professionista del tritolo o dell'omicidio, pagandolo somme ragguardevoli e organizzandogli attorno un'ampia infrastruttura nonché ovviamente una via di fuga, preferibilmente verso qualche isola tropicale. Chiaramente ci si rivolgerà a un tecnico e non a qualche inaffidabile fanatico politico - non è certo tra gli estremisti che bisogna cercare i sicari seri, come saggiamente mi disse un signore che si fece quattro anni di carcere per le accuse più improbabili, finendo poi assolto.

Una persona che non possiede potere corre rischi invece per motivazioni ideali. Questo è un termine che non uso con alcun intento morale; potete anche trovare un altro termine, meno simpatico, però se non capiamo il concetto, non arriviamo da nessuna parte.

Cogliere la motivazione ideale non significa semplicemente credere a ciò che qualcuno scrive di se stesso, magari reinterpretandolo secondo i nostri criteri. Bisogna sempre cercare una specie di punto focale dei discorsi.

Ad esempio, Forza Italia si presenta con questi ideali sul sito della divertente soubrette Gabriella Carlucci. Mica voglio negare che Gabriella Carlucci in qualche modo ci creda; ma è ovvio che il punto focale dei militanti di Forza Italia è diverso - è una simpatica congrega di affaristi, che mirano a ricoprire il massimo numero possibile di assessorati. Cosa che emerge più da una chiacchierata con qualche dirigente di Forza Italia che dalla loro carta scritta.

A volte, i nostri pregiudizi ci impediscono di cogliere il punto focale di un movimento, che si può nascondere in quello che ci sembra un dettaglio.

Il Gush Emunim e i Neturei Karta sono due gruppi di barbuti "fondamentalisti" ebrei, che sembra che scrivano più o meno le stesse cose e condividono gli stessi riferimenti di base. Ma una divergenza nel modo di interpretare alcuni dettagli fa sì che i primi appoggino qualunque cosa faccia l'esercito israeliano e i secondi preghino tre volte al giorno per l'abolizione dello Stato d'Israele.

Proprio la differenza del punto focale comporta differenze radicali nelle scelte di gruppi che possono apparire simili: non esistono "i comunisti", i "fascisti", i "cattolici", i "fondamentalisti islamici" o gli "estremisti ebrei".

I delitti commessi da estremisti politici hanno quasi sempre motivazioni ideali, che comprendono cose viscerali come la vendetta. Queste motivazioni spiegano innumerevoli fatti: le azioni delle Brigate Rosse, l'omicidio del giudice Occorsio per vendicare lo scioglimento di Ordine Nuovo, l'attentato di Mohammed Game a Milano e così via. Ogni singola azione compiuta da Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, per quanto spesso contro poveri disgraziati, rispondeva a una precisa logica di questo tipo (vendetta, soppressione di presunti infiltrati, rapine per sopravvivere una volta lanciato il meccanismo che li ha portati alla latitanza).

I responsabili di queste azioni hanno sempre agito in prima persona, hanno colpito bersagli significativi e hanno pagato: non si tratta di una considerazione morale, ma di qualcosa che ci permette ragionevolmente di escludere misteriosi scenari dietro le quinte.

 
La logica delle stragi

A maggior ragione, anche le stragi devono avere una loro logica. Sembra brutto dirlo, perché siamo programmati per condannare e non per capire le cose brutte.

Il modello insuperato delle stragi terroristiche è stato il sistema di bombardamento a tappeto angloamericano durante la seconda guerra mondiale, ripetuto dagli statunitensi nel Vietnam. Centinaia di migliaia di donne, bambini e vecchi arrostiti nella maniera più atroce. Ma non è stata opera di un individuo sadico, bensì di un'équipe di esperti - compresi  esperti di macellazione per studiare gli effetti sui corpi umani - con uno scopo perfettamente logico. Quello di ricordare agli esaltati soldati tedeschi sul fronte che finchè durava la guerra, anche i loro bambini potevano morire di una morte spaventosa.[3]

Accantoniamo i giudizi morali, e diciamo che la tecnica è stata molto efficace in Italia, meno in Germania, pochissimo nel Vietnam.

Un'azione di questo tipo, compiuta però da "idealisti" (in senso tecnico) e non da "sicari", è stata la strage della metropolitana di Madrid. E' logico pensare che lo scopo degli attentatori fosse quello di portare la guerra dell'Iraq in casa degli invasori, colpendo un bersaglio accessibile. Non solo: un'azione di questo genere deve sempre offrire alla controparte la possibilità di far cessare il terrore facendo una concessione ragionevole: in questo caso, il ritiro delle truppe spagnole dall'Iraq. Ottenuta la concessione, non ci sono stati più attentati "jihadisti" in Spagna.

Conosco solo superficialmente il caso di Madrid; non posso garantire che la magistratura spagnola abbia preso i reali responsabili; ma mi sembra plausibile che i reali responsabili facessero parte almeno degli stessi ambienti che la versione ufficiale accusa. Ambienti precisi, di qualche decina di persone al massimo, mica "i musulmani" o "gli immigrati".

 
Perché si fa una strage?

Esiste una strage nella storia italiana di cui conosciamo abbastanza bene la logica. Una strage dimenticata, perché i delitti di Mafia non toccano le corde identitarie della politica: parliamo della strage di via dei Georgofili a Firenze. Che non fu isolata, ma accompagnata da una serie di altre azioni analoghe.

Ricostruisco a memoria, per cose lette nel tempo, e posso sbagliare nei dettagli. Ma mi sembra che la faccenda sia andata così.

A compierla non furono estremisti politici, bensì - come è ovvio - sicari professionisti, che agivano con una ragionevole copertura da parte di una potente organizzazione: non abbastanza potente, alla fine.

Le stragi furono decise dai cosiddetti corleonesi, cioè un gruppo preciso di persone. Non dalle "forze oscure della reazione", e nemmeno da "la Mafia", ma da un gruppo che doveva guardarsi continuamente alle spalle da altri gruppi.

Lo scopo era perfettamente ragionevole. Tramite vari emissari, hanno presentato una precisa richiesta al governo, una richiesta che il governo avrebbe potuto trovare la maniera di soddisfare: allentare le restrizioni cui andavano soggetti i boss arrestati in carcere.

Inoltre, hanno fatto un calcolo militarmente ineccepibile. Lo Stato stava per mandare molte forze in Sicilia, per sopraffare i corleonesi. Colpendo a caso in punti qualsiasi di tutto il territorio italiano, i corleonesi erano certi di poter distrarre  la maggior parte di queste forze, costrette a presidiare inutilmente ogni incrocio del paese. E colpendo obiettivi turistici, i corleonesi contavano anche di fare un danno all'economia.

La strategia è fallita perché altri gruppi mafiosi hanno deciso invece che fosse meglio mantenere un profilo basso, entrando nei partiti politici. E la forza di questi gruppi fu tale da bloccare i primi.

Tutto ciò è perfettamente logico; e se sei il tipo di persona che campa facendo morire migliaia di ragazzi di eroina e facendo a pezzi nelle vasche di acido i parenti dei tuoi nemici, possiamo anche accantonare troppe considerazioni morali.

Questa vicenda la conosciamo però solo per caso. Se non si fosse mai scoperto il vero movente, avremmo tutti proiettato le nostre fantasie su qualcuno che ci stava antipatico: gli anarchici non erano più di moda dopo il 1972, i fascisti sono diventati obsoleti negli anni Ottanta, forse ce la saremmo già presa con i musulmani che odiano i simboli dell'arte occidentale. In fondo, per decidere chi ha messo la bomba sull'Italicus nel 1974, è bastato un unico volantino che avrebbe potuto scrivere chiunque.

Magari dopo la bomba ai Georgofili, avrebbero trovato qualche ambulante senegalese che si aggirava in maniera sospetta da quelle parti e che aveva come unico alibi quello di essersi incontrato con un altro ambulante di cui si sono perse le tracce; e forse un compagno di cella, il solito pentito, avrebbe raccontato in seguito ai giudici di aver avuto da lui chi sa quali confidenze.

Infatti, essere anticomplottisti non significa affatto credere alla correttezza della magistratura, né tantomeno dei media.

Semplicemente, non è necessario pensare che il magistrato desideroso di fare carriera fosse anche lui della partita dei  corleonesi. E per spiegare il poliziotto che suggerisce al "pentito" cosa dire, è sufficiente ricordare che ogni poliziotto, come chiunque, vive sotto costante pressione per produrre. E che è sempre più facile produrre a spese di piccoli disgraziati, di gente che non ha connessioni di potere, di estremisti politici sciroccati.

La vera strategia della tensione

Tutto questo significa che non esiste la "strategia della tensione"?

Certamente esiste, ma su un piano diverso e perfettamente visibile. Consiste semplicemente nella maniera in cui il sistema spettacolare ci presenta i fatti. Una rom che fa un furtarello compare su tutte le locandine davanti alle edicole, o nelle serate di Bruno Vespa. Non c'è certo bisogno di montare stragi e rischiare ergastoli, per manipolare la realtà e per diffondere un senso sempre crescente di panico.

La strage di Falluja - decine di migliaia di persone massacrate dal "nostro imprescindibile alleato americano" - invece non esiste nella coscienza mediatizzata comune. E non è reato non parlarne in televisione.

Tutto questo non richiede una centrale occulta: chi fa carriera nei media è selezionato per agire spontaneamente così.

Anche negli anni Settanta, non mancava un riferimento quotidiano agli "opposti estremisti", senza che fossero necessarie le stragi - bastava un corteo un po' rumoroso per dire che non se ne poteva più.[4]

A questo si aggiungono infinite piccole azioni compiute veramente da elementi dei servizi o dei carabinieri: Cossiga ci ha ricordato allegramente come fosse prassi infilare bustine di eroina in tasca a noti sovversivi e poi arrestarli; mentre conosciamo le infinite dritte dei servizi ai media, in cui si racconta che un comando di musulmani sta per compiere le cose più assurde.  Poi non succede niente (i produttori di veline mica rischiano sul serio a organizzare un attentato contro il Papa), le fonti sono vaghe e tutto viene dimenticato, lasciandosi dietro però una scia di paranoia.

Note

[1] Il fatto che quelli della P2 abbiano pagato poco, mentre piccoli estremisti politici si sono fatti anni di carcere, non dipende da qualche complotto, ma dal fatto che le leggi sono strutturalmente a favore dei più potenti.

[2] E' interessante notare come anche in ambienti neofascisti, il mito della "strategia della tensione" sia stato pienamente assorbito: la versione neofascista di ciò che è successo in quegli anni coincide quasi perfettamente con quella dell'estrema sinistra, tolti ovviamente i riferimenti a singoli gruppetti neofascisti, che comunque sono sempre immaginati come "infiltrati dai servizi".  Ovviamente lo erano, ma è facile confondere l'infiltrazione con il controllo delle linee politiche.

[3] Il terrorismo richiede continuità: infatti gli squadroni di centinaia di bombardieri partivano a un certo punto quasi ogni giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.

[4] A ogni strage, come a ogni azione armata delle BR, si sono aggravate le leggi contro i reati associativi. Se tale fosse lo scopo delle stragi (ma non lo so), la sinistra mainstream di allora come quella di oggi se ne è fatta pienamente complice.