Mica è facile, la democrazia. Intervista a Costanzo Preve, autore di “Il popolo al potere”(Arianna)
di Carlo Gambescia - 04/04/2006
Fonte: lineaquotidiano.it
Costanzo Preve è in partenza per la
Grecia. È atteso ad Atene, invitato
addirittura a due convegni di filosofia
e politica. Le due grandi passioni
della sua vita. Preve, 62 anni,
studioso marxiano di fama internazionale,
parla correntemente il greco moderno,
come molte altre lingue. E ovviamente
conosce benissimo anche il greco antico. Non è
la prima volta che ci incontriamo. E subito mi
riprende scherzosamente per un errore di accentazione
nella pronuncia del nome di una sperduta
isoletta dell’Egeo …
Professore, prometto che la prossima volta
mi preparerò meglio in greco. Ma sono qui
per parlare del suo ultimo libro, Il popolo al
potere (Arianna Editrice). Dove, come recita
il sottotitolo, lei affronta il problema della
democrazia nei suoi aspetti storici e filosofici.
L’intervista non può non iniziare con la
madre di tutte le domande. Che cos’è la
democrazia?
Non è facile rispondere. Si può dire che la
democrazia è l’unione di autogoverno politico
e di autogestione economica in una comunità…
Tutto qui…
Aspetti… In un quadro di eguaglianza e di
assenza di sfruttamento. Inoltre la democrazia
ha bisogno anche di una “cintura protettiva”
di rispetto
del diritto internazionale, di
tutela del diritto individuale dei cittadini e di
solidarietà ed amicizia fra i popoli e le culture
del mondo.
Se ho capito bene, tutto ciò implica la possibilità
di una educazione alla democrazia… O
no?
Certo, è possibile farlo. Ma come è possibile
imparare a nuotare solo entrando in acqua, e
non prima, nello stesso modo si impara la
democrazia solo praticandola.
Si impara prima un dialogo quotidiano nei rapporti
familiari e sociali, poi si impara l’ ethos
dello studio e della ricerca, ed infine si impara,
ed è possibile farlo, anche il dialogo religioso
e filosofico.
Nel suo libro dedica grande attenzione anche
ai rapporti tra filosofia e democrazia…
Sì, perché in effetti sono molto stretti. Non è
vero che la filosofia sia nemica della democrazia.
Anzi, è il contrario.
In che senso?
Socrate, erroneamente, dipinto come un nemico
della democrazia ateniese, si definiva invece il
“moscone della democrazia”, il cui compito
era di tenere sempre sveglio il nobile cavallo
della polis degli ateniesi.
Classica definizione… Ecco, sotto questo
aspetto, Heidegger e Marx possono essere
definiti critici delle democrazia?
Heidegger non è mai stato un filosofo della
politica, e non ha mai elaborato una filosofia
politica.
Le sue analisi filosofiche, da tenere ben distinte
dalle sue opinioni politiche contingenti, sono
compatibili con posizioni che possono andare
dall’ estrema destra all’estrema sinistra. Non lo
definirei dunque un “critico della democrazia”…
E Marx?
Marx era certamente un critico del liberalismo
censitario del suo tempo. Morì prima che venissero
messi in piedi i moderni sistemi democratici
di rappresentanza. E dunque non sappiamo
che cosa avrebbe detto. La logica delle sue
posizioni, comunque, porta ad una democrazia
diretta dei produttori e non ad una democrazia
delegata dei cittadini.
Per venire ai nostri giorni, Alain de Benoist
può essere considerato, come asseriscono i
suoi avversari, addirittura un nemico della
democrazia?
Verrà presto pubblicato per i tipi di Settimo
Sigillo un mio libro intitolato, Il paradosso de
Benoist, dove questo tema verrà discusso più
analiticamente. Per farla breve, direi che de
Benoist ha ormai alle spalle un lungo percorso.
Il primo de Benoist era certamente un critico
della democrazia secondo la tradizione dell’elitarismo
della cultura di destra classica. L’attuale
de Benoist mi sembra un teorico del rapporto
fra libertà, comunitarismo, decrescita
economica ed autogoverno. Pertanto, a mio
avviso, è un pensatore democratico a cento per
cento.
Passiamo ai rapporti fra storia e democrazia…
Distinguerei, alla Benedetto Croce, la storia
come pensiero e la storia come azione. Se ci si
limita a studiare la storia a
tavolino si conservano sempre le
mani perfettamente pulite, ma
non si cambia mai nulla. Se ci si
impegna in politica, invece,
il principio democratico
viene necessariamente
mescolato con altri principi
dell’azione politica. E’
per questo che un atteggiamento
antipolitico puro
rischia sempre di girare a
vuoto come un motore in folle.
Giusto. E quanto ai rapporti tra democrazia
e globalizzazione, cui dedica l’ultimo capitolo
del suo libro…
L’attuale globalizzazione è del tutto incompatibile
con la definizione di democrazia che ho
dato rispondendo alla sua prima domanda. E
ciò vuol dire che oggi la democrazia deve
identificarsi di fatto con la resistenza alla globalizzazione.
Ed è dunque una democrazia di
resistenza, e non ancora, purtroppo, una democrazia
in cui il popolo sia al potere… Il popolo
oggi non è al potere…
Come si può uscire dall’ impasse ? Può riassumere,
in pochi punti, la sua posizione a
riguardo?
Certo. Anche se devo riconoscere, francamente,
che per il momento non vedo come se ne
possa uscire. Posso elencare, come mi chiede,
quattro sommarie condizioni per cominciare a
uscirne. La prima: recupero della sovranità
europea con l’evacuazione delle basi militari
americane a sessantuno anni, dico sessantuno,
dalla fine della seconda guerra mondiale. La
seconda: superamento graduale ma irreversibile
della dicotomia Destra/Sinistra come parametro
di svolgimento dell’agone politico. La
terza: abbandono delle categorie di Fascismo
ed Antifascismo come segnali politici identitari
e loro riclassificazione come semplici categorie
storiografiche. La quarta, e qui devo ripetermi:
abbandono delle categorie di Comunismo e
Anticomunismo come segnali politici identitari
e loro riclassificazione come semplici categorie
storiografiche.
Non sarà cosa facile né breve…
Ha ragione. Ma per ora non si vede nessuna,
dico nessuna, possibilità a breve termine di
affermare una o più di queste condizioni. Può
piacere o meno, ma è così.