Ottomila chilometri di viaggio, poi un sito di stoccaggio all’aria aperta, in Siberia. È la fine che fa almeno il 13 per cento delle scorie radioattive francesi: ogni anno 108 milioni di tonnellate di uranio impoverito vanno a ingrossare l’enorme parco nucleare segreto del complesso atomico di Tomsk-7, una città di 30 mila abitanti nel grande nulla russo in cui è proibito l’accesso a stranieri e a giornalisti. Ad alzare il coperchio che tappava il bidone della “pulitissima” industria nucleare d’oltralpe è stato un documentario trasmesso due sere fa dal canale Arte, dal titolo Dechets, le cauchemar da nucleare (Rifiuti, l’incubo del nucleare). A realizzarlo Laure Noual hai ed Eric Guéret, una giornalista di Liberation e un regista che hanno lavorato otto mesi, coinvolgendo gli ambientalisti russi, a partire da Greenpeace, sulle tracce delle scorie. Hanno trovato riscontri raccolto ammissioni da parte della grande industria atomica francese, Areva, e dall’Edf, l’ente elettrico nazionale. Colti con le mani nel sacco, i responsabili del traffico hanno riconosciuto in prima serata che il flusso di uranio e plutonio esiste, ma hanno tentato di sostenere la tesi che si tratta di una sorta di regalo della grandeur nucleare francese agli amici russi. Dall’impianto di stoccaggio e ritrattamento di La Hague, infatti, esce un materiale che secondo Areva potrebbe essere lavorato e trasformato in Mox, il carburante che in futuro finirà nelle previste centrali italiane. Peccato che solo un 10 per cento dei rifiuti trasferiti in Siberia diventi di nuovo riutilizzabile: il restante 90 per cento è stoccato senza nessuna sicurezza in fusti all’aria aperta, come mostrano le foto e le riprese da satellite. Il traffico, che dura dalla metà degli anni Novanta, si svolge prima in nave e poi in treno: lungo gli ottomila chilometri che separano prima la Manica da San Pietroburgo e poi la antica capitale russa dalla Siberia, senza nessuna particolare misura di sicurezza. I rifiuti nucleari si nascondono, quindi, sotto il tappeto, ma lontano dagli occhi della società ce li produce. Stiamo parlando di una delle maggiori potenze del nucleare civile mondiale e delle due aziende con cui il governo Berlusconi ha stretto gli accordi per il riavvio del nucleare a casa nostra. Ma Areva e Edf non sembrano far meglio di tanti trafficanti di casa nostra. Ieri è stato avvistato nel mare di Calabria un relitto che - secondo la cartina della società creata dall’imprenditore Giorgio Comerio per l’affondamento programmato delle scorie radioattive - potrebbe essere quello della Mikigan, la nave affondata nell’ottobre del 1986 con un carico protetto da granulato di marmo, ossia da uno schermante delle radiazioni atomiche. Quello che i francesi fanno con maggiore sfoggio di mezzi andando a nascondere le scorie in Siberia, il malaffare italiano fa più semplicemente nel mare di casa nostra. Vuoi vedere che il nostro nucleare diventa più conveniente di quello di Parigi?