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La scelta comunitaria: piccolo è bello

di Matteo Zavalloni - 13/04/2006


LA SCELTA COMUNITARIA: PICCOLO E’ BELLO

Ernst F. Schumacher pubblica nel 1972 Piccolo è bello. A mio avviso il
saggio di Jonas e quello di Schumacher possono efficacemente integrarsi a
vicenda: Jonas costruisce un utile principio generale, ma non entra nel merito
di considerazioni pratiche. Tra l’altro questa mancanza nel suo pensiero lo
spinge poi verso una soluzione politica, di fatto centralizzata e tecnocratica,
che gli impedisce di vedere una soluzione democratica, cioè che metta l’uomo
e la sua libertà al centro del problema e quindi della sua soluzione. Al
contrario Schumacher, partendo sostanzialmente dalle stesse considerazioni,
giunge a teorizzare un’alternativa alla modernità: ciò che ipotizza è una
rottura radicale con le modalità dominanti di produzione e di organizzazione.
Se Jonas propone un potere di terzo grado, continuando di fatto la dialettica
del potere della tecnica, Schumacher cerca di rompere definitivamente questo
circolo vizioso, in qualche modo, fermandosi. La soluzione prospettata da
Jonas dovrebbe venire considerata l’ultima possibile e dovrebbe funzionare
essa stessa come generatrice di euristica della paura. Il titolo del libro è
diventato un facile slogan e, come tutti gli slogan, di conseguenza è diventato
banale e viene spesso usato a sproposito. Lungi dal voler proporre un
semplice modello organizzativo, Schumacher propone un totale
riorientamento della civiltà tecnologica, “come se la gente contasse qualcosa”
(come recita il sottotitolo del saggio). Il suo pensiero è più rivoluzionario di
quanto superficialmente potrebbe apparire, perché mette in discussione, in
tutte le sue modalità, uno dei dogmi fondanti la modernità, quello del
progresso.
“La convinzione che il problema della produzione sia stato risolto è uno degli
errori più fatali della nostra epoca”56, con questa considerazione Schumacher
apre il suo saggio. Quello individuato dall’autore è un errore derivato dalla
moderna concezione della natura: la natura è vista in un’ottica di
antagonismo, viene considerata come oggetto del dominio dell’uomo. Si è
però dimenticato che se l’uomo vincesse tale battaglia “si troverebbe dalla
parte del perdente.”57 L’errore della modernità nasce dall’illusione di un
potere senza limiti, frutto degli immensi progressi che il mondo occidentale
ha sperimentato negli ultimi anni. L’errore nasce dalla confusione dei concetti
di rendita e capitale, proprio dove questi concetti sono più importanti.
Prendiamo ad esempio i combustibili fossili, la base della moderna economia
industriale. È evidente come questi siano trattati come una rendita, quando in
realtà sono un capitale: non ci si preoccupa di limitarne l’uso, nonostante il
loro carattere non sia rinnovabile. Il sistema industriale moderno sfrutta e vive
su capitali non reintegrabili, che vengono trattati come rendita; questi capitali
sono essenzialmente tre: i combustibili fossili, i margini di tolleranza della
natura, l’umanità. La tesi di Schumacher è di abbandonare la linea attuale, che
inevitabilmente porta a una collisione; è essenzialmente la stessa conclusione
de I limiti dello sviluppo, ma viene raggiunta attraverso un ragionamento che
evita l’uso della tecnica, in particolare del computer.
Altra convinzione della modernità è che la pace universale sia possibile e sia
attuabile solo tramite la realizzazione della prosperità universale. Questa
concezione scavalca completamente il problema etico, nel momento in cui
l’utopia della pace universale è ottenibile attraverso il progresso tecnicoscientifico,
che permetterebbe di esportare la ricchezza materiale
dell’occidente su tutto il globo. Alla base di tale idea stanno tre proposizioni
essenziali: che la prosperità universale sia possibile; che questa sia possibile
attraverso la filosofia materialista dell’“arricchisci te stesso”; che questa sia la
via per la pace. Ma la crescita economica, la supposta strada per la pace
universale, viene messa in discussione da due aspetti materiali: “la
disponibilità delle risorse di base e, in alternativa o anche
contemporaneamente, la capacità dell’ambiente di far fronte alle nuove
aggressive interferenze in agguato.”58 Anche dal punto di vista non materiale
tale concezione può venire facilmente criticata: il progresso economico si
basa psicologicamente su sentimenti, come egoismo e avidità, che tutta la
saggezza tradizionale rifiuta.
È necessario introdurre il concetto di saggezza in economia, affermando
quindi la teorizzazione di un’economia della stabilità (il corrispettivo della
saggezza in economia). La crescita può e deve porsi solo un obiettivo limitato,
non illimitato, perché “la terra produce abbastanza per soddisfare i bisogni di
ognuno, ma non per soddisfare l’avidità di ognuno.”59 La stabilità economica
presuppone un mutamento della tecnologia utilizzata. Saranno quindi
necessari diversi tipi di tecnologie e attrezzature che corrispondano a tre
requisiti essenziali: “che siano abbastanza economiche da essere accessibili
praticamente a ognuno; adatte ad essere applicate su piccola scala e
compatibili con il bisogno di creatività dell’uomo.”60 Un tale tipo di
tecnologia permetterebbe l’auto-produzione locale e il decentramento
progressivo della società, prerogative tali da consentire, per dirla con le parole
di Aldous Huxley, “una vita più umana e soddisfacente per più persone, una
democrazia autogestita più ampia e genuina”61.
Analizzando la modernità è impossibile disconoscere il ruolo che l’economia
riveste in questo momento storico: l’economia è il fulcro delle attività del
mondo moderno, i problemi economici rappresentano “l’ossessione di tutte le
società moderne.”62 Il concetto di antieconomico (“tutto ciò che non realizza
un profitto adeguato in denaro”63) determina ciò che può essere o non può
essere, fino, quasi, a determinare la legittimazione dell’ordine politico. Ma i
giudizi della scienza economica sono decisamente frammentari, non
corrispondono a tutta la variegata gamma di speculazioni che possono essere
realizzate e che riguardano qualsiasi avvenimento. In particolare, ad esempio,
i giudizi economici danno molta più rilevanza al breve periodo piuttosto che
al lungo periodo: basti pensare all’ironica affermazione di Keynes, secondo
cui, nel lungo periodo saremmo tutti morti. Vengono esclusi poi dal
ragionamento tutti quei beni che potremmo definire liberi, cioè quelle parti
dell’ambiente non delimitate dalla proprietà privata. Quello che viene in
qualche modo nascosto è che qualsiasi tipo di economia deriva in realtà da
considerazioni che potremmo definire metaeconomiche. Per metaeconomia
intendiamo i fini e gli obiettivi tratti dallo studio dell’uomo e dalle
considerazioni derivanti dall’ambiente. Il tipo di economia che si è affermato
in occidente annulla completamente le distinzioni di tipo qualitativo, per
affermare in senso assoluto un’accezione quantitativa. Ad esempio la crescita
del PIL viene giudicata positivamente, senza prendere in considerazione quale
tipo di crescita è effettivamente avvenuta. I beni sono poi trattati in maniera
indiscriminata, senza una differenziazione in riferimento alle loro qualità.
Schumacher ne propone, invece, una classificazione in base alle loro
caratteristiche: innanzitutto i beni primari (che consentono la produzione dei
beni secondari), ulteriormente suddivisibili in beni rinnovabili e non; in
secondo luogo i beni secondari, suddivisi a loro volta in merci e servizi. Gli
economisti vengono in buona sostanza accusati dall’autore di “cecità
metafisica, per cui danno per scontato che la loro sia una scienza basata su
verità assolute e invariabili, senza alcun presupposto.”64 Schumacher compie
anche un breve studio comparato dell’economia buddista e di quella
occidentale, per dimostrare che i presupposti metaeconomici determinano le
economie e le loro conseguenze: in base a considerazioni sulla natura umana e
sull’ambiente si possono costruire modelli economici completamente diversi.
“Tutta la storia, e tutta l’esperienza attuale, indica che è l’uomo, e non la
natura, a fornire la risorsa principale: il fattore chiave di ogni sviluppo
economico ha origine nella mente dell’uomo.”65 Da questa considerazione
nasce l’importanza fondamentale che l’istruzione riveste nel pensiero di
Schumacher. L’essenza dell’educazione consiste nella trasmissione dei valori,
valori di cui dobbiamo appropriarci, fare nostri in modo che costituiscano la
chiave interpretativa con cui guardiamo il mondo. La tecnica e la scienza
producono il know-how, ma questo di fatto è un niente, è un mezzo senza il
fine: “Noi sappiamo come fare molte cose, ma sappiamo poi cosa fare?”66 La
minaccia ecologica non proviene quindi da una mancanza di conoscenza, ma
da un suo utilizzo distruttivo, sbagliato, se la distruzione della vita dell’uomo
ne è la conseguenza. Il sistema tradizionale della cultura cristiana classica è
stato infranto e tale rottura ha generato confusione e alienazione. Ma “la
scienza non può produrre idee per cui, tramite cui, potremo vivere.”67
Schumacher individua sei idee, tutte nate nel diciannovesimo secolo, che sono
ancora dominanti e quindi formano il mondo moderno: l’idea di evoluzione,
cioè il necessario passaggio da un gradino inferiore a uno superiore; la
selezione naturale; la concezione materialista, concepita da Marx; la
concezione freudiana, che riconduce le manifestazioni a oscure eccitazioni di
una mente subconscia; l’idea del relativismo, che nega ogni assoluto; il
positivismo secondo cui la vera conoscenza può avvenire solo tramite i
metodi delle scienze naturali. 68 Il carattere essenziale di tutte queste idee è la
loro pretesa di universalità, avendo di fatto una natura metafisica, che pure,
programmaticamente, cercano di spazzare via. “Esse rappresentano tremendi
salti dell’immaginazione nell’ignoto e nell’inconoscibile”69, sono ampie
generalizzazioni che partono da pochi fatti osservati. Queste idee sono in
qualche modo le responsabili dei problemi attuali, perché non forniscono una
positiva comprensione del mondo. “Il compito della nostra generazione, non
ho dubbi, è la ricostruzione metafisica.”70 È sicuramente importante
sviluppare tecniche e organizzazioni alternative, importanti ma non
sufficienti, perché “noi soffriamo di un male metafisico e la cura deve essere
metafisica.”71
L’affermazione che Piccolo è bello nasce da alcune considerazioni riguardanti
le condizioni che determinano le relazioni umane: tali condizioni sono la
libertà e l’ordine. Da una parte l’azione necessita della libertà di piccole
entità autonome, “perchè l’azione è un fatto molto personale e non è possibile
stare a contatto con più di un numero molto limitato di persone alla volta.”72
Dall’altra vi è l’ordine, garantito dal coordinamento globale da cui
provengono i principi etici ed astratti: “dobbiamo riconoscere l’umiltà del
genere umano e basare le nostre azioni su questo riconoscimento.”73 Quello
che Schumacher vuole sottolineare è che problemi diversi necessitano di
risoluzioni diverse, ma “al giorno d’oggi soffriamo di una idolatria quasi
universale per il gigantismo.”74
Ciò che colpisce maggiormente Schumacher dell’industria moderna è la sua
immensa inefficienza, di un tale ordine che, paradossalmente, è praticamente
invisibile. L’industria consuma moltissimo per dare pochissimo: gli Stati
Uniti utilizzano il 40% delle riserve mondiali per servire circa il 6% della
popolazione mondiale, con risultati alquanto modesti sotto il profilo
qualitativo.75
Nel dibattito sulle risorse, poi, l’energia viene considerata un bene come tutti
gli altri, ma questo è Il Problema; è un errore che compie anche lo studio del
MIT, di cui comunque Schumacher riconosce il valore. Il consumo energetico
indiscriminato è basato sull’ottimismo tecnologico, sulla incrollabile fede
nelle capacità dell’uomo di trovare sempre una soluzione ad ogni problema.
In questo modo non si riduce il consumo di petrolio perché si ha fiducia e
speranza nel nucleare: di fatto, si elimina un problema per crearne uno di
dimensioni maggiori.
Il mondo moderno è formato in ultima analisi dalla moderna tecnologia, se lo
consideriamo in qualche modo malato appare necessaria un’analisi della
tecnologia moderna. Come molti hanno ormai realizzato, il moderno sviluppo
della tecnica segue un corso autonomo, e la caratteristica principale dei suoi
sviluppi è l’assenza dell’autolimitazione (non come avviene in natura, dove
tutto è regolato affinché esistano equilibri, seppur delicati). Il mondo formato
dalla tecnologia moderna sta subendo tre crisi: il rifiuto umano dei modelli
organizzativi, politici e tecnologici, considerati soffocanti e debilitanti;
l’ambiente dà segni di insofferenza nei confronti dell’aggressione perpetrata
dall’economia; l’economia di rapina ai danni della natura sta mostrando il
proprio esaurimento. È possibile quindi costruire una tecnologia dal volto
umano? Il compito della tecnologia è quello di alleggerire il carico di lavoro e
la tecnologia moderna riduce notevolmente il tipo di lavoro delle abilità
manuali, ma, di nuovo, “l’essere umano, definito da Tommaso d’Aquino
come un essere dotato di mani e cervello, nulla ama di più che l’essere
impegnato creativamente, utilmente e produttivamente sia con le mani sia con
il cervello.”76 È talmente efficace nella riduzione del lavoro manuale che,
secondo la stima approssimata dall’autore, solo circa un sesto della
popolazione mondiale è veramente impegnata nella produzione reale. Ciò che
Schumacher richiede è che si ottenga una riappropiazione del lavoro reale,
aumentandone le ore, affinché nel lavoro e con il lavoro, l’uomo possa
efficacemente realizzare se stesso e, allo stesso tempo, ridurre la
disoccupazione e riuscire a conseguire prodotti qualitativamente migliori.
L’affermazione di una tecnologia utilizzabile da parte delle masse, e non di
massa, consentirebbe una progressiva decentralizzazione e democratizzazione
dei mezzi di produzione; il lavoro manuale, nel mondo dell’automatismo
programmato delle macchine, acquisisce valore, diventando il mezzo di
realizzazione di sé.
Quella di Schumacher potrebbe essere definita la scelta di un modello
economico e organizzativo di tipo comunitario. Un rafforzamento del legame
con il territorio (conosciuto e vissuto, quindi proprio) permetterebbe la
formulazione precisa di domande e soluzioni; allo stesso tempo nel piccolo si
sviluppa la responsabilizzazione e l’azione del singolo. Schumacher si
pronuncia quindi contro una soluzione centralizzata e totalitaria che
inevitabilmente schiaccia la persona. L’ideologia della crescita economica
dovrebbe assumere una determinazione qualitativa, non volendo in questo
modo negare in assoluto il concetto di crescita, ma solo quello di crescita
quantitativa, dominante nel mondo moderno. Viene inoltre richiesto il
riorientamento della tecnologia che la riporti alle esigenze e alle dimensioni
dell’uomo. “L’uomo è piccolo, e perciò piccolo è bello. Procedere verso il
gigantismo significa procedere verso l’autodistruzione.”

54 Cfr. Hans Jonas, Il principio responsabilità, un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, 1990, pagina 182
e seguenti;
55 Hans Jonas, Il principio responsabilità, un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, 1990, pagina 283;
56 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 5;
57 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 6;
58 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 19;
59 Cit. in Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa ,
Arnoldo Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 23;
60 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 22;
61 Cit. in Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa ,
Arnoldo Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 23;
62 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 29;
63 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 30;
64 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 39;
65 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 61;
66 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 67;
67 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 68;
68 Cfr. Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa,
Arnoldo Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 69;
69 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 69;
70 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 79;
71 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 79;
72 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 50;
73 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 50;
74 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 50;
75 Cfr. Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa,
Arnoldo Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 95;
76 Ernst F. Schumacher, Piccolo è bello, uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Arnoldo
Mondadori Editore, IV edizione, 1992, pagina 120;

tratto da:

Alma Mater Studiorum
Università di Bologna – Sede di Forlì
FACOLTA’ di SCIENZE POLITICHE
“ROBERTO RUFFILLI”
Corso di Laurea in
Scienze Internazionali e Diplomatiche
(Classe 15)
ELABORATO FINALE
in STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE
IL DIBATTITO SUI TEMI DELL’AMBIENTALISMO:
UNA NUOVA DOTTRINA POLITICA?
CANDIDATO RELATORE
MATTEO ZAVALLONI