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Il nuovo Pil sarà l'indice della pressione ambientale?

di Gianfranco Bologna - 22/01/2010

 

 

E' stato ufficialmente lanciato l'Anno Internazionale della Biodiversità.  Il 2010, come ho ricordato più volte in queste pagine, è stato così caratterizzato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per focalizzare l'attenzione del mondo sull'importanza fondamentale per l'intera umanità, della ricchezza della vita sulla Terra e per valutare quali sforzi si siano realmente fatti per raggiungere il target che i governi di tutto il mondo si sono dati, a partire dal piano di implementazione del  World Summit on Sustainable Development (WSSD) di Johannesburg del 2002, di ridurre in maniera significativa, entro il 2010, il tasso di perdita della biodiversità a livello planetario.

Oggi siamo giunti alla data del 2010 e come ormai ben sappiamo, i dati a nostra disposizione ci dicono che l'impegno per questo target è fallito, come dichiarato direttamente dalla Convenzione sulla Diversità Biologica, che sta per rendere noto il suo terzo Global Biodiversity Outlook (vedasi www.cbd.int) e da tutti gli autorevoli organismi che si occupano della biodiversità a livello mondiale.

Il lancio di quest'anno e tutte le iniziative previste in merito, si collegano pienamente alla riflessione sulla necessità di rivedere i nostri indicatori di ricchezza e benessere che ormai dimostrano palesemente di non essere in grado di "fotografare" la realtà del benessere umano e, purtroppo, di ignorare lo stato di salute degli ecosistemi e della biodiversità del pianeta. Da tempo è stato avviato un ampio e complesso lavoro in merito. Hanno lavorato istituzioni ufficiali, come le Nazioni Unite che hanno prodotto anche un importante manuale della contabilità integrata economica e ambientale ("Handbook of  National Accounting: Integrated Environmental and Economic Accounting", 2003)  e OCSE o Commissione Europea hanno prodotto molto sull argomento.  Organizzazioni non governative, come il Club di Roma e il WWF, ad esempio con il rapporto del 1995, "Taking Nature into Account", e con le successive iniziative,  come l'ultima conferenza organizzata con la Commissione Europea e il Parlamento Europeo a Bruxelles nel 2007 (vedasi il sito  www.beyond-gdp.eu) hanno spinto fortemente per concretizzare un passaggio all'ufficializzazione di una contabilità ambientale, sta cominciando a produrre i suoi frutti.

Il prodotto interno lordo (PIL), come sappiamo, è la più conosciuta unità di misura dell'attività macroeconomica. E' stato formulato negli anni '30 da economisti come Simon Kuznets, e poi si è andato trasformando in un parametro standard usato dai responsabili politici di tutto il mondo e ampiamente citato nei dibattiti pubblici. Il PIL riunisce il valore aggiunto di tutte le attività economiche basate sul denaro ed è fondato su una metodologia chiara che permette di effettuare confronti nel tempo e tra paesi e regioni.

Ormai il PIL è considerato anche un indicatore dell'intero sviluppo della società e del progresso in generale. Tuttavia, vista la sua natura e il suo scopo, il PIL non può costituire la chiave di lettura di tutte le questioni oggetto di dibattito pubblico. In particolare, il PIL non misura la sostenibilità ambientale o l'inclusione sociale ed occorre tenere conto di questi limiti quando se ne fa uso nelle analisi o nei dibattiti politici.

Non è quindi un caso che la Comunicazione della Commissione Europea al Consiglio e al Parlamento Europeo del 20.8.2009, dal titolo "Non solo PIL. Misurare il progresso in un mondo in cambiamento", prevede, entro il 2013, di far sì che per tutti i paesi dell'Unione, siano disponibili, insieme alle classiche contabilità economiche, conti fisici ambientali. Mi sembra utile approfondire meglio quanto è affermato in questa comunicazione.

Ad esempio, il tentativo che la Commissione sta facendo è anche quello di riassumere in un solo indicatore lo stato di salute ambientale globale da affiancare al PIL. Si ritiene che indicatori che riassumono questioni importanti in una sola cifra sono strumenti di comunicazione essenziali che scatenano il dibattito pubblico e permettono alla gente di capire se si è, o meno, sulla via del progresso.

Il PIL e i tassi di disoccupazione e di inflazione sono esempi significativi di tali indicatori riassuntivi, ma il loro scopo non è certo quello di fare il punto della situazione su questioni quali l'ambiente o le diseguaglianze sociali. Al fine di colmare questa lacuna, i servizi della Commissione intendono mettere a punto un indice ambientale globale e migliorare gli indicatori della qualità di vita.

Attualmente non esiste un indicatore ambientale globale che possa essere utilizzato

nei dibattiti politici assieme al PIL. Una misura unica per l'ambiente, secondo la

Commissione Europea, contribuirebbe a promuovere un dibattito pubblico più equilibrato sugli obiettivi sociali e sul progresso. Secondo la Commissione, candidati quasi a pari livello a svolgere tale funzione, sono l'impronta ecologica e quella di carbonio, ma il loro campo di applicazione è ancora limitato e presenta diverse problematiche. Poiché le metodologie per l'elaborazione di dati ed indici compositi sono ormai comunque sufficientemente mature come dimostrato, ad esempio, dalla pubblicazione dell'OCSE, della Commissione Europea e del Joint Research Centre dal titolo "Handbook on Costructing Composite Indicators: Methodology and User Guide" del 2008, i servizi della Commissione intendono presentare nel 2010 una versione pilota di un indice della pressione ambientale.

Quest'indice rispecchierà l'inquinamento e gli altri danni all'ambiente all'interno del territorio dell'UE al fine di valutare i risultati dell'impegno in materia di protezione ambientale. Una diminuzione del valore dell'indice significherà che si stanno compiendo progressi in tal senso. L'indice incorporerà gli aspetti più importanti della politica ambientale:

  • cambiamenti climatici e consumo d'energia
  • natura e biodiversità
  • inquinamento atmosferico e ripercussioni sulla salute
  • utilizzo e inquinamento delle acque
  • produzione di rifiuti e uso delle risorse.

Inizialmente l'indice sarà pubblicato su base annua per l'UE e gli Stati membri con lo scopo, a più lungo termine - nel caso risultasse efficace - che venga pubblicato parallelamente al PIL. Al fine di permettere la corretta interpretazione dell'indice, verranno inoltre pubblicate informazioni supplementari su sottotemi e obiettivi in materia ambientale fissati a livello nazionale e comunitario. Assieme al PIL e agli indicatori sociali, l'indice della pressione ambientale dovrebbe consentire ai cittadini di valutare se le politiche nazionali e dell'UE - congiuntamente all'impegno dei singoli e delle imprese - garantiscono il raggiungimento del livello di protezione ambientale che essi si aspettano e se si sta avanzando in modo equilibrato verso i traguardi sociali, economici ed ambientali.

La Commissione continuerà altresì a lavorare su indicatori che registrino l'impatto ambientale al di fuori del territorio dell'UE (si pensi agli indicatori per monitorare la strategia tematica sull'uso sostenibile delle risorse naturali) e a sostenere il complessivo miglioramento dell'impronta ecologica.

In questo modo la Commissione Europea ha avviato un percorso che dovrebbe contribuire concretamente ad un passaggio molto significativo per riconsiderare il PIL ad una sua corretta dimensione. Forse riusciremo finalmente a "mettere la natura in conto" e quindi a rivedere l'intera economia in una chiave più ecologica.