Cancro: la malattia della civiltà
di Zac Goldsmith - 03/04/2006
Fonte: ecologist.it
L’idea secondo cui il cancro esisteva già nelle società tradizionali, almeno
quanto nella società industriale moderna, è uno dei fondamenti
della cancerologia ufficiale. Tale idea permette di concepire il cancro come
una malattia inevitabile e dunque basare tutta la politica sanitaria sulla cura
anziché sulla prevenzione.
La “salute” delle economie industriali non ha rapporto con la salute delle
società sulle quali il modello economico occidentale è stato imposto. Al
contrario la crescita economica è strettamente legata al malessere sociale.
Un esempio di ciò è l’enorme industria che movimenta miliardi di
dollari, sviluppatasi sul problema, per così dire epidemico, del cancro. Potenti
istituzioni, grandi industrie farmaceutiche, multinazionali e un numero
incalcolabile di persone ricava i suoi guadagni non dalle strategie di prevenzione,
ma dall’esistenza stessa e dall’aumento della patologia.
Se, come molti ricercatori indipendenti testimoniano, la vera causa del
cancro sono le sostanze chimiche tossiche prodotte dall’industria, allora
bisogna riconoscere che occorre ribaltare gli stessi pilastri dell’economia
industriale moderna.
In queste condizioni non sorprende che le grandi istituzioni addette al
cancro e le multinazionali chimiche abbiano messo in opera in maniera
sistematica e con stupefacente determinazione strumenti potenti per screditare
questo tipo di conclusioni.
Si nega in particolare che il cancro sia in aumento, si cerca di dimostrare
che sarebbe normale che una persona su tre nelle società avanzate
prima o poi soffra di cancro. E se anche si constata un leggero aumento,
anziché deplorarlo, si finisce col celebrare i meriti dell’industrializzazione,
fra i quali ci sarebbe quello di prolungare la vita media e l’ammalarsi di
cancro sarebbe semplicemente il rovescio della medaglia.
È evidente che in questo contesto l’aumento indiscutibile dei casi di
cancro nei pressi di impianti nucleari appare una semplice coincidenza.
Tanto più che non mancano ricercatori a sostegno dell’ipotesi che bisognerebbe
piuttosto imputarne la responsabilità ad alimenti d’uso comune
come formaggio, noci o funghi.
Eppure ogni studio preciso e sistematico di ciò che avviene nelle società
industriali dimostra una realtà ben diversa. Anche se sono stati condotti
pochi studi, questi stabiliscono con sicurezza la quasi inesistenza di malattie tumorali presso popolazioni che vivono ancora in condizioni quasi
immutate da millenni. Ma il Sistema medico industriale che si occupa
del cancro, per continuare la sua industria lucrativa della terapia a tutti i
costi contro la strategia preventiva, deve dimostrare, in contrasto con ogni
evidenza, che il cancro è una malattia antica e per di più in diminuzione
così da giustificare anche in futuro i miliardi investiti nel tipo di ricerca che
fa crescere l’industria farmaceutica. Una fede di fondo nel sistema industriale
e nel cosiddetto progresso ha bisogno della dimostrazione che gli
abitanti delle società tradizionali primitive tendono ad ammalarsi di più e
l’unica possibilità di salute anche in futuro si fonda su ricerche scientifiche
e su una medicina high-tech.
Bisogna anche dire che purtroppo nei secoli e negli ultimi decenni in
particolare lo sforzo di colonizzare e industrializzare ogni cultura del pianeta
rende estremamente difficile studiare in maniera esaustiva ciò che
avviene in merito al cancro nelle società tradizionali che sono ormai
pochissime, in regioni isolate sempre più minacciate da questo “progresso”.
Per questo le nostre conclusioni si fondono essenzialmente su studi
scientifici relativamente antichi e su prove empiriche risultanti dall’accumulo
di dati concordanti tra loro.
Ovviamente non interessa a nessuna multinazionale o industria farmaceutica,
sul piano dell’investimento finanziario, incoraggiare ricerche
sulla salute nelle società tradizionali.
In queste condizioni chiedere finanziamenti per ricerche che rischiano
di distruggere i piedi di argilla del colossale Sistema medico industriale
e sbarrare la via al sacro progresso è un compito estremamente difficile
se non impossibile.
Una ricerca di questo tipo è stata condotta nel 1960 su gli esquimesi
del nord America da Vilhjalmur Stefansson e pubblicata col titolo Cancer,
maladie de civilisation.
Nella prefazione René Dubos, professore di microbiologia all’istituto
Rockefeller per la ricerca medica, sottolinea che: “la storia mostra che
ogni tipo di civiltà, come ogni gruppo sociale e ogni modo di vita, ha le
sue malattie. Da questa ampia inchiesta viene fuori l’impressione che
alcune malattie come la carie, l’arteriosclerosi e il cancro sono così rare
presso le popolazioni primitive che non si notano neppure almeno fino a quando non mutano completamente gli stili di vita ancestrali delle popolazioni
esaminate”.
Nel 1915 la compagnia d’assicurazione Previdenza d’America pubblica
un rapporto di 864 pagine sul cancro, intitolato La mortalité due au cancer
à travers le monde. Il suo autore, Frederick L. Hoffmann, presidente
del comitato statistico della società americana per il controllo del cancro,
facendo leva su un migliaio di rapporti diversi e su tutti i dati disponibili
concludeva: “ la rarità del cancro presso gli indigeni tende a mostrare che la
malattia dipende da condizioni e modi di vita propri della civiltà moderna .”
Poi continua spiegando che “un grande numero di missionari medici e di
altri osservatori competenti che hanno vissuto anni presso le popolazioni
indigene di tutto il mondo, avrebbero da tempo fornito testimonianze significative
per quanto concerne la frequenza di tumori presso popolazioni così
dette non civilizzate, se fosse stato da loro constatato una frequenza di casi
di cancro analoga a quelli dei paesi civilizzati. (.....) Al contrario secondo gli
osservatori medici competenti il cancro resta eccezionalmente raro presso le
popolazioni cosìddette primitive”. Poco oltre nello stesso rapporto, egli cita
un estratto dal libro di Charles Powell : “Non si può dubitare che le varie
influenze che noi chiamiamo civiltà giochino un ruolo nella creazione del terreno
favorevole per lo sviluppo del cancro”. E poco oltre ancora dal testo
The cancer problem di WS Bainsbridge “L’arrivo della civiltà in questi paesi
ha prodotto un tale sconvolgimento dell’ambiente da aumentare notevolmente
la predisposizione al cancro. Quali sono dunque le particolarità nelle
condizioni di vita dei popoli cosìddetti civili: condizioni di vita assenti presso
le popolazioni primitive, che si associano all’aumento del cancro presso
queste popolazioni al momento che la civiltà è loro imposta ?”.
Da allora c’è stata una conversione così totale al sistema attuale che è
diventato politicamente “scorretto” proporre idee alternative a quella dominante
secondo cui i popoli così detti primitivi avrebbero vissuto, fino a
quando la civiltà moderna non ha dato loro la possibilità, nella sua grande
bontà, di raggiungere una condizione degna di essere vissuta, avrebbero
vissuto appunto in condizioni di tale abbandono e miseria da ammalarsi
con grande facilità.
Nell’800 la situazione era completamente diversa, se è vero che nel
1836 alcuni famosi medici viaggiatori, fra cui il celebre dottor Richard King, nel corso di una spedizione artica si dicevano sorpresi “di constatare
fino a che punto le malattie si stessero diffondendo nella regione ”.
Questa sorpresa che testimonia perfettamente come la maggior parte dei
medici che visitavano le popolazioni ancora in situazioni ancestrali, fossero
convinti che queste godevano di una salute migliore di quella
dell’“uomo bianco”...