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Biodiversità: non c'è più target da perdere

di Gianfranco Bologna - 29/01/2010

 

 

In questi giorni a Madrid, la presidenza europea della Spagna è stata avviata con una importante conferenza sulla biodiversità che costituisce un significativo segnale di impegno dell'Unione Europea nell'anno proclamato, dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, anno internazionale della biodiversità.

Purtroppo anche l'Unione Europea non è stata in grado di raggiungere il target 2010 che i governi di tutto il mondo si sono dati, in diverse occasioni internazionali a cominciare dal piano di implementazione approvato dal Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg del 2002, di ridurre significativamente il tasso di perdita della biodiversità proprio entro quest'anno. Non solo ma l'Unione Europea aveva rafforzato questo target sostituendo il verbo "ridurre" con il verbo "arrestare".

La biodiversità che è la ricchezza della vita sulla Terra (e cioè ecosistemi, specie e geni) costituisce il capitale naturale del mondo. Fornisce all'umanità le basi della sua sopravvivenza, provvedendo i beni essenziali ed i servizi fondamentali, come la produzione del cibo, il sequestro del carbonio (e quindi la composizione chimica dell'atmosfera utile per la vita umana) , i regimi idrici, la capacità di assimilazione di numerose sostanze tossiche, ecc. tutti servizi che sono alla base della nostra prosperità economica e sociale, del nostro benessere e della nostra qualità della vita (su questi aspetti esiste una documentazione scientifica immensa che ha approfondito il valore fondamentale che la biodiversità ha per il benessere e l'economia dei sistemi umani; valga per tutti la lettura dello straordinario rapporto patrocinato dalle Nazioni Unite e pubblicato nel 2005, in 5 volumi, frutto del lavoro di quattro anni di oltre 1.200 tra i maggiori scienziati internazionali che si occupano dei sistemi naturali e dei sistemi sociali, definito Millennium Ecosystem Assessment - vedasi il sito www.maweb.org) .

Oggi gli studiosi valutano l'attuale tasso di estinzione superiore dalle 100 alle 1.000 volte, rispetto al normale, come sino ad ora siamo stati capaci di comprendere dalle ricerche rispetto alla conoscenza paleoecologica acquisita. Più di un terzo delle specie viventi valutate rispetto al loro status, viene ritenuta in via di estinzione mentre si stima che circa il 60% degli ecosistemi della Terra abbia subito un significativo degrado negli ultimi 50 anni a causa della continua e crescente pressione umana. La progressiva distruzione degli habitat, la frammentazione ed il degrado provocato dai cambiamenti nell'utilizzo dei suoli, il sovra sfruttamento delle risorse, le pratiche insostenibili di utilizzo, come la sovra pesca, la diffusione antropica delle specie aliene, l'acidificazione degli oceani, i fenomeni di inquinamento, i cambiamenti climatici in atto ecc. costituiscono tutti gravi problemi per la sopravvivenza della biodiversità.

Inoltre, come ci viene ulteriormente ricordato dal lavoro preparatorio del nuovo "Global Biodiversity Outlook 3" che verrà reso noto dalla Convenzione sulla Diversità Biologica in maggio e che farà il punto sullo stato della biodiversità a livello planetario, esistono ormai significative evidenze che lo status di diversi ecosistemi sta raggiungendo quello che viene definito Tipping Point (punto critico) o anche punto di non ritorno. Questo importante "effetto soglia" ci indica che le situazioni potranno essere straordinariamente aggravate una volta raggiunto e superato il punto critico di pressione sugli ecosistemi. Gli effetti a cascata che ne deriveranno saranno difficilmente gestibili da parte dell'intervento umano e si verificheranno serissimi problemi per le nostre capacità di utilizzare i servizi che gli ecosistemi offrono per il nostro benessere e per le nostre economie.

La situazione europea, "fotografata" da diversi rapporti resi noti dall'Agenzia Europea per l'Ambiente, sebbene documenti alcuni successi nel campo della conservazione di specie ed ambienti, dimostra, nel suo complesso, una situazione che continua a deteriorarsi

L'Unione Europea , dopo aver sottoscritto il target 2010, ha anche provveduto ad adottare un Biodiversity Action Plan da parte della Commissione Europea nel 2006, con l'obiettivo di accelerare il processo verso la riduzione del tasso di perdita della biodiversità che si sarebbe dovuto raggiungere nell'anno odierno.

A fronte del mancato raggiungimento del target stesso, l'Unione Europea, come il resto degli altri paesi del mondo, ha già avviato un processo per aggiornarlo. L'obiettivo è quello di cercare di ottenere risultati significativi nella lotta contro la distruzione della biodiversità entro il 2020.

Ovviamente l'Unione Europea si è espressa positivamente per il processo che dovrebbe condurre a realizzare, come da decisione finale che si attende per questa primavera, un Intergovernamental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) che dovrebbe svolgere un ruolo per la biodiversità simile a quello che l'IPCC svolge per il clima.

Ma, fatto particolarmente significativo, la Commissione Europea ha recentemente approvato una comunicazione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni, relativa alle opzioni  delle visioni e dei target per la biodiversità per il 2020 (European Commission, COM(2010)4/4).

Nella comunicazione vengono proposte quattro opzioni per il 2020 che riflettono quattro diversi livelli di ambizione. La prima richiede una significativa riduzione del tasso di perdita di biodiversità e dei servizi degli ecosistemi nell'ambito dell'Unione Europea, entro il 2020.

La seconda richiede l'arresto della perdita di biodiversità e dei servizi degli ecosistemi, nell'ambito UE, entro il 2020.

La terza richiede l'arresto della perdita di biodiversità e degli ecosistemi nell'ambito dell'UE entro il 2020, ed il loro restauro e ripristino per quanto possibile.

La quarta richiede l'arresto della perdita di biodiversità e dei servizi degli ecosistemi , nell'ambito dell'UE entro il 2020, il loro restauro e ripristino per quanto possibile e un contributo dell'UE per fermare la perdita di biodiversità a livello globale.

Ovviamente questi quattro livelli di ambizione prevedono differenti benefici e costi che devono essere presi in considerazione come differenti strumenti e politiche, più o meno stringenti, che devono essere intraprese ed attuate.

E' inoltre di tutta evidenza che è necessario costruire una base politica europea integrata che metta a sistema le azioni e le politiche da intraprendere per la tutela della biodiversità con quelle relative al clima e all'energia, nonché alla politica comune sull'agricoltura e la pesca ed alle politiche legate all'utilizzo delle risorse (basti pensare alla Direttiva Quadro Acque (la 2000/60/EC) e la Direttiva Quadro sulla Strategia del Mare (2008/56/EC). Anche le Direttive Habitat e Uccelli e la Rete Natura 2000 costituiscono elementi da rafforzare ulteriormente, così come i piani di azione per il consumo sostenibile destinate a modificare le forze di mercato (basti pensare al FLEGT - Forest Law Enforcement Governace and Trade Action Plan).

Come per le questioni legate al cambiamento climatico, anche per quelle a difesa della biodiversità l'Unione Europea può svolgere un ruolo importante e significativo.  Deve però agire presto e in maniera efficace. Abbiamo già fallito il raggiungimento del target 2010.