Due o tre cose di sinistra
di Giulietto Chiesa - 03/04/2006
Fonte: www.megachip.info
Due o tre cose che la sinistra dovrebbe prima dire e poi fare. Una riguarda lo sviluppo. Sviluppo? Una classe dirigente che fa riferimento ai lavoratori, come al suo insediamento sociale, al quale chiede voti per governare, non può che dire la verità. Anche quando la verità è amara, e difficile da dire. Berlusconi e Tremonti fecero promesse megagalattiche e non avevano messo in conto la congiuntura mondiale. Il centro-sinistra diffonde ottimismo, ma anch'esso sembra non tenere in conto la situazione mondiale, finanziaria, produttiva, commerciale. Lo fa per prendere voti, e si capisce, ma non dovrebbe dire troppe bugie, altrimenti rischia di essere velocemente richiamato all'ordine dalle cose. E una classe dirigente che non sa vedere più in là del suo naso non è una classe dirigente.
Possono proporre al paese di rimettere in moto la macchina economica come tirava prima? Prima del disastro berlusconiano? Non dovrebbero, perché tutto ci dice che dovranno comunque girare il volante e cambiare strada. In altri termini: non si può proporre una ripresa della crescita del PIL, quale che sia, senza dire che continuare sulla strada dello “sviluppo” precedente sarà impossibile. Potrei ricordare semplicemente la crisi dell'anno scorso, quando circa 50 milioni di capi di vestiario di produzione cinese arrivarono, tutti insieme, nei nostri porti europei. Oppure la crisi attuale del mercato delle calzature, che ha prodotto in poche settimane un balzo in alto delle importazioni (da Vietnam e Cina) del 400% . Il resto verrà assai presto: la Cina, l'India, il Vietnam, il Brasile, e via esportando, stanno arrivando ormai come un fiume in piena sui nostri argini. Ci vorrà del tempo per aggiustare le cose, sempre che ce ne sia abbastanza. E in questo frangente bisognerà governare milioni di italiani, che di tutto questo non hanno neppure il sentore (salvo quelli che stanno già perdendo il lavoro).
Vogliamo dirglielo come stanno le cose? Che non potremo fermare i 100 milioni di contadini cinesi che stanno diventando operai a tutta velocità, e che contribuiranno a inondare di merci tutti i mercati mondiali, applicando le regole (con qualche variante a noi, per altro, ben nota storicamente) che noi abbiamo imposto loro?
Potrei chiamare in soccorso anche Joseph Stiglitz (ma l'hanno letto quelli che hanno scritto il programma del centro sinistra?) che ci ha spiegato che nel 2005 l'abbiamo scampata per miracolo, ma che scamparla nel 2006 sarà un miracolo doppio, o triplo, perché “qualsiasi cosa sia insostenibile, non è sostenibile per sempre”. E cosa è insostenibile? Praticamente tutta l'economia statunitense è insostenibile, il che significa che noi anche siamo insostenibili per il banale fatto che molto difficilmente gli americani riusciranno a rastrellare due miliardi e mezzo di dollari al giorno sul mercato mondiale, come hanno fatto, febbrilmente, nel 2005. E, anche se ci riusciranno, il problema, ancora più gigantesco, si riproporrà nel 2007. E così via precipitando.
A riprova ulteriore, qualche giorno fa, nelle “brevi” da Washington, International Herald Tribune ci informava che il Senato americano aveva votato (52 voti per e 48 contro) l'aumento del limite consentito di deficit per il debito nazionale: fino a nove trilioni (novemila miliardi) di dollari. Le “brevi” ci comunicavano che quella decisione evitava il default , cioè la bancarotta, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti d'America, dei certificati di credito del tesoro della prima potenza mondiale. Da oggi, potremmo dire, sappiamo che ogni cittadino americano, inclusi i bambini e i carcerati, è indebitato per 30.000 dollari. Ecco in che consiste l'insostenibilità.
Ecco perché bisognerebbe dire ai lavoratori italiani che si impone un diverso modo di vivere e di consumare, e chiedere loro un impegno collettivo per realizzarlo, a cominciare dal funzionamento delle pubbliche istituzioni, che dovranno dare l'esempio.
Questa mi parrebbe una “cosa di sinistra”, da dire e da fare. Ma non l'ho ancora sentita. Sento invece, dalla stessa bocca di Prodi, nel fatale scontro numero uno con il Feticcio, che i ministri del futuro governo (di centro sinistra, si spera) s'incontreranno con i predecessori per il passaggio delle consegne. Civilmente, educatamente. Ed è come dichiarare che il centro sinistra non sa che i cassetti, che i lanzichenecchi lasceranno, sono pieni di bombe con la miccia già accesa. E che, piuttosto che preoccuparsi del civile scambio di consegne, bisognerà correre con gli estintori per spegnere le micce.
Ecco, mi preoccupa la continuità. Perché non vedo, per esempio, come sia possibile mantenere una continuità dicendo (ma lo diciamo?) che noi vogliamo ritornare a una repubblica fondata sulla Resistenza e avversa al fascismo, e quindi che vogliamo re-instaurare la Costituzione Repubblicana già demolita dai lanzichenecchi.
E non vedo come questo sinistra potrà orientarsi bene, sul piano internazionale, se i suoi capi non avranno ben capito che nel documento della sicurezza nazionale degli Stati Uniti – recentemente rieditato, in peggio - c'è scritto, nero su bianco, che quei signori lassù hanno già deciso di colpire per primi dovunque lo riterranno opportuno. E che, essendo in bancarotta, lo faranno alla prima occasione utile per distrarre l'opinione pubblica mondiale (soprattutto gli spensierati investitori) dai cattivi pensieri. L'Iran è tremendamente vicino.
Lo so che si annunciano tempi difficili. Ma vorrei sapere due cose dai nuovi dirigenti di questo paese: li avete ben chiari in testa voi stessi? Ve lo chiedo perché spesso mi accade di pensare che non li vediate. E la seconda domanda, che emerge dalla prima è questa: perché non lo dite? Perché non chiamate la vostra gente a condividere con voi il peso tremendo che vi graverà sulle spalle?
Pensate di poterli risolvere da soli? Se è così c'è da essere doppiamente inquieti.