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Sedes Sapientiae

di Claudio Lanzi - 12/02/2010

Fonte: simmetria

 

 Dall'ultimo libro Sedes Sapientiae abbiamo reso disponibile  il primo capitolo che inquadra efficacemente lo spirito dell'opera. Abbiamo inoltre riportato alcune tavole a colori che, nel testo su carta non possono avere lo stesso impatto cromatico e che fanno parte del particolare corredo iconografico che ha accompagnato alcune delle conferenze che, negli anni, hanno preceduto la stesura del libro.

Perché iniziare dalle cattedrali.

Le cattedrali romanico-gotiche rappresentano, probabilmente, l’ultimo esempio efficace ed esaustivo di una architettura iniziatica: immensi libri di pietra lasciati a testimonianza di una “extensio animae” che lascia stupiti e non ha confronti. Anche nelle grandiose opere religiose dell’Egitto, della Mesopotamia, della Grecia e di Roma, non esiste un confronto possibile.

L’ “atmosfera” medievale che si riscontra all’interno di un complesso abbaziale, ingiustamente considerata “buia” nel secolo dei lumi e enormemente rivalutata in epoca romantica, ha un riscontro particolare sull’anima, completamente diverso da quello apollineo o marziale degli edifici di culto greci o romani. Per chi ha modo di entrarci silenziosamente è facile ritrovare, forse amplificata a dismisura, quella modalità misterica e criptica propria delle ritualità più arcaiche, quelle connesse agli antri oracolari protostorici[1].

Le opere rinascimentali cinquecentesche, successive al periodo romanico-gotico, non rinnegheranno i princìpii della sapienza primigenia, ma l’apporto della logica e della fiducia nella ragione renderanno le strutture cristiane assai più complesse, più collegate alla mente e meno al cuore e, nel recupero straordinario dei temi del mondo classico, alcuni suggerimenti reperibili solo nell’apparente ingenuità del romanico e del gotico, andranno forse definitivamente perduti.

Una cattedrale romanico-gotica rappresenta, a nostro avviso, un esempio di bellezza assoluta, che non parla soltanto alla mente ma entra direttamente nel cuore. E’ una vera porta sull’inconoscibile. Solo la consapevolezza dell’incommensurabile divario tra il senso anagogico e il senso letterale del grande libro che la cattedrale stessa rappresenta, può consentire un viaggio in questo sistema infinito, senza restare schiacciati dall’infinitezza o, peggio senza tentare prometeiche scalate razionali ad un universo composto, matematicamente, solo da numeri irrazionali…

L’abbazia e la cattedrale del periodo romanico-gotico sono un esempio di architettura vivente; dove l’osmosi fra l’uomo e la pietra è continua, dove ogni elemento è studiato per accogliere e sviluppare la spiritualità e l’introspezione di colui che la visita; dove l’umiltà psichica di colui che varca il protiro e si avventura nelle navate, magnifica l’anima e la predispone all’ascolto della voce di Dio, dove proporzioni e luci sono sapientemente studiate e accuratamente orientate, anche se l’ingegneria utilizzata non prevarica mai l’apparente semplicità e causalità con la quale tutte le cose si trovano… al loro posto.

Le cattedrali romanico-gotiche realizzano un crogiolo alchimico, nel quale l’anima del pellegrino attento, abbandona e mortifica le sue pesanti certezze e si libra verso l’imponderabilità dell’Assoluto.

Ma in questo testo parleremo solo marginalmente degli aspetti architettonici, del mondo delle proporzioni, dei ritmi delle modanature, della simbologia cromatica delle vetrate, degli zodiaci, dei labirinti. Ne abbiamo già trattato in altri lavori[2] e del resto esistono ormai molti libri, di ottimo livello, totalmente dedicati a tali argomenti. Parleremo invece della cattedrale come proiezione in terra di un piano di esistenza celeste, come prosecuzione di quanto da sempre realizzato dall’ “uomo costruttore e artista”, del grande proposito, che accomuna l’arte sacerdotale di ogni tradizione, di stabilire un ponte fra cielo e terra per costruire una casa per gli dei.

Nel nostro occidente cristiano ciò si realizzerà progettando delle immense “abitazioni metafisiche” per il Cristo e per la Vergine, delle omologie viventi tra il Divino e le dimensioni più segrete dell’uomo. Cercheremo di vedere in quale modo il tempio terreno assolva una doppia funzione: quella di giardino ermetico dell’anima, nel quale si svolge il percorso ascetico e trasmutativo del miste (o del fedele), e quello di autentica struttura animata, con le sue membra viventi e vibranti, che si rapportano alle membra umane e che perciò vivificano, in un processo alchimico pervasivo, colui che sa riconoscere i suggerimenti operativi offerti… “hominibus bonae voluntatis[3].

In un libro come questo, il nostro modo d’intendere la storia non sarà rinchiuso in una successione di date, d’eventi e di personaggi, o di stili. Anche i rapporti di potenza, gli scontri di ideologie, di principi, di istanze libertarie o liberticide non potranno fornire le uniche chiavi di lettura di un fenomeno che noi consideriamo soprattutto metastorico. Perciò non analizzeremo le ragioni politiche o sociali delle guerre e delle paci, non faremo analisi economiche degli equilibri realizzati da imperatori e papi, degli editti, delle invasioni, come se tutte queste opere provenissero esclusivamente dal ribollire dei desideri di potere dell’uomo e delle sue smanie di conquista o dai suoi bisogni di sopravvivenza.

Cercheremo invece di vedere come lo sviluppo di determinati piani architettonici o iconologici, sia collegato soprattutto ad una maggiore o minore aderenza al sacro e come questa aderenza non riguardi le masse, ma il singolo individuo che, granello inconsapevole in mezzo a fiumane di uomini che attraversarono e attraversano il mondo, è l’oggetto e il soggetto della vera edificazione dell’edificio sacro.

Gli eventi storici si ripetono stancamente in maniera ciclica, e non diciamo questo perché lo ha scritto Vico o perché fa parte della dottrina delle ere (caratteristica di molte teogonie euroasiatiche).

Cambiano, nel piccolo ciclo della vita dell’uomo o nel periodo in cui dura un’impero, il modo di vestirsi, le armi, i mezzi tecnici, i nomi dei comandanti, i luoghi delle paci e delle battaglie; ma due princìpii restano sempre in bilico fra loro: l’ordine e il caos; e ciò che crea sempre disordine e caos è l’allontanamento dal mondo dei principii, la confusione sul valore della sacralità.

A questo proposito vorremmo ricordare come, nelle vicende narrate dai grandissimi storici romani, fino a Tacito, a Cesare, a Livio, comparissero sempre, insieme alle descrizioni di guerre o di patti politici, anche le apparizioni di fenomeni straordinari, le descrizioni di riti religiosi, come se non esistesse storia priva dell’intervento divino, priva ierofanie, di interventi angelici o demonici a corredo delle azioni degli uomini.

Da trecento anni non ci sono più dèi né angeli a guidare battaglie o a stabilire concordie. E ciò, a mio avviso, ha pesantemente mutato il modo d’intendere la storia, sempre più “galileiana”, sempre più alla ricerca del documento, della “prova” e del “come”, sempre meno alla ricerca del perché e per chi.[4]

Mi rendo conto di quanto tale affermazione possa essere fastidiosa per alcuni. Stiamo privando del bene dell’illuminismo la visione darwiniana della storia ma tant’è.[5] A rischio di apparire… superstiziosi, manterremo questo approccio; del resto siamo in buona compagnia di tanti storici latini e greci, di alcuni coraggiosi rivisitatori moderni della storia antica e dei principi dell’evoluzione[6] e, infine,… anche dei menestrelli medioevali.

In realtà siamo assai propensi a credere che la vera storia l’abbiano cantata Omero, Erodoto, e Plutarco, lo Pseudo Dionigi, e tutti quelli che, come loro, hanno riportato la leggenda e il mito nel racconto, e che hanno fuso il mondo degli Dèi e degli Heroi a quello degli uomini comuni. E siamo inoltre convintissimi che quella che leggiamo oggi sui testi scolastici sia quasi sempre una storia addomesticata, assai più parziale e settaria di quella considerata “leggendaria” e favolistica fornita dagli antichi autori. 

Marte e i Cabiri furono realmente presenti nelle battaglie romane? Il rito dell’aruspice di Veio fece realmente cadere fulmini sull’esercito romano? Oggi chiunque affermi queste possibilità viene considerato superstizioso o… matto. Ma è per la stessa ragione per cui molti danno del matto a coloro che hanno creduto che il Buddha fosse nato da una vergine ed abbia iniziato subito a camminare su fiori di loto, oppure che il Cristo sia risorto da morte.

Eliminare la “storicità religiosa” di un evento secondo un certo tipo di illuministica visione della storia, vuol dire depauperarlo della credibilità spirituale e confinarlo nella superstizione, nella credulità infantile e ingenua dei primitivi.

Ma tutta l’architettura sacra, pagana, cristiana e di qualsiasi tradizione, si basa soltanto sulla celebrazione o  commemorazione di eventi incredibili, fisiologicamente improbabili. E’ la stessa architettura di cui ci stupiamo e di fronte alla quale restiamo allibiti per l’armonia, la perfezione, la bellezza.

Dunque l’uomo, nel passato, avrebbe sprecato energie immense per costruire colossali strutture dedicate… a ciò che non c’è, a ciò che non può essere dimostrato, mentre oggi dedica altrettante energie a costruire strutture utili a produrre strumenti tecnologici o dedica templi alla religiosità della finanza. Cosa era meglio? Quali dei servire? Perché stupirsi se le chiese moderne assomigliano a supermercati? 

Oggi qualunque scienziato moderno si metterebbe a ridere di fronte alla leggenda di Iside che, dopo mesi di angosciose ricerche recupera il fallo di Osiride mangiato da un pesce, e con questo riesce a restare incinta. Ma si tranquillizza subito se qualcuno gli dice che questa è una favola con valore simbolico, psicologico oppure che c’è una spiegazione scientifica, cioè basata su elementi sperimentabili.

Anche per questa ragione si è sviluppata una vera e propria ossessione, a far si che tutto ciò che è metafisico diventi… fisico, che i fenomeni spirituali diventino tecnologici o psichici, modernamente fruibili. E quando ciò diventa difficile a farsi, si ricorre… all’intervento degli extraterrestri o simili.

Il terrore dell’improbabile[7] rende l’uomo vigliacco di fronte al mistero (o peggio lo rende superstizioso e bacchettone di fronte alla “dimostrazione scientifica”) o lo fa piombare nella necessità di spiegare tutto in una chiave psicologica o parascientifica. Nel primo caso rientra tutto in un simbolismo para-junghiano in cui il mito e il rito sono un… incubo simbolico dell’inconscio individuale o collettivo; nel secondo caso si immaginano extraterrestri, tecnologi atlantidei, ufo supertecnologici e così via, per ridurre il sacro a qualcosa di digeribile dalla mente dell’homo tecnologicus.

Se questo libro fosse stato scritto qualche centinaio di anni fa, nessuno avrebbe avuto da ridire se nelle varie descrizioni, santi e demoni fossero intervenuti attivamente nelle vicende umane e nessuno si sarebbe stupito se il sottoscritto avesse scritto che le forze dei cieli e della terra[8] sono elementi che influenzano lo svolgersi dei destini dell’uomo assai più di quanto non li influenzino le ambizioni di qualche governante o le costituzioni innovatrici di qualche stato.

Con questo vogliamo dire che sotto un profilo metafisico, non è affatto certo che le descrizioni fantasiose e a volte apologetiche di determinati eventi siano meno veritiere di quelle filologiche, che passano l’evento al microscopio dei riscontri bibliografici e, in tal modo, possono spesso arrivare lontanissimo dalla comprensione dell’evento stesso. Noi siamo certi che questa ossessione stratigrafica, ossessionata dal far rientrare la religiosità e il sacro fra i fenomeni misurabili dall’analisi storica, sia una interpretazione totalmente moderna e fuorviante dello spazio e del tempo.

Per la stessa ragione siamo convinti che solo un approccio spirituale e, in seconda battuta simbolico (al fine di tradurre in parabole ciò che in realtà è inesprimibile), può estrarre qualche insegnamento da quel calderone di eventi planetari che alcuni seguitano a chiamare “storia”.

Se, nell’esaminare le grandi e le piccole opere dell’uomo, viene posta attenzione esclusivamente alla loro portata antropologica, sociale, politica e per così dire… “entropica”, si perde il “significato metafisico”  degli eventi: le glorie o le sciagure umane appaiono totalmente prive di senso, e forse anche la vita appare come un susseguirsi di malvagità assurde dettate solo dall’istinto di sopravivenza, strombazzato da Darwin, neoprofeta inconsapevole dell’era moderna.

Ovviamente, per chi non accetta una metafisica della storia, siamo arrivati ad un ottimo punto per chiudere questo libro e buttarlo alle ortiche.

Visti nella chiave che proporremo, gli eventi e le realizzazioni umane, appariranno spesso insondabili, legati a flussi, a onde potenti che coinvolgono le coscienze, a volte raffinandole ed esaltandole, altre abbrutendole. L’edificazione di un tempio e di una città non saranno perciò connessi soltanto alla necessità di stabilire una difesa, un primato, oppure un offerta espiativa o di ringraziamento ma saranno legati a quello “Spirito” che soffia dove vuole, e a quelle presenze Geniali e metafisiche che attraversano l’universo e che hanno ispirato i Re, gli Heroi e i maghi di un tempo. 

 

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[1] La scelta di non separare drasticamente il romanico dal gotico è dovuta al fatto che, al di la dell’uso di determinate tecniche (prima fra tutte quella dell’arco acuto), le due modalità costruttive si affiancarono per almeno tre secoli, senza “opporsi” una all’altra. Anzi, sotto un certo aspetto, alcune costruzioni che usano tecniche definite gotiche, hanno uno spirito assai “romanico” e viceversa. Contrariamente a quanto affermato dagli smaniosi della “verticalità” del gotico mi sento di affermare che le due tecniche costruttive si compenetrano e che le differenze esprimono la particolare spiritualità dei costruttori e non, come spesso affermato, un cambio di mentalità teologica. Ma su tale argomento torneremo nella parte dedicata alle tecniche costruttive.

[2] Il lavoro in cui abbiamo parzialmente affrontato, dal punto di vista della geometria tradizionale, alcuni aspetti del periodo romanico e gotico è “Ritmi e Riti” mentre quello in cui abbiamo cercato di esaminare i principi geometrici fondanti l’universo delle cattedrali è “Misteri e Simboli della Croce”. L’opera che dal punto di vista ermetico tratta tale argomento con maggiore attenzione e con il maggior numero di riferimenti ad altri testi d’alchimia è “Il Mistero delle Cattedrali” di Fulcanelli ( o di chi ha assunto tale nome) anche se la ipercelebrazione che ha accompagnato l’uscita di tale testo ne ha forse consentito più il fraintendimento che la comprensione. In bibliografia riportiamo altri riferimenti meno noti ma a nostro avviso, ugualmente importanti.

[3] Sotto questo profilo vorremmo separarci nettamente da tutta quella letteratura “bioenergetica” sulle cattedrali che, in questi ultimi anni, ha avuto un vero e proprio boom, spesso ispirato dall’ancor più fantascientifico circuito web, con un proliferare di cercatori di nodi “energetici”, di “reti magnetiche”, di reti “acquifere” di circuiti di “potenza” di “Maddalene amanti perfette” di “tesori templari”, “Graal merovingi”… e chi più ne ha più ne metta, in una operazione realmente materialistica, tesa a ridurre un fenomeno metafisico in un progetto para-antropologico e parapsicologico. Questa controinizitica corsa a snaturare il senso della tradizione cavalleresca e monastica, forzando spesso dei paralleli con le culture più eterogenee (a partire ovviamente dall’Egitto) ha prodotto una tale serie di equivoci da “seppellire” per sempre il mistero delle cattedrali nella sua purezza e bellezza. Di ciò non possiamo che esser lieti. Ci spiace solo che tante persone, animate da un autentico desiderio di sapienza e di ricerca spirituale, siano ormai cadute nella rete dei cercatori di sensazionalismi, deviando da un autentica ricerca spirituale, sommersi da quell’oceano di informazioni che rende tutto plausibile, tutto possibile e nasconde la conoscenza.

[4] Basta vedere le trasmissioni televisive di questo nuovo millennio, apertissime ad un “esoterismo” di facciata, che di esoterico non ha nulla, tutte sbilanciate verso la scoperta del mistero dei misteri, nella ricerca dello scoop per scoprire verità iniziatiche, come se le stesse fossero realmente approcciabili giornalisticamente. O, al contrario, vedere quelle trasmissioni cosiddette scientifiche (alla Piero Angela o alla Corrado Augias, per intenderci) dove tutto dev’essere ricondotto alla spiegabilità scientifica, alla irrisione per la farmacopea o la medicina degli antichi… per non parlare della spiritualità.

[5] Immagino soprattutto i vari presentatori televisivi, improvvisatisi teologi, che lanciano, sponsorizzati dai nostri laici governi, processi agli imperatori, ai profeti e spesso perfino a Gesù Cristo, nel disperato quanto sterile tentativo di riportarlo in un alveo intercettabile dall’analisi logica, dalla razionalità.

[6] Soprattutto nel mondo accademico si tratta di uno sparuto numero di matti, che hanno sfidato l’ostracismo delle potentissime intellighentie. Tra questi ricordiamo il genetista Giuseppe Sermonti.

[7] Possiamo classificare questo terrore come “sindrome di Gauss” (ci attribuiamo la paternità della definizione!). Tutto ciò che esce dalla famosa zona della “campana” di Gauss, stigmatizza la “anormalità” di un evento che, per tale ragione, viene considerato improbabile, perciò fasullo e irreale e quindi…non credibile perché difficilmente ripetibile. Su tale argomento, dal punto di vista matematico, vedi anche il nostro Ritmi e Riti ma soprattutto “La colonna e il fondamento della verità” di P. Florenskji.

[8] Quelle che Margherita Haak riduce a sassi gelidi o a masse infuocate rotolanti nell’universo.

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Recensione di Alberto de Luca

Testo impegnativo e selettivo che conduce il lettore attraverso la Navata centrale al Sancta Sanctorum ovvero al conseguimento (o quanto meno il tentativo) della simmetria. Simmetria che consiste nell’imparare l’arte di arrendersi ai volumi, alle linee ed alle volute dello Spirito che si stagliano silenziosi ed immutabili ma anche sorprendentemente dinamici e rivelatori. In una simile ed autentica tensione di opposti, l’Autore ripercorre così le tappe - meglio i sedimenti o tracce - spirituali di questo (piccolo grande) mondo Cristiano, indicando nelle cattedrali l’ultimo “edificio strumentale” a disposizione per il Cristianesimo.

Al tempo valido modello di armonia geometrica e cubitale, nonché Locus operativo per l’uomo stesso, la cattedrale ripete indefinitamente la Domanda edenica: Adamo dove sei? E l’uomo, che vi si reca ut audere Spiritus, non solo vede ma anche gusta il profumo dell’incenso frammisto al colore delle vetrate, il tutto all’interno di una dinamica ascensionale, che lo porta (trasfigurandolo in nuce) verso gli archi più acuti e le volte più maestose. Spazio finale di questa sorta di in-diamento è dunque quella cupola dove dimora raffigurato il principio panto-creatore.

In questo libro, allora, la cattedrale non è un mero ablativo bensì Oggetto diretto di realizzazione: come la cattedrale, infatti, si dimostra armonicamente costruita sicut all’uomo spetta il compito di  edificarsi simmetricamente.

La sana passione, la lucidità intellettuale ed il vissuto personale dell’ Autore che emergono dal testo, sono dunque riusciti ad elaborare un testo che fosse in grado di veicolare un preciso messaggio: entrare in una cattedrale equivale a vivere un’esperienza spirituale. Banale e scontata sembrerà quest’ ultima affermazione solo a chi, maleducato spiritualmente, non è in grado di riconoscere il ritmo dell’esperienza perché a ciò non è mai stato educato.

Alberto De Luca