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Identità fa rima con comunità. Un profilo di Costanzo Preve

di Federico Formica - 04/04/2006

Fonte: lineaquotidiano.it

 

Non è facile inquadrare politicamente
Costanzo Preve. Soprattutto per chi è
abituato a ragionare in termini di rigide
divisioni fra destra-sinistra. La sua posizione
(scomoda) ricorda quella di un Georges
Sorel, ma privo del suo facile entusiasmo.
Anche Preve è un eretico che ha rotto
con tutte le chiese partitiche, senza però
aspirare a fondarne una sua.
Preve, probabilmente proprio perché viene
dopo Sorel, e soprattutto dopo la tragedia
del comunismo Novecentesco (gli rubiamo
l’espressione), critica qualsiasi forma di utopia
negativa o positiva che sia. Ma questo
non significa che abbia smesso di “pensare”
la politica. Proprio di recente ha sostenuto
che la filosofia è dialogo mentre la politica è
divisione. E che la filosofia
implica l’amico, mentre la
politica il nemico. Di qui la
tesi di una separazione tra pensiero
(filosofico) e azione (politica).
Ma anche la necessità, da
lui stesso ammessa, di riconciliare
i due aspetti: un progetto
di unificazione che resta uno dei
nodi più interessanti del suo
intrigante pensiero. Una prima
risposta al problema è sicuramente racchiusa
nell’appena uscito Il popolo al potere. Un
libro denso che colpisce per lo sforzo di
superare la dicotomia tra filosofia e politica,
grazie al concetto di democrazia comunitaria.
Anche in Sorel la democrazia è un fatto
comunitario. Che però resta sostanzialmente
legato alla democrazia dei produttori:
nella migliore delle ipotesi una democrazia
“consiliare”. E qui basta ricordare l’entusiasmo
soreliano per la rivoluzione dei soviet.
Preve invece introduce un elemento antropologico.
“La democrazia - scrive - è una
pratica umana comunitaria, non un concetto
scientifico”. O meglio “un processo educativo
comunitario”. In certo senso per lui
l’uomo è aperto al mondo. E ciò significa
che l’essere umano ha una sua plasticità
“antropologica”: è perfettibile, può migliorarsi.
Di qui l’importanza dell’esempio, dell’educazione,
e perciò della stessa pratica
democratica: la democrazia la si apprende
praticandola. Ma anche grazie alla capacità
di identificarsi con una precisa comunità.
Come luogo dove il pensiero (in termini di
cultura, tradizione, costumi) si fa vita. O
meglio: pratica vivente. Preve alla democrazia
dei produttori (economici) di Sorel,
sostituisce la democrazia degli uomini
(sociali), visti come le creative cellule non
solo di comunità economiche ma di comunità,
estese a tutti i campi della vita sociale.
La dicotomia tra pensiero (filosofia) e azione
(politica), che tanto infiammò il dibattito
culturale all’epoca di Sorel (provocando le
reazioni di Croce e Gentile, per limitarsi
all’Italia), torna perciò di nuovo a farsi
incandescente. Quasi un secolo dopo Sorel,
Preve si sforza in modo ammirevole di
ricondurre filosofia e politica nell’alveo di
una filosofia politica comunitaria. Che vede
dialogo e decisione tornare nelle mani del
popolo: di un’unica entità filosofico-politica,
organizzata in comunità e associazioni.
Che, attenzione, preesistono allo Stato. Ed
ecco scoperto un altro filo conduttore tra i
due pensatori: il pluralismo dei gruppi
sociali. Certo, alcuni troveranno esagerato
il raffronto con Sorel. O troppo ambizioso il
progetto stesso di Preve. Altri, al solo sentir
parlare di comunitarismo, grideranno allo
scandalo. Resta però un fatto: che con questo
nuovo libro Preve mostra di essere l’unico
filosofo italiano capace di “pensare”
democrazia e comunità insieme, e soprattutto
nella libertà. Il che, attualmente, non
è poco.