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William Hope Hodgson: l’orrore del mare e delle tenebre!

di Fabrizio Legger - 30/10/2009

   La narrativa fantastica in lingua inglese, sviluppatasi soprattutto a cavallo tra la fine del Settecento e l’inizio del Novecento, ha nella figura poliedrica e geniale di William Hope Hodgson uno dei suoi scrittori più rappresentativi. Peccato, però, che sia uno scrittore ancora sconosciuto al pubblico medio dei lettori (mentre invece il suo nome è ben noto a tutti gli appassionati di questo genere di letteratura) e che i suoi romanzi e i suoi racconti non abbiano avuto quella diffusione editoriale che invece meriterebbero.D’altronde, lo stesso Howard Phillips Lovecraft, altro grande titano della letteratura fantastica di inizio Novecento e buon conoscitore, nonché estimatore, delle opere di Hodgson, ebbe a scrivere di essere assai rattristato in quanto le opere di Hodgson fossero “conosciute assai meno di quanto invece meriterebbero”.In ogni caso, spero che questo mio scritto possa servire per far conoscere almeno nelle sue linee essenziali la produzione letteraria di questo geniale scrittore e, me lo auguro, indurre un buon numero dei miei lettori a diventare anche lettori delle sue affascinanti opere.William Hope Hodgson nacque il 15 novembre 1877 a Blackmore End, nei pressi di Finchfield, nell’Essex. Suo padre era un pastore della Chiesa anglicana, uomo austero e intransigente, molto radicale nell’interpretazione della Bibbia, e le sue prediche estremamente critiche nei confronti delle gerarchie anglicane lo misero spesso in contrasto con i suoi superiori.Ma il temperamento del reverendo Hodgson lo metteva in urto anche con i suoi parrocchiani, tanto che, in ventuno anni di attività predicatoria, cambiò ben undici parrocchie. William era il secondo di dodici figli. Il primo educatore che ebbe fu suo padre. Imparò a leggere prestissimo, a soli quattro anni, e mostrò sin dalla più tenera età un’inclinazione irrefrenabile per la lettura. Andava continuamente in cerca di libri di mitologia e di fiabe, di racconti e leggende popolari, mostrando sin dall’adolescenza un’attrazione smisurata per le storie di diavoli e di fantasmi, di spettri e di folletti, di draghi e di antichi eroi. Ma il padre di William non tollerava certe letture: pretendeva che il ragazzo s’impegnasse solo con i testi biblici e con i commenti esegetici, oppure con volumi sulla storia antica di Israele, suscitando in tal modo l’avversione del ragazzo per un tal genere di letture.Quando William compì tredici anni, il reverendo Hodgson lo mandò in collegio a studiare, ma il ragazzo ci rimase solo un anno, in quanto nel 1891 il padre morì per un tumore alla gola, e quindi la madre fu costretta a ritirare il figlio dalla scuola.La famiglia Hodgson era numerosa, e senza lo stipendio del padre le condizioni economiche diventarono estremamente difficili. Così, la vedova Hodgson fu costretta ad inviare a lavorare il figlio primogenito e William: il primo fu inviato in miniera, il secondo fu inviato a Liverpool, dove fu imbarcato come mozzo su un veliero mercantile che compiva traversate oceaniche.La vita a bordo della nave era dura, faticosa e difficile: il Secondo Ufficiale prese in antipatia il giovane mozzo, a causa del suo carattere ruvido e ribelle, e lo angariò con punizioni di ogni sorta, finché Hodgson si ribellò. I due vennero alle mani e si scazzottarono di santa ragione, ma William era poco più di un ragazzo, mentre l’ufficiale era un marinaio grande e grosso, robusto come un tricheco, ragion per cui gli rifilò un sacco di botte e poi, per punizione perché si era ribellato, lo fece ferocemente fustigare.Quella brutta esperienza fece scattare in Hodgson una molla interiore: decise che si sarebbe procurato un fisico così forte, tanto che nessuno avrebbe più potuto picchiarlo. Si sottopose così per anni a lunghi e faticosi esercizi fisici, per temprare il corpo e lo spirito, ma, al tempo stesso, si dedicò con passione forsennata agli studi anatomici e in particolare allo studio dell’interazione dei muscoli. In poco tempo, i suoi duri allenamenti svilupparono il suo gracile fisico e lo trasformarono in un uomo forte e muscoloso, pronto non solo a sopportare ogni genere di fatica, ma anche a confrontarsi con qualunque avversario gli avesse sbarrato la strada.Hodgson lavorò su navi che percorse il globo in lungo e in largo per ben otto anni, partendo dalla mansione di mozzo e giungendo infine al grado di Terzo Ufficiale. Viaggiò nell’Atlantico, nel Pacifico e nell’Indiano, dalla Groenlandia alla Nuova Zelanda, dall’Argentina al Sudafrica, dalla Malesia al Messico, facendo un’incredibile esperienza di vita, di viaggi e di avventure.Durante un viaggio nel Mar della Cina, il veliero sul quale viaggiava fu attaccato da una nave pirata, e Hodgson, alla testa dei suoi marinai, respinse l’attacco, procurando gravi perdite ai crudeli nemici. Al largo delle coste della Nuova Zelanda, invece, si gettò in un tratto di mare infestato da feroci squali per salvare il Primo Ufficiale della sua nave, il quale era caduto in acqua, aveva battuto il capo e, avendo perso conoscenza, rischiava di annegare. Hodgson, con incredibile sangue freddo, si gettò in mezzo agli squali, recuperò l’ufficiale e risalì a bordo della nave senza che nessuno squalo lo azzannasse. Per questi e altri episodi eccezionali di cui si rese protagonista fu insignito dalla Royal Human Society della Medaglia d’oro per Atti di Eroismo.Nei lunghi anni trascorsi a bordo delle navi oceaniche, Hodgson, per trascorrere il tempo, oltre a leggere, si dedicò anche alla fotografia. In particolare, fotografò cicloni e trombe d’aria, uragani e tifoni, fenomeni atmosferici nei mari australi e paesaggi da brivido nei mari settentrionali, accumulando negli anni una mole enorme di interessante materiale fotografico.Dopo otto anni di dura vita marinaresca si stancò di girovagare per gli oceani. Fece dunque ritorno a Blackburn, all’età di ventidue anni, e per vivere aprì una palestra di cultura fisica, facendo l’istruttore e avendo, come allievi, soprattutto poliziotti e pompieri. Contemporaneamente, iniziò a fare conferenze a pagamento di fotografia e di viaggio, nelle quali mostrava e commentava le foto che aveva scattato nei lunghi anni di peregrinazioni per i mari di tutto il globo, e ogni conferenza era seguita da un gran numero di persone desiderose di sentir raccontare le avventure del “Capitano Hodgson”, come molti, affettuosamente, lo chiamavano.Ma negli otto anni passati a bordo delle navi, oltre a leggere di tutto, da Shakespeare a Hugo, da Poe a Goethe, da Stevenson a Defoe, da Swift a Marlowe, il vulcanico Hodgson non tralasciò il suo amore per le storie fantastiche, prendendo appunti su mari, paesi, credenze, usanze e costumi dei popoli che visitava, ma, soprattutto, annotando sui suoi numerosi taccuini tutte le esperienze marinaresche di cui era stato protagonista e tutte le leggende che venivano raccontate dalle variegate ciurme di marinai che lavoravano a bordo delle navi.Nel 1903, iniziò a scrivere articoli di cultura fisica e di fotografia che fece pubblicare sul giornale Blackburn Weekly Telegraph, ma che gli vennero pagati assai poco.Decise allora di dedicarsi alla narrativa fantastica e scrisse il racconto La Dea della Morte, ispirandosi alla statua di una divinità indù collocata in mezzo al laghetto del parco pubblico di Blackburn. Il racconto venne pubblicato nel 1904 sulla rivista Royal Magazine, piacque molto, e così Hodgson fu invogliato a continuare a scrivere.Scrisse e fece pubblicare un secondo racconto, intitolato Un orrore tropicale, che piacque ancora più del primo, e non solo gli fu pagato, ma ottenne anche il consenso di J. Greenhough Smith, celebre editore e critico letterario dell’epoca.Lusingato da tale successo, Hodgson commise l’errore di chiudere la palestra e di dedicarsi interamente all’attività letteraria, baldanzoso com’era di riuscire a vivere soltanto con i proventi della sua attività di scrittore. Sbagliò in pieno, in quanto, dopo un primo momento iniziale di successo, si accorse che i proventi che gli giungevano dalle pubblicazioni dai suoi libri di narrativa fantastica non gli erano sufficienti per vivere decorosamente, e quindi fu costretto a ripiegare su un’attività spasmodica di autore di racconti gialli e polizieschi che erano quelli più richiesti dagli editori.In ogni caso, per quanto riguarda la Letteratura fantastica, Hodgson fu un vero maestro in questo genere di narrativa, soprattutto per ciò che concerne i racconti di ambiente marinaresco.Fu infatti dal mare che Hodgson trasse la maggior fonte di ispirazione per la sua narrativa, e in particolare dal Mar dei Sargassi, un mare che egli aveva visitato più volte e che gli era apparso spettrale, inquietante, terribile, come se fosse infestato da antiche divinità malefiche e infernali.Nel volgere di pochi anni, tra il 1904 e il 1907, Hodgson scrisse racconti eccezionali, pieni di fantasie macabre, caratterizzati da atmosfere raccapriccianti, pieni di elementi lugubri e spettrali, come Il Mostro, La bestia orribile, Il Mar dei Sargassi, La Voce nella Notte, solo per citarne alcuni tra i molti. Questi racconti, prima di essere raccolti in volume, vennero quasi tutti pubblicati su periodici e riviste. La Voce nella Notte e Il Mar dei Sargassi, che sono due tra i più terrificanti racconti hodgsoniani, vennero pubblicati anche sulla rivista letteraria statunitense The Blue Book: gli resero un bel po’ di soldi e contribuirono a far conoscere la sua narrativa fantastica al pubblico americano, che mostrò di apprezzarla per quel che valeva. E si tratta di una narrativa che sa essere agghiacciante e ricca di atmosfere macabre, come nel citato racconto Il Mar dei Sargassi, dove un titanico mostro abissale aggredisce la nave che si era incautamente avventurata in quelle infide acque:“Giù dal basso, l’acqua veniva mossa fino a spumeggiare, e tre o quattro tentacoli si alzarono in aria per poi finire addosso a noi. Un tentacolo afferrò il Nostromo alzandolo come un bambino. Due coltelli brillarono, e l’uomo cadde sul ponte da un’altezza di dodici piedi insieme ad una porzione tagliata del tentacolo. Io avevo ricaricato l’arma, e corsi in avanti lungo il ponte per non essere afferrato dai tentacoli che flagellavano come fruste la ringhiera e l’impiantito. Sparai ancora nel corpo del mostro, e poi ancora. Al secondo sparo tutti i feroci movimenti della creatura cessarono e con un guizzo, senza ulteriori conseguenze per i tentacoli che gli erano rimasti, affondò sotto l’acqua e non la vedemmo più.”Nel 1907, Hodgson scrisse e fece pubblicare il suo primo romanzo, intitolato L’equipaggio del Glen Carrig. Si tratta di un’opera terrificante, in cui l’Autore immagina che una nave, il Glen Carrig appunto, naufraghi su un’isola deserta sperduta in mezzo all’oceano e non segnata su nessuna carta geografica. L’equipaggio della nave, sbarcato sull’isola, scopre a sue spese che l’isola non è deserta, ma, al contrario, abitata da orde di mostri spaventosi che lo assediano e ne fanno strage. Il romanzo ebbe lodi e riconoscimenti più che favorevoli, in particolare dal celebre periodico  Daily Telegraph. Ma, nonostante i successi della critica, il romanzo non vendette che poche centinaia di copie, fruttando al suo Autore scarsi proventi, ragion per cui lo scrittore si vide costretto ad impegnarsi subito nella stesura di un nuovo romanzo.Nel frattempo, Hodgson aveva scoperto la narrativa fantastica di Lovecraft, Howard e Shiel, ma fu soprattutto il primo di tali scrittori ad influenzare e ad ispirare gran parte della sua produzione di narrativa orrorifica. Nel 1908 scrisse e fece pubblicare La casa sull’abisso, romanzo che molti critici considerano uno dei capolavori di Hodgson. Narra la fosca e terrificante vicenda di una lugubre casa irlandese, situata a poca distanza da un profondo e oscuro baratro, da cui, di notte, escono mostruosi demoni simili ad ominidi suini, i quali la assediano, costringendo il suo abitatore ad una dura e lunga lotta per la sopravvivenza, continuamente minacciato dalle oscure forze che fuoriescono dall’abisso.Il romanzo fu accolto dal pubblico con un discreto successo: si vendettero alcune centinaia di copie e Hodgson incassò un po’ di soldi, ma, ovviamente, ancora non bastava. Fu così che lo scrittore ideò e scrisse un nuovo romanzo di ambiente marinaresco, intitolato I Pirati Fantasma, in cui racconta l’ultimo viaggio di una nave stregata che, vittima di una terribile maledizione, si perde nelle immensità dell’oceano e il suo equipaggio viene assediato da spaventosi mostri acquatici che ne fanno strage. Si tratta di un romanzo davvero macabro, sul quale incombe un’atmosfera di palpabile terrore senza fine. Il mare diventa il ricettacolo per eccellenza di terrificanti mostri infernali e la corsa della nave maledetta verso una fine tragica, sembra quella dell’uomo, balestrato dal destino in mondo arcano e pieno di insidie, costantemente assediato da forze oscure che rischiano di trascinarlo verso la catastrofe totale. Una fine terrificante e inesorabile, che ben risuona nelle parole raggelanti del Primo Ufficiale, Jessop Adams:“Io non penso. Io so. Nessuno di noi pensa. È un fatto innegabile. La gente parla di cose strane che avvengono in mare, ma questa cosa non è una di quelle. Questo è un fatto reale. Tutti voi avete visto cose strane, forse più di quante ne abbia viste io. Dipende. Ma non vengono scritte sul giornale di bordo. Questo genere di cose non viene mai scritto. Anche questa storia non sarà scritta: almeno, non come è realmente accaduta.”Il libro ottenne un grande successo di critica, ma non esaltò più di tanto il pubblico britannico: le copie vendute non superarono il migliaio e Hodgson, deluso e amareggiato, decise di accantonare la letteratura fantastica per dedicarsi al giallo e al poliziesco, in quanto aveva bisogno di soldi per vivere e doveva quindi scrivere libri che incontrassero il favore del pubblico.Si mise a leggere con attenzione Poe e Conan Doyle e poi iniziò a scrivere racconti gialli, che piacquero molto al pubblico ma che, letterariamente, non hanno un grande valore, in quanto è chiaro che il genere ad Hodgson piaceva poco e che li scriveva esclusivamente per venderli e tirare su qualche denaro.Poi, gli venne in mente la brillante idea di fondere il genere giallo con quello fantastico e di inventare un personaggio che fosse al tempo stesso un detective e uno studioso di occultismo, avvezzo a misurarsi con delitti inspiegabili che si scoprivano, poi, avere origini soprannaturali o legati al mondo della magia e dei culti satanici. Inventò così il personaggio di Carnacki, che definì “investigatore dell’occulto”, una sorta di “detective psichico”, dotato di facoltà paranormali e  in grado di lottare contro fantasmi, demoni, spettri e altre misteriose entità soprannaturali.Iniziò con lo scrivere, nel 1909, La Strada per il Mostro, che venne pubblicato nel 1910, su una rivista. Il racconto piacque molto, il personaggio di Carnacki ebbe fortuna, e per un triennio, dal 1910 al 1912, Hodgson non sfornò altro che racconti dedicati a questo personaggio, che vennero poi tutti pubblicati in volume, nel 1913, con il titolo: Carnacki, il cacciatore di fantasmi.In quello stesso periodo in cui si dedicava a Carnacki, avvennero nella vita di Hodgson due avvenimenti importantissimi: si sposò e scrisse il suo capolavoro.Nel 1909, nella redazione del periodico  Home Notes, Hodgson aveva conosciuto la bella Betty Farnworth. Se ne innamorò subito, perdutamente, ed iniziò a farle una corte spietata, finché la ragazza, affascinata dal suo fisico atletico, dalla sua vasta cultura e dal suo essere uno scrittore, se ne innamorò e accondiscese a sposarlo.William e Betty si sposarono nel 1911, lo stesso anno in cui lo scrittore compose il suo capolavoro: La Terra dell’Eterna Notte, un romanzo macabro di oltre cinquecento pagine, ambientato in un lontanissimo futuro, in cui il sole si è spento e la galassia è immersa nelle tenebre più gelide. Tutta la Terra è precipitata nell’oscurità, giganteschi e terrificanti mostri sono nati dalle tenebre e hanno dato avvio allo sterminio dell’umanità. I sopravissuti si sono rifugiati sotto terra, dove hanno costruito città alimentate dalla corrente tellurica, ma restano assediati dai mostri giganti che dominano la superficie. Il protagonista del romanzo è un giovane che sogna una bellissima donna che gli chiede aiuto e che, quindi, decide di lasciare la città sotterranea e avventurarsi nel pericoloso mondo delle tenebre eterne per mettersi alla ricerca di quella sua onirica innamorata.Questo libro, comunemente riconosciuto dalla critica e dai lettori come il capolavoro di Hodgson, fu definito da Lovecraft “una delle opere più potenti di immaginazione macabra mai scritte”, mentre la celebre rivista Country Life, recensendolo, scrisse che era un “romanzo di notevole immaginazione e di originalità sorprendente”.Il libro fu pubblicato a Londra, dalla casa editrice Holden and Hardingham, nel 1912: ottenne, come al solito, un buon successo di critica, ma al suo Autore fruttò soltanto poche centinaia di sterline.Hodgson è uno di quegli scrittori che, per un caso bizzarro del destino, ottenne più consensi dalla critica letteraria che non dal popolo dei lettori. I suoi libri non vendevano mia più di un migliaio di copie l’uno, il che, per uno scrittore che ha deciso di fare di questa attività la sua professione, significa assai scarsi guadagni, cioè, al limite della sopravvivenza. In compenso, i critici letterari e le testate giornalistiche, recensirono e pubblicizzarono sempre con grande enfasi ogni suo libro: ma Hodgson, dopo un primo momento di ubriacatura iniziale di gloria e successo, si accorse presto che gli elogi della critica, per uno scrittore professionista, servono ben poco. Infatti, quello che conta veramente, è vendere migliaia di copie e guadagnare tanti soldi, riuscendo a far piacere al pubblico il genere che piace allo scrittore.Con Hodgson, invece, questo non accadde: le sue opere piacevano tanto ai critici e poco ai lettori, e così lo scrittore fu costretto a impelagarsi nella scrittura di racconti e romanzi polizieschi che non gli piacevano per niente, pur di racimolare i denari necessari per arrivare alla fine del mese.Nei primi mesi del 1914, fece pubblicare la raccolta di racconti brevi dal titolo Uomini dei Mari Profondi, con i quali ritornò alla narrativa di ambiente marinaro e ai cupi racconti dedicati agli orrori del Mar dei Sargassi. Poi, con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, avvenuto in quello stesso anno, da buon patriota qual era decise di arruolarsi per difendere il suo paese da pericolo germanico. Nonostante la diletta moglie Betty fosse decisamente contraria alla sua partenza per il fronte, Hodgson, dopo essere stato scartato dalla Regia Marina di Sua Maestà Britannica (nella quale voleva prestare servizio vantando il suo grado di Terzo Ufficiale), venne invece arruolato come Luogotenente nella Reale Artiglieria.Tra le lacrime della moglie, disperata in quanto presentiva che da quella avventura bellica il marito non sarebbe uscito vivo, Hodgson partì per il fronte francese, dove, insieme al suo Reggimento, fu impegnato in letali e devastanti combattimenti.Ma anche al fronte, nei lunghi momenti di pausa della guerra di trincea, continuava a scrivere racconti, poesie e a prendere appunti per nuovi futuri romanzi, facendo anche schizzi e disegni raffiguranti i campi di battaglia, le città bombardate e le migliaia di morti lasciati marcire sul terreno.Nel 1916, durante una carica, fu disarcionato dal cavallo: cadde al suolo e batté la faccia, slogandosi la mascella e ferendosi alla testa. Rimpatriato, gli fu concesso un anno di riposo per le ferite riportate, e lo scrittore approfittò di quella lunga convalescenza per scrivere e far pubblicare un nuovo volume di racconti fantastici, intitolato Il Destino del Forte.Nel 1917 scrisse e diede alle stampe un nuovo volume di racconti, in gran parte di ambiente bellico e di argomento fanta-guerresco, che intitolò Il Comandante Gault.Poi, nonostante il totale disaccordo con la giovane moglie, ripresentò domanda per essere reintegrato nell’esercito e tornare al fronte. Così, fu nuovamente arruolato, verso la fine del 1917 e, nel gennaio 1918, venne inviato ancora sul fronte francese.In quei mesi terribili, gli ultimi della Grande Guerra, in cui i combattimenti si facevano più disperati e più terribili, Hodgson scrisse alla moglie e alla madre accorate lettere in cui raccontava gli orrori dei campi di battaglia e le devastazioni apocalittiche provocate dalla guerra. Ma compì anche gesta eroiche: alla guida del suo plotone respinse un formidabile attacco germanico e sostenne una eroica azione di retroguardia, mentre le truppe tedesche bersagliavano lui e i suoi uomini con una pioggia incessante di colpi di mortaio e raffiche di mitragliatrici.Il 19 aprile 1918, all’età di soli 40 anni, nei pressi di Ypres, durante un attacco tedesco, rimase ucciso sotto un bombardamento, colpito da una scheggia di granata.Le sue spoglie furono riportate in patria e inumate con tutti gli onori militari.Nel 1920 gli editori Selwyn and Blount pubblicaro postumi i due libri di poesie che Hodgson aveva lasciato manoscritti: e cioè Il Richiamo del Mare e La Voce dell’Oceano, in cui sono contenuti testi affascinanti, nei quali si canta il terrore che invade il marinaio durante le grandi traversate oceaniche, la potenza degli uragani che sconvolgono le superfici dei mari, i pericoli oscuri che si nascondono nel fondo delle imperscrutabili profondità marine, la morte imminente che attende implacabile ogni uomo che osi avventurarsi fuori del proprio guscio, compresa la propria, quella dello scrittore William Hope Hodgson, che in alcuni versi estremamente drammatici, egli così descrisse:                                   “Sto morendo, e il mio lavoro mi è davanti                                  come una matita spezzata da un coltello.                                  Così mi ha spezzato il filo crudele                                  del pensiero dalla lama affilata, che foggiò la mia vita,                                  e che mi rese pronto e avido di parlare davanti a Te.                                  Ed ora muoio, preparato da tanto cantare.” Ma  nonostante molte poesie avvincenti, piene di pathos tragico e caratterizzate da fosche atmosfere di tregenda, dove gl’incubi più raccapriccianti ardiscono prendere spaventevoli forme, il meglio della produzione letteraria di Hodgson è indubbiamente costituito dalle sue prose di argomento fantastico.William Hope Hodgson fu un uomo eccezionale. Dotato di una fantasia prodigiosa e di una versatilità incredibile, non volle negarsi a nessun genere di esperienza: fu marinaio e ufficiale di marina, poeta e fotografo, scrittore di narrativa e cultore di lotta e di pugilato, ciclista e conferenziere, giornalista e soldato. E tutto questo, in soli quarant’anni di vita! Se avesse avuto la fortuna di vivere più a lungo, chissà quante altre opere immaginose, macabre e fantastiche, sarebbero uscite dalla sua instancabile penna.Ma la sua opera letteraria è comunque vasta e complessa, sufficiente per collocarlo nell’olimpo dei maggiori scrittori di letteratura fantastica mondiale.Il mare con i suoi misteriosi orrori e la tenebra con i suoi lugubri misteri, furono i due poli attraverso i quali altalenò tutta la narrativa di Hodgson, anche se, occorre rilevarlo, fu l’orrore del mare il motivo di principale ispirazione dei suoi racconti e dei suoi romanzi.Il mare, per Hodgson, è simile ad un mondo immenso, assai più vasto di quello terrestre, che racchiude nel suo grembo orrori innominabili, potenze malefiche e entità infernali pronte ad insidiare e a ghermire gl’incauti e temerari umani che osano fenderne la superficie con le loro ridicole imbarcazioni.Di fronte ai giganteschi mostri degli abissi, di fronte ai tifoni e agli uragani di incontrastabile potenza, di fronte agli spettri infernali che infestano le acque di interi mari, gli esseri umani possono ben poco: ma la loro tenacia, la loro grinta, la loro determinazione, in molti casi, possono risultare elementi fondamentali per superare le minacce che giungono dalle ignote profondità degli abissi.Per Hodgson il mare è fonte di una vita misteriosa e ostile, e può diventare anche la cupa culla di una liquida morte che inghiotte e fa sparire chi osa avventurarsi tra i suoi flutti gravidi di antichissimi misteri.Il mare hodgsoniano è un luogo di sfida, di lotta, di morte, ma è anche un ambiente duro e pericoloso che tempra l’uomo, lo rende forte e avvezzo a scontrarsi con le arcane potenze abissali che  ne minacciano l’esistenza, e il marinaio, che del mare è conoscitore per eccellenza, è la figura che è più congeniale ad Hodgson (anche per motivi strettamente biografici, legati alle lunghe navigazioni oceaniche della sua irrequieta giovinezza) per le sue originali avventure di mare e di vita marinaresca.Lo stesso  discorso di arcani viaggi pieni di pericoli e di estenuanti ed impari lotte che pure temprano e corroborano lo spirito umano,  vale per chi si azzarda ad avventurarsi nel cuore delle tenebre di un mondo senza più sole, dove regnano mostri giganteschi e inimmaginabili, come accade al giovane protagonista de La Terra dell’Eterna Notte: di fronte alla forza bruta e alla ferocia dei mostri e delle creature da incubo che incontra sul suo cammino, il giovane avventuriero ha armi ben poco efficaci da contrapporre loro. Ma la sua determinazione nel voler raggiungere ad ogni costo la meta prefissata, la sua volontà nel non arrischiarsi a tornare indietro, la sua ostinazione nel sopportare ogni privazione, pericolo o disagio pur di raggiungere la donna incantevole vista nel sogno, fanno sì che egli superi, sebbene con fatica e con un rischio continuo, tutte le spaventose minacce e i raccapriccianti pericoli di cui è gravida la Terra dell’Eterna Notte, su cui incombe l’oscurità infinita di un agghiacciante orrore cosmico.In tutto ciò, la fantasia macabra di Hodgson, come ebbe a scrivere giustamente il grande Lovecraft, raggiunge livelli che non sono più stati sfiorati da nessun altro autore fantastico del secolo scorso. E proprio per questi motivi, è un vero peccato che questo prolifico autore abbia avuto la vita stroncata da una granata tedesca e che non abbia potuto portare a compimento la stesura di tutte le opere che aveva ideato e abbozzato nei lunghi anni del conflitto mondiale.Ovviamente, non è con i se e con i ma che si scrivono le storie letterarie, però il rammarico per la perdita di un tale ingegno, nel campo della narrativa fantastica, resta innegabile. In ogni caso, la sua opera è ampia, articolata, varia ed estremamente ricca di motivi e di tematiche ispirative, corposa, avvincente e capace di imporsi nel campo della Letteratura fantastica come quella di ben pochi altri autori di questo genere. Non è infatti un caso se, i critici, hanno individuato nella triade Hodgson, Howard, Lovecraft, i tre massimi rappresentanti del genere Fantastico nella letteratura a cavallo tra Ottocento e Novecento, ma con una caratterizzazione, a parer mio, molto più novecentesca che ottocentesca.Purtroppo, il nome di William Hope Hodgson continua a rimanere oscuro alla maggior parte dei lettori italiani, sebbene le case editrici romane Fanucci prima e Newton & Compton poi, abbiano immesso sul mercato italiano le traduzioni di alcune delle sue opere principali.Ma ciò non basta: urge un’edizione completa in lingua italiana di tutte le opere, in prosa e in poesia, di William Hope Hodgson, il grande cantore dell’orrore del mare che nessun altro scrittore fantastico è ancora riuscito a eguagliare!