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Un boia alla sbarra

di Claudio Antonelli - 04/12/2009

 

Dai giornali e dalla radiotelevisioni d’Occidente: “In Germania inizia il processo contro Demjanjuk, il boia di Sobibor”. Per i media del mondo intero sull’intera vicenda non esistono dubbi; l’autore di massacri e sevizie sui prigionieri del lager nazista di Sobibor (Polonia) è lui: il pensionato ucraino naturalizzato americano dell’Ohio, John Demjanjuk, estradato dagli Usa in Germania perché possa ricevere la giusta punizione.
Anche se un po’ tardi: il boia ha ormai 89 anni.
Se di primo acchito non sembrano esserci dubbi sui terribili trascorsi di Demjanjuk in tempo di guerra, poi, riflettendo, qualche dubbio viene.


Bisogna innanzitutto precisare che John Demjanjuk, chiamato da tutti “boia di Sobibor”, non è stato ancora condannato, sicché può appare precipitoso etichettarlo “boia”, senza aggiungere “presunto”, “accusato di essere”, “molto probabilmente”. No, sul pensionato dell’Ohio sembrano esservi solo certezze.

Ma... un momento... questo Demjanjuk non è lo stesso Demjanjuk che nel 1986 fu estradato dagli Stati Uniti in Israele, e quindi condannato a morte perché identificato come il bestiale “Ivan il terribile” del campo della morte di Treblinka (Polonia)? Anche allora la sua colpevolezza apparve certa, certissima. Vi furono numerosi sopravvissuti i quali testimoniarono che l’uomo alla sbarra era proprio il carceriere di Treblinka, massacratore di innocenti, aguzzino di tanti di loro. Ma allora perché “Ivan il terribile” non fu giustiziato dopo la condanna alla pena capitale?

La Corte Suprema d’Israele cassò – con ammirevole indipendenza di giudizio – la sentenza di condanna e lo mise in libertà, riconoscendo che non era lui l’ “Ivan il terribile” di Treblinka. Ma le deposizioni contro di lui dei numerosi testi? Prive di fondamento. Demjanjuk poté così rientrare negli Stati Uniti, dopo circa 7 anni di detenzione di cui 4 da condannato a morte. Ora il teatro delle criminali gesta attribuite a Demjanjuk non è più Treblinka ma Sobibor (sempre in Polonia). E così a 89 anni di età, in pietose condizioni di salute, l’ex operaio di Cleveland dovrà subire un nuovo processo per la morte di migliaia di prigionieri (1942 -43). E pagherà finalmente il fio della sua colpa... Sempreché sopravviva.

Anche adesso, esattamente come prima, non sembrano esserci dubbi. I sopravvissuti del campo della morte di Sobibor sono quasi tutti deceduti nel frattempo. Ve ne sarebbe rimasto uno, pronto ad identificarlo. Speriamo che ricordi bene...

Si deve però stare attenti a non far prova di spirito critico in questo campo: certi temi rientrano nella sfera del sacro e inoltre fanno ormai parte, in molti paesi occidentali, delle Verità di Stato, la cui osservanza è sanzionata dai tribunali con pene detentive.

È quindi è fuori luogo, oltreché pericoloso, mettersi sul piano della logica esprimendo dubbi. Logica che appunto non può spiegare tutto perché, risalendo a monte, le vicende millenarie, cui l’episodio Demjanjuk può essere collegato, sono compenetrate di testi sacri, miti, leggende, dogmi, verità rivelate, promesse divine, ruoli di Caino o di Abele attribuiti dall’Onnipotente a questo o a quel popolo... E chiunque, per qualche parola di troppo, si discosti dall’ortodossia storico-religiosa imperante in questa nostra epoca, rischia grosso.