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L'Italia e lo "stato liberale anglosassone"

di Uriel - 11/12/2009

Fonte: wolfstep

Leggere il blog di Eugenio mi ha portato su un blog che sostiene una teoria intelligente, ma non troppo. Nel senso che concordo con una delle sue affermazioni (cioe’ Berlusconi come effetto e non come causa) ma non concordo assolutamente con una assunzione che sembra essere diventata obbligatoria: il dogma dello stato liberista anglosassone come miglior mondo possibile.

 

L’articolo e’ il seguente , e la cosa che mi urta in tutto quell’articolo e’ l’assunzione che un’italia liberata dai propri mali (siano essi Berlusconi o una non meglio specificata “mentalita’”)(1) diventerebbe uno “stato liberale anglosassone”.

Nel fare questo , si assume che lo “stato liberale anglosassone” sia il piu’ alto dei traguardi possibili, e quindi e’ assiomatico che una nazione debba avere come obiettivo tale traguardo; si tratta cioe’ della meta obbligatoria per tutto il mondo, del bene assoluto da contrapporre al male assoluto.

La sola differenza tra ottagono irregolare e tanti sbroccotronici e’ quella di dire che si’, cio’ che ci separa dal piu’ alto obiettivo possibile non e’ Berlusconi, ma una “mentalita’”. Ma sia chiaro, che il piu’ alto degli obiettivi possibili e’ sempre lo stato liberale anglosassone.

E se non fossi d’accordo?

Mettiamola cosi’: l’Italia nasce strappando territori allo stato pontificio. Nasce in aperta polemica col Papa stesso, e solo con un espediente che compro’ l’inazione dei francesi fu possibile togliere il regno al Papa. L’intenzione di creare uno stato laico era cosi’ forte che in risposta lo stato del vaticano vieto’ per lungo tempo ai cattolici di impegnarsi in politica.

Ed erano evidenti gli scopi progressisti del risorgimento: suffragio universale , istruzione obbligatoria, eccetera. Anche queste in opposizione al vaticano, che non voleva la repubblica e vedeva l’istruzione obbligatoria come una minaccia al dominio delle scuole ecclesiastiche (private e per i ricchi).

Persino sotto il fascismo, l’intento modernizzatore rimase presente, e si continuo’ con le bonifiche, con l’alfabetizzazione, con la costruzione di infrastrutture. Il concordato mise a tacere il Papa, e i cattolici furono messi a tacere con le buone o con le cattive.

Ora, se nella genesi di questa “medioevale” repubblica italiana erano chiari i principi del progressismo e dei laicismo, quando e’ successo che dalla finestra siano rientrate le idee opposte?

E da dove venivano?

Lo stato italiano nasce costruendo un sistema scolastico che piano piano garantisse l’istruzione universale. E ripeto: LO STATO costruiva le scuole. Lo STATO. E lo faceva CONTRO le scuole private elitarie e timocratiche. Idea che invece amava il Papa. LA costruzione del sistema scolastico STATALE italiano e’ un’impresa che e’ durata quasi un secolo, prima di avvicinarsi davvero alla scomparsa dell’analfabetismo.

E ripeto: a far sparire l’analfabetismo in Italia sono state le scuole DELLO STATO. Costruite dallo stato con un intento assolutamente progressista. L’idea delle scuole private per i ricchi era stata emarginata, rinnegata, riservata a gente che poteva pagare le tasse (per la scuola pubblica) E le rette private. Una piccola cricca di ricconi.

Da dove e’ tornata l’idea delle scuole private?  Da dove e’ stata spinta dalla finestra dopo essere stata cacciata dalla porta?

Ditelo onestamente: non e’ stata forse l’ammirazione per le scuole private anglosassoni, per i mitici college americani PRIVATI, quelli che “funzionano perche’ dove ci sono soldi non si scherza?”. Quei concetti, quelli di scuola privata migliore perche’ privata, non sono forse rientrati dalla finestra (dopo essere stati scacciati nel risorgimento) parlando in inglese? E oggi che la scuola pubblica, cui nel bene o nel male dobbiamo l’alfabetizzazione degli italiani, e’ depotenziata mentre la risposta e’ sempre “scuola privata”, siamo sicuri che siano prive di colpa le “mentalita’” che sono venute dagli “stati liberali anglosassoni”?

Fino ai primi anni ‘80, esisteva in italia una poderosa industria di stato, ricostruita dopo la guerra dall’ IRI. Con tutti i suoi difetti, ha trasformato un cumulo di macerie postbelliche in una nazione industrializzata. Forse male, e sicuramente con dei difetti. Ma industrializzata.

Non costava neanche troppo, tantevvero che il debito pubblico fino al 1983 era ancora al 66% del PIL, gli stessi livelli delle “democrazie efficienti d’europa” di oggi. (2)

Questa gigantesca infrastruttura, che vedeva Sip/Telecom tra le prime cinque telco del mondo, che vedeva il gruppo ENI tra i primi al mondo, ad un certo punto viene smantellata a favore dei “privati”, che l’hanno spolpata e ridotta al lumicino che e’ oggi.

Ditemi, da dove e’ venuta questa idea di smantellare il costrutto dello stato, di uno stato che nel bene o nel male (e neanche tanto male, visto che il debito pubblico era basso) aveva come impegno la modernita’?

Potete negare che l’idea del privato ad ogni costo, dello stato leggero, dello stato che non interferisce con economia e societa’ nemmeno per modernizzarle,  sia tornata dalla finestra parlando inglese?

Perche’ e’ qui il punto. L’articolo di ottagonoregolare sembra ignorare e’ che quelli che studiano per fare il concorso hanno avuto una precisa genesi politica ; essendo la grande industria quasi sempre di stato, gli italiani hanno SEMPRE studiato per lavorare per lo stato, SEMPRE: quelli che studiavano meccanica per costruire la mitica Alfa Romeo studiavano per lavorare in un’azienda di stato.

Quelli che studiavano elettronica e informatica studiavano per entrare in Telecom/Sip, in Olivetti, ancora una volta aziende sostenute (direttamente o meno, come nel caso di Olivetti mediante acquisti ) dallo stato stesso. Chi studiava fisica nucleare aveva in mente l’ Enea, ancora lo stato.

Quella mentalita’ che oggi porta la gente a studiare per il concorso non e’ nata per caso o per vizio, e’ nata per virtu’. E’ nata perche’ ad un certo punto TUTTO il progresso d’Italia, culturale o industriale o tecnico, aveva lo stato come spinta. TUTTO. Non c’e’ nulla di moderno, progressista o innovativo in Italia che non sia venuto dallo stato.

Lo stato in Italia e’ stato il principale ente modernizzatore e progressista , sin dalla sua fondazione, e sotto forme diverse sino al 1980. Poi si e’ deciso che “privato e’ bello”. Quel “privato” che avevamo cacciato perche’ significava latifondo al Sud e padronato bigotto al Nord, che abbiamo cacciato mediante l’istruzione di stato, le industrie di stato, le opere di stato, quel privato “a tutti i costi ” e’ tornato dalla finestra parlando INGLESE.

Quel decadimento che lamentiamo per il nostro paese e’ la perdita di tutte quelle conquiste che lo STATO, con le sue opere, ha portato dopo il risorgimento. Sotto forme diverse, con intenti diversi e persino con governi diversi ogni forma di progresso e di modernita’ sono venute dallo stato.

Il suffragio universale non lo volevano i privati. La scuola universale non la volevano i privati. La grande industria di stato non la volevano i privati. Non l’hanno fatta i privati. L’ INPS, la previcenza sociale, la sanita’ italiana, i contratti collettivi di lavoro, sono tutte istituzioni dello stato. Il controllo idrogeologico in italia lo faceva il “genio civile”, per esserechiari. Quel controllo che oggi non c’e’ piu’. I privati NON LE VOLEVANO, e fosse stato per loro NON li avremmo MAI avuti.

Tutto cio’ che di moderno o progressista abbiamo , o meglio avevamo, era stato costruito dallo stato. A costi nemmeno troppo grandi, ripeto, alla prova dei fatti del debito pubblico alla vigilia delle privatizzazioni.

Tutto questo lo si e’ distrutto quando e’ arrivata una “mentalita’”, se vogliamo usare un termine abusato. La mentalita’ dello “stato liberale anglosassone”. Come un tennista che si muova perfettamente durante una partita di Rugby, abbiamo applicato le ricette delle privatizzazioni e del depotenzialmento dello stato: la ricetta dello “stato liberale anglosassone”.

E che cose ne e’ derivato? Che ovviamente abbiamo distrutto l’unica forza progressista e modernizzatrice del paese. Perche? Perche’ abbiamo voluto assomigliare a cio’ che non siamo: uno “stato liberale anglosassone”. Tanta era la foga nel voler essere a tutti i costi qualcosa che non siamo, da non tener presenti 2000 anni di storia, se non di tradizione politica.

Qui non e’ una questione di chauvinismi: io ho cani e gatti ed amo etrambi, non saprei dire chi sia superiore. Ma non pretendo che il cane faccia il gatto. Cosi’, la domanda vera e’:

 

un paese di enorme tradizione latina puo’ essere un uno “stato liberale di stampo anglosassone”?

La risposta la vediamo , come fanno i fisici, con l’esperienza sperimentale: le privatizzazioni italiane NON hanno conseguito il risultato che esse hanno nel mondo degli “stati liberali di stampo anglosassone”.

Cosi’, veniamo alla mia obiezione: ma essere uno stato liberale di stampo anglosassone e’ davvero la cosa migliore per chiunque? E’ la ricetta di ogni male? Supponiamo anche che rimuovendo la “mentalita’” che “ottagonoirregolare” accusa noi riusciamo a diventare uno stato liberale di stampo anglosassone.

La nostra borsa ha la stessa capitalizzazione e le stesse relazioni? No, perche’ non siamo sull’atlantico e non abbiamo la storia coloniale inglese. Abbiamo il petrolio del mare del nord? Ancora no. Dobbiamo fare i conti, al di la’ del mare, con la Francia o con l’ Egitto? Abbiamo Gheddafi o gli spagnoli, a pochi km dalle coste?

Che cosa, di preciso, vi fa pensare che un’italia che si muove come uno “stato liberale di stampo anglosassone”  nel mediterraneo anziche’ nell’atlantico sarebbe qualcosa di diverso da un tennista dentro una partita di Rugby?

La pura e semplice verita’ e’ che questo paese e’ cresciuto, nel risorgimento e nel dopoguerra, quando guardava a se’ stesso e non agli altri paesi. Quando lottava coi suoi problemi e non coi problemi degli altri paesi. Quando non c’era ancora il mito della ricetta che viene dall’estero, e semmai si esaltavano le ricette nostrane.

Tutte le ricette che hanno portato al nostro stato attuale sono coincise con lo smantellamento di quello stato che era stato concepito come portatore di progresso, e come attore unico in quella direzione.

Chi scrive su “ottagonoirregolare” dice che bisogna cambiare la mentalita’; come se esistessero strumenti che cambiano la mentalita’ senza agire sulla realta’ materiale. Ma anche ammesso che la mentalita’ venga da una decisione di tipo esclusivamente didattico, e non risenta della storia di un paese, in che modo si potra’ fare?

Certo, gli “stati liberali di tipo aglosassone” non avevano il Papa in casa. Se loro liberalizzano la scuola, al massimo si troveranno scuole tory e scuole labour. Ma noi, se liberalizziamo, ci troviamo le scuole cattoliche ovunque. Ed eccoci di nuovo al tennista che fa movimenti perfetti durante una partita di Rugby.  Movimenti perfetti, nel contesto sbagliato.

L’Italia non ha bisogno di diventare uno “stato liberale anglosassone”. Ha bisogno sicuramente di migliorare, ma non potra’ essere uno stato liberale di stampo anglosassone. Perche’ sull’italia non pesa alcuno dei fattori storici , geografici e antropologici che sono alla base degli stati liberali di stampo anglosassone.

Del resto, il mondo latino ha immaginato stati progressisti e ideali moderni quanto e piu’ del mondo anglosassone. Che si tratti di ideali risorgimentali o bolivariani, (che non sono tanto piu’ morti delle ideologie liberali anglosassoni) possiamo avere idee di progresso che si adattino a cio’ che siamo, senza necessariamente passare per modelli che ci sono stranieri.

I nostri “privati” non sono come quelli anglosassoni. E non li cambieremo di certo solo perche’ gli affidiamo la nazione privatizzando. Anzi, cosi’ facendo saranno loro ad ottenere una nazione a loro immagine.

Se vogliamo progresso dobbiamo ancora seguire la strada che ha funzionato in passato: lo stato. Uno stato che releghi i privati in un angolo , sino a quando non dovranno cambiare per uscirne. Con i privati che abbiamo oggi, solo il bastone funziona. La carota non serve: non modernizzeranno mai il paese per avere piu’ guadagni, lo renderanno piu’ arretrato per lucrare su una servitu’ piu’ sottomessa. A meno che un grosso bastone non intervenga e li minacci.

La chiesa non rinuncera’ mai al suo progetto di un’italia di poveri poveri che bussano alla sua Caritas e si offreno come domestici tramite la raccomandazione di un prete. Non rinuncera’ mai ad un progetto di italia neoguelfa di popolani ignoranti e servi comandati da nobili latifondisti e immobili. L’unica forza che nella storia ha saputo tener testa ed imporre la modernizzazione ed il progresso economico (l’unico strumento sinora conosciuto capace DAVVERO di cambiare la “mentalita’” ) e’ lo stato. E’ stata l’industria di stato a portare i sindacati e diffondere l’idea di dignita’ dei lavoratori attraverso loro. Non i privati. Non le agenzie interinali.

I fasti della ricerca italiana, della fisica e della medicina, sono nati tutti nella scuola dello stato e nelle cliniche dello stato. I privati a questo paese non hanno mai dato nulla piu’ di quanto abbiano preso. E non c’e’ ragione di pensare che cambieranno.

Quindi no: lo “stato liberale anglosassone” , ammesso che sia come lo si immagina e non come tristemente vediamo, non e’ una ricetta. Non e’ la medicina obbligatoria. E non e’ neanche una religione.

Chi desidera l’italia come stato liberale anglosassone desidera vedere un’italia che gioca come se fosse una potenza atlantica nel mezzo del mediterraneo. Che parla con Egitto e Turchia come se fossero Francia e Norvegia. Un tennista che gioca una partita perfetta… su un campo di Rugby.

Spiacente, ma proprio nel campo della “mentalita’”, gli unici che non hanno nulla da darci sono gli “stati liberali anglosassoni”. Se c’e’ una strada per l’ Italia, sara’ quella di uno “stato italiano all’italiana”. Che cosa significhi la parola “italiano” possiamo deciderlo, ma non c’e’ nulla nella nostra storia o nella nostra geografia che faccia pensare ad “italiano” come sinonimo di “anglosassone”.

Anche perche’, detto come va detto, potrebbe anche succedere che qualcuno non desideri sopra ogni cosa di vivere a Paddington.

Note

 

(1) Accusare la “mentalita’” e’ un comodo espediente dialettico. Innanzitutto perche’ la mentalita’ non ha avvocati e non puo’ difendersi, e secondo perche’ evita accuratamente di fare il nome ed il cognome di un colpevole.  Secondo chi scrive cosi’, cambiando la “mentalita’” e la “cultura” l’ Italia diventerebbe un paese paradisiaco, dimenticando che non dispone di risorse naturali, che non dispone dei residui di 300 anni di colonialismo, e quindi anche facendo come fanno gli altri somiglierebbe ad un perfetto tennista nel mezzo di una partita di Rugby. Perfetti i movimenti, ma insensati nel contesto.

(2) Il debito pubblico italiano ha iniziato a crescere con il periodo Craxi, ed e’ arrivato vicino al default proprio nel periodo di punta delle privatizzazioni.