Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Liberarci dall'ombra maligna di Freud, cattivo maestro che considerava gli uomini «spazzatura»

Liberarci dall'ombra maligna di Freud, cattivo maestro che considerava gli uomini «spazzatura»

di Francesco Lamendola - 30/10/2009

 

Esistono molte persone che provano un piacere maligno a distruggere, nell'anima del prossimo, sentimenti quali la fiducia, la compassione, la speranza; autentici demoni, per lo più inconsapevoli della propria natura demoniaca, che godono a diffondere tutto intorno a sé la desolazione spirituale, l'incredulità, il nichilismo.
A volte si tratta di educatori, o meglio, di persone che usurpano il ruolo di educatori; e sono una razza pericolosissima, poiché, agendo sulla personalità ancora informe dei giovani, possono inoculare in essi, sfruttandone l'entusiasmo e la buona fede, il veleno micidiale del disincanto, dell'amarezza, dello scontento cronico.
Bisogna anche dire che la società moderna, presa in una sorta di follia autodistruttiva, è di per se stessa incline a mettere su un piedistallo individui del genere, scambiandoli per geni e onorandoli come maestri della libertà di pensiero; mentre si tratta di nani malefici, di anime piccole, capaci soltanto di seminare il dubbio distruttivo.
La cultura moderna ha creato parecchi di simili «eroi»: cavalieri del nulla, il cui unico merito è stato quello di distruggere valori e certezze consolidati, senza avere uno straccio di idea costruttiva da mettere al loro posto, per colmare il vuoto così creato; peggio: che non cercavano né desideravano alcuna verità, ma che godevano soltanto a demolire la verità degli altri.
Uno di codesti geni malefici, di codesti eroi fasulli, innalzati grottescamente su un piedistallo immeritato, è stato senza dubbio Sigmund Freud: un uomo le cui teorie deliranti sulla psiche umana hanno fatto tutto il male possibile, esercitando un sinistro fascino appunto su una società assetata non di dei, ma di demoni, e desiderosa non di verità in cui credere, ma di precipitarsi allegramente nel nulla dell'autodistruzione spirituale.
Il male è stato ingigantito da una intera scuola di zelanti apostoli del nulla, i quali hanno codificato la nuova religione nichilista della psicanalisi (dopo averne espulso gli «eretici» Adler e Jung) e hanno divinizzato il verbo del maestro, trasformandolo in un autentico paradigma pseudoscientifico e culturale. Su quel Vangelo aberrante essi hanno costruito cattedre universitarie, carriere ben pagate e lucrosi studi medici, ove folle di uomini e donne spiritualmente torturati cercano invano un sollievo alle loro sofferenze, mentre aprono generosamente il portafogli.
Non vogliamo fare, qui, un discorso nel merito della psicanalisi; del resto, ne abbiamo già parlato altra volta, e con la massima chiarezza (cfr. i nostro precedenti articoli: «Una forma di magia nera: la psicanalisi»,  e  «Il "principio di realtà" non è che il nichilismo freudiano spacciato per verità obiettiva», entrambi consultabili sul sito di Arianna Editrice).
Piuttosto, desideriamo mettere in evidenza le implicazioni distruttive dell'approccio freudiano ai problemi spirituali dell'essere umano, tenendo sempre presente la sua concezione antropologica generale. Infatti l'uomo, per Freud, è puramente e semplicemente «spazzatura» (questa è la sua testuale espressione); o lo è, quanto meno, la grande maggioranza degli uomini.
Ha scritto Luciano Cian nel libro «Cammino verso la maturità e l'armonia» (Torino, Elle Di Ci,  1982, p. 7):

«La psicanalisi freudiana, ricchissima e utile nella comprensione dei dinamismi dell'inconscio e del profondo umano, presenta un'impalcatura teorica a sfondo "intellettuale", per cui conoscenza può anche significare possesso, fotografia, etichetta, sistematizzazione, schematismo, interpretazione fissa, determinismo e fissità, pensiero obiettivo ma freddo, organizzazione, deduzione, ripetizione (Eugène Minkowsky parla di "razionalismo morboso" come tendenza costruire sistemi, teorie ermetiche, a volte stravaganti, in cui collocare la persona attraverso una relazione di dominio-sottomissione, pilotata dal terapeuta, limitativa della libertà e responsabilità personale, liberante per certi aspetti ma sottilmente manipolativa).»

E si tratta di un giudizio ancora assai benevolo.
Resta, comunque, la critica di fondo: il freudismo è un sistema di pensiero (contrabbandato per filosofia, ma in realtà di natura puramente clinico-patologica) fondato su un razionalismo freddo, disumano, che parte da un radicale pessimismo antropologico arbitrariamente assunto a sostegno del tutto, e incapace di offrire un vero sollievo e una vera liberazione, perché chiuso aprioristicamente ad ogni prospettiva trascendente.
In questo senso, esso rappresenta una delle vette negative della moderna arroganza scientista, secondo la quale solo ciò che è scientificamente dimostrabile - e la psicanalisi, questo è il paradosso, non lo è - possiede dignità di vero sapere; e costituisce una delle maggiori cause della crisi spirituale che stiamo tuttora attraversando.
Ha osservato Gaspare Barbiellini Amidei a proposito della negazione scientista di Dio - e l'osservazione si applica perfettamente alla teoria freudiana della religione come proiezione fantasmatica dell'immagine paterna, insieme paurosa e suscettibile di invidia e gelosia («La riscoperta di Dio», Milano, Riizzoli, 1984, pp. 14-15):

«Il bisogno di Dio è stato tenacemente confuso, da uomini di fede e da uomini di scienza, con l'idea stessa di Dio. Così un materialismo pateticamente inadeguato ha pensato di confutare Dio, dimostrando la dipendenza psicologica del bisogno di Dio dalle incertezze, dai terrori, dalle nevrosi collettive, dagli sfruttamenti economici, dai condizionamenti culturali.  Con un procedimento intellettuale molto scorretto si è creduto di poter assimilare l'eventuale fragilità logica del bisogno di Dio alla dimostrazione di una fragilità dell'idea stessa di Dio.  Secondo questo procedimento, se un medico riuscisse a dimostrare l'origine nervosa, patologica, dell'eccessiva fame di un suo paziente, ne deriverebbe la dimostrazione che il cibo del quale tale paziente voglia nutrirsi non esiste. O come se più in generale si potesse formulare una legge di questo tipo:  tutto ciò il cui bisogno è stato messo sotto accusa e disvelato  nelle sue fragili cause psicologiche e sociali, non ha vita propria,. Anzi, dalla dimostrazione della provvisorietà del suo bisogno discende la dimostrazione della sua inesistenza.»

Tuttavia, il pensiero di Freud non è solamente erroneo e riduttivo della vera natura dell'uomo; non è solo POTENZIALMENTE pericoloso a livello psicologico, perché intacca le fonti vive della speranza e dell'amore per la vita, offrendo un quadro estremamente squallido e desolante della condizione umana, che presenta con la forza aggressiva di una nuova religione (e sia pure una religione del nulla). Esso è anche EFFETTIVAMENTE pericoloso, proprio sul piano strettamente pratico, in quanto la psicanalisi è suscettibile di produrre mali ancora più gravi di quelli che pretende di curare: tipico esempio di medicina iatrogena.
Per quanto riguarda i danni che la psicanalisi può produrre nei pazienti che le si affidano, si prenda, a puro titolo di esempio, la teoria freudiana della gelosia come prodotto di patologie psicosessuali, in particolare di una omosessualità latente.
A questo proposito, ci piace riportare alcune delle osservazioni di Peter Van Sommers, docente alla Macquarie Univesity di Melbourne, in Australia, sviluppate nel suo saggio «La gelosia» (titolo originale «Jealousy», Penguin Books, 1988; traduzione di Alberto Rossatti, Bari, Laterza, 1991, pp. 148-149 e 159-160):

«Freud era, a mio modo di vedere, un giocatore intellettuale uso a colpi maestri. Voleva acquistare, e acquistò, grande reputazione scientifica. Sapeva che una simile reputazione deriva dalla scoperta di leggi al tempo stesso poderose e stupefacenti: investigare in un coacervo di materiali familiari e ricavarne un nuovo sorprendente ordine. La tattica freudiana di generalizzare partendo da uno o due casi per trarre conclusioni circa l'intera classe di casi, forniva lo strumento. E la logica sorprendentemente paradossale delle sue interpretazioni forniva la sorpresa. Chiunque legga gli scritti di Freud non potrà non riconoscere un elemento caratteristico e continuamente ricorrente delle sue analisi: chiamiamolo la logica dei contrari. La formula è nota. Una persona è pacifica? Allora nasconde una profonda aggressività. Una persona è un gran don Giovanni? Allora odia le donne e ha paura di essere impotente. È una formula che ha entusiasmato generazioni di lettori quanto nessun'altra teoria, ed è entrata a far parte del nostro armamentario polemico: qualcuno odia la pornografia? Allora ne è affascinato. Alcuni vogliono che l'omosessualità sia perseguita come un crimine? Allora essi stessi sono omosessuali latenti. Unna donna ha una carriera di successo? In realtà è una madre frustrata. […]
Uno dei problemi della teoria freudiana [sulla gelosia patologica] è che se da un lato porta a errate spiegazioni, dall'altro non è semplicemente innocua, ma aggiunge disastro a disastro. Forse lo scopo principale di questo libro è mettere in guardia i lettori nei confronti della abitudine diffusa di accusare le persone gelose di errori e debolezze di carattere che sarebbero all'origine della gelosia. Ho già menzionato in precedenza l'interpretazione della gelosia sessuale fornita da Lamare [Noel Lamare, seguace di Freud: «La jalousie passionelle»] in termini di narcisismo. L'opera, ancora in circolazione a Parigi nel 1986, contiene le accuse più stravaganti e fantasiose nei confronti delle donne gelose: sono frigide, egoiste, assillate dalle mestruazioni e dai contraccettivi, dalla masturbazione e dall'erotismo passivo. Hanno il terrore fi invecchiare, provano disgusto per la gravidanza. Sono clienti fisse degli abortisti., Si vestono in maniera più provocante della stessa nudità.  Quando tentano di amare, riescono solo a fingere; ingannano gli altri e se stesse.  Sono incapaci di amare i loro mariti e quindi sono incapaci di amare i loro figli.  Non possono allattare perché non hanno late oppure perché il latte è insufficiente.  La loro tenerezza è soltanto tirannica. I figli di simili madri sono nevrotici, psiconevrotici o addirittura psicotici e così via..
Tutto questo discorso è costruito su un'infrastruttura teorica di narcisismo infantile e di omosessualità Ma la cosa più grave è che si tratta di un uomo che accusa un gruppo di donne (un gruppo particolarmente vulnerabile) di difetti del carattere che, anche se fossero veri, non derivano tanto da perversioni sessuali infantili  quanto da atteggiamenti sociali ai quali gli uomini hanno contribuito almeno quanto le donne.
Non voglio insistere sulla dolcezza e la luce dove non ci sono, ma voler ricondurre ogni azione, con instancabile pedanteria, a quello che Freud chiama "gli impulsi primitivi, selvaggi e distruttivi dell'umanità", è utile se si è nel giusto.  Ma, prima di lanciarci in simili interpretazioni del comportamento umano, vorrei spingermi più oltre e sollevare altri due interrogativi: 1) È vero? 2) Ammesso che sia vero, a che serve?
Freud è stato definito da H. Stuart Hughes un "liberatore etico". Non importa che il nostro comportamento, apparentemente innocente, sia riconducibile a motivazioni sordide o immature, perché lo stesso Freud, e i freudiani in generale, non sono presumibilmente moralisti.  Per lo stesso Freud, tuttavia, non fu facile astenersi dal giudicare. Hughes cita una lettera in cui Fredu scrive: "In generale, non ho trovato molto 'bene' negli esseri umani.  La maggior parte, a mio modo di vedere, sono spazzatura". E, come ha dimostrato Szasz, Freud non ha saputo resistere alla tentazione di coprire con la propria autorità il massacro della reputazione dei suoi oppositori condotto dai suoi allievi armati delle sue teorie.
Tuttavia, quello che Freud pensava al riguardo non è tanto importante se il destinatario dell'interpretazione non ha ancora raggiunto lo stato desiderato di sublime calma spirituale. Dire a un balbuziente (come si è fatto, del tutto erroneamente) che è la sua aggressività inconscia che gli fa mangiare le parole, o dire a una persona che soffre di allucinazioni che, fino a prova contraria, è narcisista e omosessuale, oltre che vittima di allucinazioni, mi sembra come aggiungere un diavolo sulla spalla sinistra a una persona che ne ha già uno su quella destra.»

Freud, dunque, introducendo il sospetto sistematico nei confronti di OGNI comportamento umano, e fondando la sua antropologia ultrapessimista sulla generalizzazione arbitraria di alcuni ben definiti casi di patologia psicologica, ha arrecato un danno enorme al clima spirituale del mondo moderno, tanto più grave in quanto spacciato come verità scientifica incontrovertibile.
Ma si tratta di una visione scientifica - o piuttosto pseudoscientifica - fredda, cinica, senza amore per gli enti e senza compassione per il dolore, nata dall'amizione e dall'orgoglio e mirante esclusivamente a riportare una vittoria, tanto velleitaria quanto effimera, sui disturbi causati dalla repressione o dalla rimozione delle supposte pulsioni inconsce. Freud ha reso l'uomo straniero a se stesso e ha introdotto i germi della pazzia nella sua vita intima, nella sua stessa anima, facendolo continuamente  dubitare di nascondere, nel profondo di se stesso, orribili istinti di incesto, parricidio e omofilia dietro ogni sua azione, anche la più benevola e disinteressata.
È stato un demone che ha creato un volonteroso e infaticabile clero demoniaco, e la cui concezione aberrante ha infettato la società come un virus: società che già covava in se stessa i germi di una oscura volontà autodistruttiva, e che non aspettava altro che un nuovo Messia del Nulla per genuflettersi e adorarlo, gettando alle ortiche ogni residuo di spirito critico.
E tutto questo, apparentemente, in nome della ragione e della scienza!
Ma che razza di ragione è quella che continuamente si smentisce e si compiace della propria sconfitta irreversibile; che razza di scienza è quella che non sa guardare agli enti con amore e compassione, ma solo con l'occhio freddo e spietato dell'analista e del sezionatore?
Si dirà che la scienza deve essere fredda e impassibile: ma siamo abituati a penare così, proprio perché ci siamo assuefatti alla dottrina dei cattivi maestri della modernità.
Il primo è stato Galilei: ricordate il modo crudele e senza alcun rimorso con cui, nel «Saggiatore», egli si vanta di aver vivisezionato una cicala, per scoprire l'origine del suo frinire? (Cfr. i nostri precedente articoli: «Esiste, per gli animali, una possibilità di redenzione dalla sofferenza?», e «Contro Galilei», entrambi consultabili sul sito di Arianna Editrice.)
Viceversa, l'epoca più serena dello spirito europeo è stata quella in cui brillava la filosofia scolastica, ardito e meraviglioso sforzo della mente umana per conciliare e armonizzare la ragione con la fede, ossia con l'amore. Facendo coesistere e integrando l'ordine della natura con quello soprannaturale, l'ambito della speculazione con quello della fede, essa ha assicurato alcuni secoli di stabilità alla naturale inquietudine del cuore umano, e ha fornito una Stella Polare grazie alla quale generazioni di esseri umani hanno mantenuto saldamente le radici in se stessi e nel mondo. Contrariamente a quello che la sciocca Vulgata neoilluminista vorrebbe darci a intendere, è stata un'epoca di straordinaria vivacità speculativa, culminata nel grandioso sistema di San Tommaso d'Aquino (cfr. il nostro precedente articolo: «Il Medioevo fu un'incomparabile stagione di cultura della ragione», sempre sul sito di Arianna).
La dissoluzione della Scolastica, alla fine del Medioevo, deve essere considerata come una delle vicende più drammatiche e più funeste nella storia dell'umanità occidentale. Tornando a separare fede e ragione (cosa che fu presentata come una vittoria del pensiero), si crearono le premesse per quella scissione all'interno dell'uomo, per quella schizofrenia, per quella malattia dell'anima, di cui tuttora stiamo pagando le conseguenze, e che costituisce il nostro più grave problema culturale ed esistenziale.
La verità è che non si può comprendere nulla delle cose, del mondo, della vita, se non si è capaci di guardare ad essi con amore e compassione: una scienza senza coscienza è una contraddizione in termini. Nel migliore dei casi, si tratterà di un sapere puramente descrittivo, al quale sfuggirà la cosa più importante di tutte: il cuore luminoso dell'Essere che splende in ogni singolo filo d'erba, in ogni più smisurata galassia.
Liberarci dal cattivo influsso della psicanalisi, dunque, sarebbe già un passo nella direzione giusta: un passo verso il risveglio spirituale, per rendere più chiaro e trasparente l'occhio con cui guardiamo il mondo - e noi stessi..