Nanotecnologie: la vertigine dell'infinitamente piccolo
di Dorothée Benoit-Browaeys - 06/04/2006
Fonte: ilmanifesto.it
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Un'industria a scala atomica Senza fanfare, le nano-tecnologie - un insieme di tecniche per lavorare la materia atomo per atomo - sono entrate nel nostro quotidiano. Vengono già utilizzate in lettori dvd, auto, ecc. È una nuova bolla tecnologica? Malgrado vi siano già stati investiti miliardi di dollari, ancora non si sa molto sull'eventuale impatto sanitario né, più in generale, sui rischi etici che circondano queste ricerche. Il termine «nano» è un grande enigma nebuloso. Quasi magico. Per cui è difficile sapere esattamente cosa racchiude. Indica qualsiasi ricerca o manipolazione su scala nanometrica (un miliardesimo di metro)? Una vasta operazione di marketing per ribattezzare, sotto la seducente bandiera delle «frontiere dell'infinitamente piccolo», la fisica-chimica dei materiali? O si tratta di un progetto associativo che mette insieme tecnoscienze della materia, della vita, dell'informazione? Il fatto è che i nano-materiali sono qui, tra di noi, già commercializzati, sotto forma di nano-tubi di carbonio, di nano-laser nei lettori dvd, di nano-chip per la diagnosi biologica... Si pensa a «fabbriche molecolari» con vettori, bracci articolati, nastri trasportatori di una dimensione centomila volte più piccola del diametro di un capello. Osservare la materia, e lavorarla su scala atomica, costituisce un affascinante orizzonte di promettenti innovazioni. Il sogno è certo quello di «rifare ciò che la vita ha fatto, ma a modo nostro», secondo le parole del premio Nobel per la chimica del 1987, Jean-Marie Lehn. C'è anche chi sostiene che la tecnica debba dare il cambio nell'evoluzione darwiniana, per prendere in mano il destino dell'umanità... Ma l'entusiasmo si tinge di angoscia quando certi visionari scientifici, come Eric Drexler, arrivano a temere il peggio: la perdita di controllo da parte degli umani su nano-robot capaci di riprodursi e divorare lo spazio. In effetti, l'idea di manipolare gli atomi, elementi costitutivi della materia, è diventata realtà. Il microscopio a effetto tunnel (1), messo a punto nel 1982, ha permesso sia questo «zoom nell'universo dell'atomo» che «l'ingegneria lillipuziana», capace di spostare gli atomi a comando. Le prospettive di una «manifattura molecolare», ventilate da Eric Drexler in Engines of creation (2), si sono aperte. Si comincia a fabbricare carriole, aspiratori, auto molecolari, transistor a un solo atomo, computer quantici (3), ecc. Attorno al «cuore del mestiere», gravita ogni sorta di altre tecnologie le quali derivano o dalla miniaturizzazione, oppure, questa volta partendo «dal basso», da una riorganizzazione molecolare all'origine di proprietà fisico-chimiche inedite. Mentre su scala macroscopica predomina l'effetto collettivo di milioni di atomi, isolando nano-oggetti, fatti solo di pochi atomi, possono manifestarsi comportamenti particolari: aumento delle superfici di scambio (maggiore reattività), resistenza meccanica, funzioni ottiche, elettromagnetiche o termiche... Più che la natura chimica del materiale, è l'organizzazione spaziale degli atomi che diventa determinante. Di fronte all'ignoto delle possibili proprietà emergenti, alcuni predicono la rivoluzione, altri la continuità. Già oggi, tutti i grandi settori di produzione - elettronico, tessile, sanitario, agroalimentare o energetico - sono toccati da questo uragano tecnologico. Il gruppo automobilistico Daimler-Benz vende veicoli dotati di rinforzi ai freni o pezzi di motore fabbricati in nano-tubi di carbonio, cento volte più resistenti dell'acciaio e sei volte più leggeri; l'Ibm produce transistor centomila volte più sottili di un capello, i ricercatori dell'università di Cornell, negli Stati uniti, o dell'Institut Curie, in Francia, realizzano motori molecolari. Anche l'industria cosmetica, da qualche anno, utilizza nano-particelle di ossido di zinco per produrre rossetti più resistenti, di ossido di titanio per filtrare i raggi ultravioletti, o polvere di zirconio (ossido di zirconio) per gli smalti per unghie. Per molti giganti industriali, la produzione su scala submicronica (sotto il milionesimo di metro) è condizione di sopravvivenza. Sony come St Microelectronics (associata a Motorola e Philips semiconductors international Bv) hanno appena investito 1,5 miliardi di euro per la produzione di semi-conduttori lavorati a meno di 90 nanometri. Nel settore tessile, i progetti riguardano fibre metallizzate capaci di contenere energia o integrare sensori. I nano-materiali possono anche migliorare il rendimento dei sistemi energetici, permettere di stoccare l'idrogeno o fornire efficaci barriere termiche. Per quanto riguarda la salute, le nano-biglie possono costituire nuovi «veicolatori» di materia attiva, liberabile in situ per riscaldamento a infrarossi o campo magnetico. Le applicazioni nel campo della biometria o dei sistemi nomadi miniaturizzati d'informazioni si moltiplicano, anche se sono ancora su scala micrometrica. Lo scorso anno, la ditta Applied Digital ha ricevuto l'approvazione della Food and Drug Administration (l'autorità americana in materia di medicinali) per la sua «chip medica incorporata», che s'impianta sotto pelle e trasmette, tramite la tecnologia Rfid (Radio Frequency Identification, identificazione tramite radiofrequenza), la storia medica completa del paziente. «La nano-industria non è un'industria emergente, ma un ventaglio di mezzi per manipolare la materia e rendere dei materiali già esistenti adattativi ("intelligenti") e ibridi (elettronico mezzo siliceo e mezzo organico)», spiegano gli economisti Stephen Baker e Adam Aston (4). Questo dovrebbe dare spazio a nuovi campi di ricerca, permettere la ristrutturazione di molti settori industriali, come è successo con l'informatica, l'elettronica e le biotecnologie. I primi progressi interesseranno biomateriali, catalizzatori, diagnostica ed elettronica. Diverse discipline dovrebbero fondersi per agire meglio nell'interfaccia tra vivente e materia inanimata, nel punto di incontro tra chimica, elettronica, genetica ed anche scienze neurologiche. Gli investimenti non si fanno attendere. Nel 2005, lo sforzo mondiale (accademico e industriale) per le nano-tecnologie è stato stimato in 9 miliardi di dollari dal National Nanotechnology Initiative (Nni) americano, secondo una ripartizione quasi uniforme tra i paesi asiatici, europei e nordamericani. Dal 1998 al 2003, gli investimenti pubblici sono stati moltiplicati per sei in Europa, per otto negli Stati uniti e in Giappone. Il mercato mondiale di queste tecnologie, che rappresentava già 40 miliardi di dollari nel 2001, dovrebbe raggiungere, secondo la National Science Foundation (Nsf) americana, i 1.000 miliardi l'anno nel 2010 (5). Il treno delle nano-tecnologie è dunque partito. Tuttavia, si ignora ancora tutto sull'impatto di queste tecnologie sulla salute (6). Cosa succede quando i nano-tubi di carbonio dispersi nell'aria vengono inalati, o quando particelle di ossidi di titanio vengono applicate sulla pelle come schermo solare? I nano-materiali non costituiscono un gruppo omogeneo di sostanze. Le particelle possono variare per dimensione, forma, superficie, composizione chimica, persistenza biologica. In ogni caso, sono sempre molto reattive. In un articolo intitolato «Nano-tecnologie: facciamo attenzione a dove stiamo andando?», che presenta i lavori tossicologici realizzati sui nano-oggetti, il tossicologo americano Ernie Hood riporta risultati preoccupanti (7), in particolare alcune reazioni infiammatorie nei tessuti polmonari esposti a nano-particelle di carbonio, studiate dal ricercatore Günter Oberdörster dell'Università di Rochester (Stati uniti). Migliorare le performance umane Fin d'ora, emergono due timori: primo, le nano-polveri - estremamente sottili - possono diffondersi in tutti gli spazi del corpo, alveoli polmonari, sangue e anche attraversare la barriera emato-encefalica che protegge il cervello. Il tossicologo britannico Vyvyan Howard ha sottolineato il problema, dimostrando che le nano-particelle di oro possono oltrepassare la barriera placentare e dunque trasportare dei composti dalla madre al feto. Secondo, la forma dei nano-prodotti può provocare effetti tossici. Così come le fibre di amianto, anche i nano-tubi di carbonio potrebbero fissarsi negli alveoli polmonari e provocare tumori. Ciò che complica la caratterizzazione degli eventuali impatti sanitari è che non si conoscono con precisione i nano-prodotti che vengono fabbricati. Composti spesso da un miscuglio di nano-fibre, nano-particelle e da diversi catalizzatori (alluminio o ferro), i nano-tubi già commercializzati sembrano avere effetti infiammatori tanto più gravi quanto meno sono purificati. La fisica inglese Ann Bowling, che ha diretto il rapporto dedicato alle nano-tecnologie della Royal Society e della Royal Academy of Engineering, pubblicato nel luglio 2004, chiede agli industriali di «restringere le esposizioni ai nano-tubi, di divulgare i test tossicologici in loro possesso e di fare ricerche approfondite per studiare gli impatti biologici (8)». Per ora, una ventina di società nel mondo sviluppano già una produzione pilota di nano-tubi di carbonio, prendendo precauzioni varie...«Lavoriamo in tuta, incappucciati sotto atmosfera depressurizzata e sotto cappa», spiega Pascal Pierron, dirigente della società Nanoledge con sede a Montpellier. La direzione del settore ricerca della Saint-Gobain pensa di bloccare i lavori considerati troppo rischiosi. Da parte sua, Patrice Gaillard, responsabile per Arkema del progetto nano-tubi e responsabile di un progetto pilota a Pau, nel gennaio 2005 annunciava: «nel 2007, inizieremo a produrne molte centinaia di tonnellate l'anno» (9). Le Accademie britanniche hanno affrontato il problema di petto, emettendo ventuno raccomandazioni. Gli autori del rapporto chiedono di evitare la disseminazione di nano-particelle e nano-tubi, ma chiedono anche di raccogliere una base di dati su effetti tossici, bioaccumuli ed esposizione specifica delle popolazioni di ambienti diversi. Raccomandano di sensibilizzare i ricercatori e il personale di laboratorio sui rischi etici e sociali e di coinvolgere i cittadini. Sul piano legislativo, ritengono che occorra provvedere a che il controllo delle nano-tecnologie sia completamente inquadrato da testi di legge esistenti o futuri. La faccenda si annuncia delicata, visto quanto è difficile, già nel settore della chimica, fare repertoriare gli effetti tossici. Si constata infatti che le ambizioni del regolamento europeo Reach (Registration, Evaluation and Autorisation of Chemicals), che chiedeva di valutare l'incidenza su salute o ambiente di trentamila sostanze chimiche (cioè il 30% dell'insieme dei prodotti industriali), sono state riviste al ribasso per volontà delle lobby. I sistemi di autorizzazione delle sostanze dovranno essere profondamente rivisti: si basano infatti unicamente sulla descrizione della composizione chimica dei prodotti (inventario europeo Einecs o inventario mondiale Cas). Ma, con le nano-materie questo non basta più, perché è l'organizzazione spaziale dei loro elementi atomici che può scatenate effetti biologici (in particolare cancerogeni). La posizione degli assicuratori, peraltro, rivela brutalmente quanto sia estesa l'incertezza. Nel 2004, la compagnia Swiss-Re ha messo in guardia contro la corsa alle nano-tecnologie ricordando «la natura imprevedibile dei rischi che possono comportare e le perdite ricorrenti e cumulative che possono produrre (10)». Anche i lobbisti si rendono conto del rischio che un «incidente che implichi nano-particelle scateni un riflesso difensivo non solo nei confronti del materiale in questione, ma forse anche rispetto alle nano-tecnologie in generale (11)». Siccome sono già stati effettuati investimenti colossali, tutti vogliono credere che i rischi siano minimi e soprattutto controllabili. All'università Rice (Houston, Stati uniti), centro nevralgico della riflessione sull'impatto delle nano-tecnologie, la ricercatrice Kristen Kulinowski è ottimista. «Se riusciamo a controllare le proprietà di superficie, potremo evitare gli effetti tossici», si augura. Esattamente come Sean Murdock, direttore dell'organizzazione industriale americana NanoBusiness Alliance, che riconosce che «i rischi ci sono, sono reali, ma sono gestibili». È vero che a livello europeo e americano sono stati avviati moltissimi programmi sui rischi sanitari, ma certo non andranno oltre il 3 massimo 6% del budget «nano». Alcuni, come il sociologo Francis Chateauraynaud (Ehess), s'interrogano sulle possibili convergenze tra biotecnologie, fisico-chimica, informatica e scienze cognitive. «Resta da sapere se tutte queste operazioni non coabitino fondamentalmente per la sola magia della parola e per la garanzia offerta dai discorsi ufficiali», afferma nel suo rapporto «Nanoscienze e tecnoprofezie» (12). Altri, al contrario, parlano di Bang (acronimo di «byte, atomi, neuroni e geni») per designare questo avvicinamento interdisciplinare che potrebbe consentire fenomeni di auto-organizzazione o di replicazione. Per loro, si aprono i cancelli all'ignoto, all'imprevedibile... È la terra incognita. All'affascinante prospettiva, gli americani assegnano un obiettivo; «migliorare le performance umane». In un rapporto sulle nano-bio-info-cogniciences (Nbic) apparso nel giugno 2002, la Nsf descrive le tecnologie convergenti come un mezzo per «consentire a livello universale il benessere materiale e spirituale, l'interazione pacifica e mutuamente vantaggiosa tra esseri umani e macchine intelligenti, la completa scomparsa di ostacoli alla comunicazione generalizzata, in particolare quelli che nascono dalla diversità delle lingue, l'accesso a fonti di energie inesauribili, la fine delle preoccupazioni legate alla degradazione ambientale (13)». Questa rotta alimenta una potente «economia della promessa» e si iscrive ideologicamente nella corrente transumanista sostenuta da uno degli autori, William Sims Bainbridge, sociologo delle religioni e direttore dell'informazione e sistemi di controllo della Nsf. Il movimento difende la libertà nell'uso di droghe e medicinali, la crioconservazione dei corpi e il doping genetico o cerebrale. Usa la tecnica come panacea per risolvere problemi sociali e umani, sempre più insidiosamente medicalizzati. Di fronte alla problematica posizione ufficiale americana, nel settembre 2004, la Comunità europea ha pubblicato una «risposta» in un rapporto dal titolo «Tecnologie convergenti per una società europea della conoscenza» (14). Gli autori sostengono che le nano tecnologie devono avere finalità umane e non economiche, contribuire a costruire la «società della conoscenza, facilitare i trasporti e creare "collaboratori" a servizio dell'interesse generale». «La divergenza è apparsa molto chiaramente nel corso della conferenza NanoEthics che si è svolta nel marzo 2005 presso l'Università della Carolina del Sud», osserva Bernadette Bensaude-Vincent, professoressa di filosofia delle scienze a Paris X e autrice di una riflessione sui fantasmi che si aggirano attorno alle nuove tecnologie (15). «È vero che c'è da una parte l'euforia dei Drexler e di apostoli come Ray Kurzweil, con il loro comportamento estremamente messianico che riprende tutta una retorica di tipo religioso e, dall'altra parte, un catastrofismo apocalittico. Direi che al limite, queste posizioni antagoniste si rafforzano l'un l'altra e arrivano a convergere (...). Al di là di questo, le nano-tecnologie sono un'opportunità, una formidabile occasione di interrogarsi finalmente sulle tecniche, sul loro senso, il loro sviluppo, le loro implicazioni e, se possibile, proporle a un pubblico dibattito.» L'autrice insiste sull'ambivalenza degli scienziati, che sostengono di controllare i propri prodotti nello stesso momento in cui ricercano sostanze inedite, incontrollate. È urgente ragionare sul possibile, valutare gli effetti di nano-prodotti che sono ancora virtuali. Da questo punto di vista, la fiction che crea degli scenari in presa diretta con i discorsi di ricercatori visionari è una delle possibili chiavi del dibattito. Così, da tempo, si è anticipata la minaccia dei nano-robot, impianti o macchine auto-organizzati e auto-replicanti che abbiamo visto ingannare gli assemblatori e riprodursi in Engines of Creation di Eric Drexler, o riuscire a prendere il controllo del cervello del nemico per una distruzione telecomandata nel romanzo di Neal Stephenson L'Age du diamant, o ancora trasformarsi in una «gelatina grigia» che divora tutto in Preda di Michael Crichton (16). Di fronte ai rischi etici e sanitari, l'associazione canadese «Erosione, tecnologia e concentrazione» (Etc Group), la cui vigilanza in materia di biotecnologie e di equilibrio Nord-Sud si estende ormai alle nano-tecnologie, chiede la costituzione di una Convenzione internazionale per la valutazione delle nuove tecnologie (Icent) sotto l'egida delle Nazioni unite. In un rapporto sulla «Nano-geopolitica», apparso il 28 luglio scorso, Pat Mooney, direttore del gruppo, sostiene che bisogna porre fine al «ciclo di crisi» e concepire, con il trattato Icent, «un sistema di allarme o di controllo preventivo capace di testare qualsiasi nuova tecnologia importante». Aveva già dato l'allarme sui brevetti che, nel campo delle nano-tecnologie, possono inevitabilmente scivolare verso «l'accaparramento, da parte di alcune industrie private, degli elementi costitutivi della materia». Sviluppandosi senza dibattito (salvo alcune interazioni con la società civile, realizzate in Gran Bretagna e negli Stati uniti a Madison), le nano-tecnologie corrono il grosso rischio di essere ostacolate dai movimenti di contestazione, come a Grenoble, dove l'ex giornalista di Actuel, Yannick Blanc, promotore del gruppo Pièces et main d'Oeuvre (Pmo) [Elementi e Mano d'Opera] fa di ogni erba un fascio per denunciare l'«espropriazione tecnologica» (17). E infatti, seguendo l'esempio della strategia di seduzione del pubblico già utilizzata con gli organismi geneticamente modificati (Ogm), sempre più spesso si sentono «serenate» che lodano le nano-tecnologie al servizio dei paesi poveri (18). Questi punti critici sono affrontati seriamente nella piattaforma intergovernativa fondata nel giugno 2004 ad Alexandria (Virginia), per volontà della Nsf e del Meridian Institute. Una sessantina di rappresentanti di venticinque paesi - tra cui Cina, Giappone, Russia, Australia, Israele, India e Sudafrica - si sono riuniti per costituire un «Ufficio consultivo internazionale per una nano-scienza responsabile». Françoise Roure, rappresentante della Francia, nel febbraio 2005 ha consegnato ai ministri dell'industria e della ricerca un rapporto, scritto insieme al filosofo Jean-Pierre Dupuy, intitolato «Ethique e prospective industrielle» [Etica e prospettiva industriale] che propone tredici raccomandazioni, tra cui la necessità di un Osservatorio europeo dei fenomeni sociali delle nano-tecnologie. «I modelli di società, con i loro valori, il senso degli obiettivi che si danno e le priorità e i limiti che si fissano, sono vulnerabili alla meta-convergenza industriale, osservano gli autori. La trasformazione artificiale della natura ha mostrato i limiti della sua accettabilità con le reazioni talvolta violente contro gli Ogm (...). Che dire del processo della naturalizzazione dell'uomo (...) se dovessimo diventare artifici, prodotti scientifici che possono essere trasformati, migliorati, economizzati, sfruttati utilizzando le leggi della natura?» Il dato più preoccupante è rappresentato dalla presenza degli «affascinati dalla tecnica», come il fisico Ray Kurtzweil o il filosofo transumanista Nick Bostrom, nei think tanks destinati a guidare il futuro, come il Centro per una nano-tecnologia responsabile (19). Sul piano militare, il potere dei nano-strumenti o dei sistemi capaci di provocare la morte in modo autonomo costituisce un reale pericolo di dominazione: quasi la metà degli investimenti pubblici americani (cioè 445 milioni di dollari nel 2004) è stata destinata a scopi militari. Rivestimenti che proteggono o alleggeriscono, nano-armi, intelligenza installata, mobilitano anche la Cina, che a Shanghai dispone di un Centro di nano-ricerche forte di duemila scienziati. Secondo il fisico tedesco Jürgen Altmann (20), i rischi maggiori nascono dalle crepe nelle procedure di mutua dissuasione (impossibilità di controllare armi irrivelabili) e dalle capacità autoreplicanti dei nano-dispositivi. note: * Giornalista e presidente di VivAgora. (1) Che valse il premio Nobel 1996 ai suoi inventori Richard Smalley, Harry Kroto e Robert Curl. (2) Pubblicato in inglese nel 1986, trad. it. on-line all'indirizzo: www.venetonanotech.it/ pballegati/Engines%20of%20Creation_ITA.pdf . (3) Computer capace di effettuare un miliardo di calcoli in parallelo; il che gli consente, ad esempio, di distruggere qualsiasi codice segreto. (4) «The business of Nanotech», BusinessWeek online, 14 febbraio 2005. (5) Gilles Le Marois e Dominique Carlac'h, «Les nanomatériaux au cÏur de la galaxie nano», in Les Nanotechnologies, Les Annales des Mines, serie «Réalités industrielles», febbraio 2004. (6) «Nanomonde: et si l'on parlait de sécurité sanitaire», in André Cicolella e Dorothée Benoit Browaeys, Alertes Santé, Experts et citoyens face aux intérêts privés, Fayard, Parigi, maggio 2005. Si legga anche «Nanotechnologies: une analyse préliminaire des risques» (in inglese), disponibile su http://europa.eu.int/comm/health/ph_risk/events_risk_en.htm (7) Envrironmental Haelth Prospectives vol. 112, n° 13, settembre 2004, National Institute of Environmental Health Sciences, Arley (Carolina del Sud), settembre 2004, http://ehp.niehs.nih.gov/cgi-bin/simpleprint.pl (8) Conferenza del 26 maggio 2005 su «Le développement responsable des nanotechnologies» presso l'Ambasciata della Gran Bretagna a Parigi. (9) Nel corso del seminario dell'Observatoire des micro et nanotechnologies del 27 gennaio 2005, a Parigi. (10) «Nanotechnology: Small matter, many unknowns», Swiss Reinsurance Company. Zurigo, 2004. http://www.swissre.com (11) Nouvelle Cordis, 8 luglio 2005 - http:// dbs.cordis.lu (12) Francis Chateauraynaud «Nanosciences et technoprophéties. Le nanomonde dans la matrice des futurs» Gspr-Ehess Parigi, aprile 2005. (13) Mihail C. Roco e William Sims Bainbridge (sotto la direzione di). Converging Technologies for Improving Human Performance: Nanotechnology, Biotechnology, Information technology and Cognitive Science, giugno 2002 National Science Foundation, Arlington (Virginia). (14) Alfred Nordmann «Converging technologies: Shaping the future of european societies». Commissione europea, 26 luglio 2004. Si veda anche Wolfang Bibel, Daniel Andler, Olivier da Costa, Gunter Küppers, Ian Pearson. «Converging technologies and the natural, social and cultural world». Commissione europea, 26 luglio, 2004. (15) Bernadette Bensaude-Vincent (2004) Se libérer de la matière? Fantasmes autour des nouvelles technologies. Inra coll., «Sciences en questions», Parigi, 2004. (16) Neal Stephenson L'age de diamant, Rivages/Futur, Parigi, marzo 1996, e Michael Crichton, Preda, Garzanti, 2003. (17) http://pmo.erreur404.org/ (18) Peter A. Singer «Nanotechnology an the developing world» Public Library of Science, vol 2, n.5. San Francisco 2005. (19) Questo centro, creato nel dicembre 2002, si trova a New York. È diretto da Mike Treder e Chris Phoenix, ingegneri e uomini d'affari. Cfr. www.ernano.org (20) Jürgen Altman e Mark Gubrud, «Risks from military uses of Nanotechnologies», 2002 http://www.ep3.ruhr-uni-bochum.de/bvp/RiskMilNT_Lecce.pdf . (Traduzione di G. P.) |