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«Chilometro zero» Una legge sul cibo per tagliare il CO2

di Arachi Alessandra - 11/12/2009

La proposta in sette articoli è stata presentata in commissione Agricoltura

 

ROMA - L' abbattimento del CO2? Passa anche per la tavola. Soprattutto, verrebbe da dire. Almeno a vedere quanto ci costa in anidride carbonica trasportare i cibi da un capo all' altro del mondo. Un esempio? L' uva del Sud Africa: percorre 8 mila chilometri prima di arrivare nel nostro piatto, pari a 4,4 chilogrammi di CO2 al chilo. E il filetto argentino? Con quasi dodicimila chilometri sulle spalle consuma 6,7 chili di petrolio e rilascia quasi ventuno chili di CO2. E allora? Che soluzione? Un bel pranzo a chilometro zero. Lo propongono i nostri deputati. È infatti in commissione Agricoltura una proposta di legge che prevede, appunto, benefici e privilegi per chi decide di produrre e consumare i prodotti coltivati vicino casa. I cosiddetti prodotti a filiera corta: vengono racchiusi in un raggio di 70 chilometri, secondo la proposta di legge all' esame di Montecitorio. L' hanno presentata Ermete Realacci e Susanna Cenni, del Pd. L' hanno firmata quasi cento deputati, di tutti gli schieramenti politici. Sette articoli, poche paginette: la finalità della legge è, appunto, promuovere la domanda e l' offerta dei prodotti alimentari a chilometro zero. E prevedono, ovviamente, agevolazioni anche a livello di ristorazione collettiva per chi metterà nel piatto il pomodoro del giardino, piuttosto che quello cileno. All' articolo 7 si prevede anche l' istituzione di un apposito nucleo di carabinieri che debba verificare la reale provenienza dei prodotti. Non è una novità europea questa del pasto a chilometro zero. Già la Svezia ci aveva pensato e già Bruxelles aveva storto il naso, temendo un eccesso di protezionismo alimentare. Ma del giudizio dell' Unione europea Ermete Realacci non ha affatto paura. Dice, infatti: «Il problema dell' ambiente e della tutela dei cittadini viene prima di ogni cosa. E di questo anche Bruxelles deve tenerne conto». I conti nel piatto, intanto, li stanno facendo alla Coldiretti. Dove hanno stimato che un pasto medio percorre più di mille e 900 chilometri su camion, navi o aerei prima di arrivare sulla tavola. E hanno quindi calcolato: riducendo la movimentazione delle merci e tagliando passaggi come distribuzione, imballaggio e confezionamento, si può ottenere un risparmio che ha dell' incredibile. Ovvero: fino ad una tonnellata di CO2 annua, per ogni singola famiglia. Non è fantascienza. È scienza pura. Nel 1992 fu Tim Lang, professore di Food Policy della City University di Londra, il primo a mettere a punto un modo per calcolare il consumo di carburante nascosto dietro una cassetta di frutta o di verdura. Semplice: ha introdotto il concetto di Food Miles, ovvero di miglia percorse dal cibo e ha messo in piedi un' equazione che tiene conto della lunghezza del viaggio, delle emissioni inquinanti, dei costi di produzione, di imballaggio, di separazione degli scarti. Ed ecco quindi che grazie a questi parametri, uno studio di Ambrosetti-Coldiretti, ha stilato la Top ten dei cibi che per il percorso che ci mettono ad arrivare sulla nostra tavola sono i più inquinanti. Al primo posto? Il vino australiano, ovviamente: ha un consumo di petrolio pari a 9,4 chili e un tasso di emissioni di CO2 sempre di 9,4 chili.