Grazie a libri come quello di Rabkin – che già conosciamo ed abbiamo letto e in questo blog recensito – il lettore appena un poco istruito riesce a capire e a distinguere come fra il giudaismo osservante, legato alla tradizione della Torah, ed il sionismo ovvero il tipo di ebraismo al governo in Israele e con una rete di appoggio e sostegno nella Diaspora, vi è la stessa differenza che potrebbe esservi, ad esempio, fra il vino e l’aceto, ma non saprei se questo è il migliore esempio che possa farsi per rendere l’idea con un’immagine di facile intuizione. Un discorso analogo potrebbe farsi per l’uso strumentale dell’accusa di antisemitismo, ormai giunta alle più incredibili assurdità, come quella di vedere nell’espressione Terra Santa, abituale per i cristiani ed i cattolici in particolare, come essa stessa una forma di antisemitismo, da rinfacciare addirittura al papa in visita alla Sinagoga. Per non parlare delle incredibili ed immonde leggi liberticide che in tredici paesi europei impediscono agli storici di poter fare il loro mestiere. È possibile oggi negare la divinità del Cristo o i dogmi di qualsiasi religione, ma si va in galera se si sfiorano i canoni storiografici della Shoah, fissati non da storici, ma da Lobbies che hanno snaturato e vilipeso la maestà e dignità della Legge, che gli uomini nel corso dei millenni hanno saputo creare per poter vivere in pace e non come bestie feroci in perpetua lotta gli uni contro gli altri. Come sia possibile ciò che Hart denuncia nell’articolo che segue e si aggiunge alla serie precedente, lo si può forse spiegare considerando la strategia che il sionismo ha seguito nei nostri Paesi. Si mobilitano dapprima le Lobbies che non esistono, cioè che non amano essere individuate nella loro natura lobbistica, pena la collaudata ma forse troppo sfruttata accusa di antisemitismo; si producono leggi come la Fabius-Gayssot o peggio ancora quelle tedesche che della Auswitz-Lüge ne hanno fatto addirittura una norma costituzionale, è si crea in tal modo la cornice operativa; quindi, attraverso una diffusa rete di delatori ci si scaglia addosso al primo incauto che appena osi sfiorare il sacro recinto del Nuovo Tempio: l’ultimo caso è quello del vescovo Pieronek, ancora in svolgimento. Attraverso un vero e proprio terrorismo ideologico, che si avvale anche delle peggiori tendenze dello spirito umano, appositamente solleticate, oltre alla corruzione vera e propria nonchè un sistema di ricatti, arriviamo alla situazione descritta da Alan Hart nell’articolo che segue.
E’ Anti-Israelismo - Perché il Sionismo “non ci arriva”
di Alan Hart
27 gennaio 2010
Fonte:
http://www.alanhart.net/anti-israelism-why-zionism-doesnt-and-cant-get-it/
Non c’è dubbio, sempre più persone in tutto il mondo - governi inclusi: ma non lo dicono – cominciano a vedere lo stato sionista di Israele per quello che realmente è: non solo l’ostacolo alla pace, ma un mostro a quanto pare fuori controllo. E la gente comune comincia a ribellarsi, al mostro.
Ciò spiega perché il premier Netanyahu dirige l’isterico coro sionista che chiede al mondo di smetterla col demonizzare Israele.
Nel suo discorso tenuto il 25 gennaio nel museo dell’olocausto Yad Vashem, a Gerusalemme, Netanyahu disse: “C’è del male nel mondo. E non si ferma, anzi, si sta spargendo. C’è una chiamata a distruggere lo stato ebraico. Il problema è nostro, ma non solo nostro. Questo (il risorgere dell’anti-semitismo, secondo Netanyahu) è un crimine contro gli ebrei, è un crimine contro l’umanità, ed è un test per il genere umano.”
Parole pesanti, se si pensa che sono state pronunciate dall’uomo che storicamente ha fatto più di chiunque altro per assistere il sionismo nella sua impresa per trasformare l’olocausto nazista in uno strumento ideologico per giustificare tutti i crimini che Israele commette – mentre l’olocausto dovrebbe rappresentare una lezione contro il razzismo e il fascismo e tutti i mali ad essi associati.
Il sionismo non ci arriva, non riesce a capire. E’ troppo accecato dalla propria insopportabile auto-rettitudine per vedere che la sua creatura mostruosa è la causa primaria del risveglio del gigante anti-semita. Solo che non si tratta più di anti-Semitismo: si tratta di anti-Israelismo. Il pericolo è che potrebbe facilmente diventare anti-Semitismo nel senso occidentale del termine – e cioè, ripugnanza e odio per gli ebrei solo perché sono ebrei – se l’Occidente non viene assistito a comprendere la differenza tra Giudaismo e Sionismo. E’ tale differenza che spiega perché è del tutto possibile essere appassionatamente anti-Sionisti, senza essere in alcun modo anti-Ebrei. E spiega anche perché è sbagliato incolpare tutti gli ebrei ovunque nel mondo per i crimini commessi dagli israeliani, ma neanche da parte di tutti gli israeliani.
E’ un dato di fatto che prima dell’olocausto nazista la maggioranza degli ebrei nel mondo era contraria al progetto coloniale del sionismo. I meglio informati e più ragionevoli tra loro, temevano che qualora le grandi potenze avessero permesso al sionismo di averla vinta, ciò avrebbe prima o poi provocato l’anti-semitismo classico.
Come faccio notare nel mio libro Zionism: The Real Enemy of the Jews (Sionismo: il vero nemico degli ebrei), tale timore venne al meglio espresso molti anni dopo, nel 1986, da parte di Yehoshafat Harkabi, direttore di lunga data dell’Intelligence Militare Israeliana. Nel suo pregevole libro dal titolo Israel’s Fateful Hour (L’Ora Fatidica di Israele) Harkabi lancia il suo monito (che sottolineo):
“Israele è il criterio in base al quale tutti gli ebrei saranno giudicati. In quanto stato ebraico, Israele è l’esempio del carattere ebraico, che in Israele si esprime libero e forte. Le radici dell’anti-semitismo sono di natura storica. Tuttavia, qualsiasi difetto nel comportamento di Israele verrà interpretato come prova empirica della validità dell’anti-semitismo.
Sarebbe una tragica ironia se lo stato ebraico, deputato a risolvere il problema dell’anti-semitismo, diventasse esso stesso un fattore nell’ascesa dell’anti-semitismo. Gli israeliani devono rendersi conto che il prezzo delle loro malefatte verrà pagato non solo da loro, ma dagli ebrei nel mondo intero.”
Tre eventi in particolare hanno garantito che tali “malefatte” si siano tradotte non solo in “un fattore” ma nel fattore primario dell’ascesa di ciò che il sionismo afferma essere anti-Semitismo ma in realtà è anti-Israelismo. E sono:
1 – L’invasione israeliana del Libano nel 1982 estesa fino a Beirut, il cui scopo iniziale era distruggere l’OLP e al sua leadership, e le infrastrutture.
2 – La guerra israeliana al Libano nel 2006, il cui scopo principale era causare morte e distruzione in misura sufficiente da costringere le istituzioni politiche e militari del Libano ad affrontare e sconfiggere il movimento Hezbollah (che non sarebbe nato se Israele non avesse invaso il Libano e occupato parte del sud nel 1982); e impartire agli arabi – a tutti gli arabi – una lezione.
3 – La più recente offensiva di Israele nella Striscia di Gaza, il cui scopo principale era di punire collettivamente la popolazione per il supporto al governo eletto di Hamas e di distruggere Hamas sia politicamente che fisicamente, nella convinzione che, a risultato ottenuto, Israele avrebbe avuto più libertà di manovra nel corrompere il collaborazionista Abbas e il suo PNA – l’Autorità Nazionale Palestinese – e nel pressarli ad accettare le briciole dal banchetto sionista.
L’analisi oggettiva è che queste tre offensive sono state vere e proprie manifestazioni di terrorismo di stato da parte di Israele. (Ho appena terminato l’aggiornamento del Volume 3 dell’edizione americana del mio libro sul sionismo, che contiene un capitolo intitolato Il terrorismo di Stato diventa la norma per Israele).
Mentre il mondo occidentale era stato condizionato a considerare il conflitto del 1967 come guerra di auto-difesa israeliana – e a non vederlo per ciò che era in realtà, e cioè una guerra di aggressione israeliana – l’invasione del Libano del 1982 rappresentò per i cittadini del mondo occidentale la prima vera occasione per vedere ciò che fino ad allora solo gli arabi in generale, e i palestinesi in particolare, avevano visto da vicino: la brutta faccia del sionismo. Una faccia talmente orrenda, che 400.000 israeliani si sono uniti per manifestare l’indignazione e la rabbia in merito a ciò che era stato commesso in loro nome.
In merito all’arrogante auto-rettitudine (o il fariseismo) che è la causa della cecità congenita del sionismo, Harkabi scrive quanto segue (e sottolineo di nuovo):
“L’autocritica è indispensabile al fine di controbilanciare le tendenze all’auto-rettitudine e all’auto-commiserazione che derivano dagli atteggiamenti di base degli ebrei, dall’esperienza storica della persecuzione e dal tipo di propaganda promossa da Begin. Nessun fattore mette tanto a rischio il futuro di Israele quanto l’auto-rettitudine, che ci rende ciechi alla realtà, impedisce una comprensione complessa della situazione e legittima comportamenti estremi.”
Nota: Qualche lettore potrebbe opporsi alla mia descrizione dello stato sionista come mostro. Ma l’idea originale non proviene da Alan Hart. Nel 1984, come anche citato da Harkabi, il giornalista israeliano Teddy Preuss ha pubblicato un libro dal titolo Begin, His Regime (Begin, Il Suo Regime). Nel libro Teddy Preuss dice (e io sottolineo): “Non ho alcun dubbio che il governo di Begin distruggerà questo stato. In ogni caso, il suo governo trasformerà Israele in un mostro.”